Manovra correttiva
Niente tassazione per il godimento dei beni della società semplice
Analoga esclusione vale per i beni del professionista utilizzati dai familiari
/ Lunedì 05 settembre 2011
Le disposizioni introdotte dall’emendamento governativo al DL n. 138/2011 in materia di beni dati in godimento ai soci o ai familiari dell’imprenditore individuale perseguono una duplice finalità.
Da un lato si vuole ricondurre a tassazione il beneficio che ritrae un soggetto terzo dall’utilizzo di un bene dell’impresa, dall’altro si vogliono potenziare le informazioni rilevanti ai fini della ricostruzione sintetica del reddito.
Vi è quindi un profilo di natura sostanziale e uno, per così dire, di natura procedurale.
Con riferimento al primo aspetto, alcune prime considerazioni merita il profilo soggettivo della disposizione.
La norma fa riferimento ai beni dell’impresa.
Da ciò sembra potersi legittimamente concludere che la norma in questione non esplica alcun effetto per quanto riguarda le società semplici che non sono soggetti imprenditoriali.
Quindi l’immobile posseduto dalla società semplice ed utilizzato dai soci non determina alcuna tassazione in capo ai soci medesimi, anche in assenza di corrispettivo.
Analogo ragionamento vale per i titolari di reddito di lavoro autonomo. L’autovettura del professionista concessa in uso al figlio non rientra quindi nell’ambito applicativo della disposizione.
Relativamente poi ai soci di società, la norma sembrerebbe riferirsi solo ai soci diretti, escludendo quindi quelle ipotesi in cui il bene è goduto da un socio che possiede le partecipazioni di una società che controlla a sua volta la società proprietaria di un bene.
Posto che la disposizione rinvia anche ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, resta da verificare se in quella sede si propenderà per un’intepretazione sostanzialistica, obbligando alla comunicazione (e quindi verosimilmente alla tassazione) anche quei soggetti che sono soci di una holding che possiede una o più società i cui beni sono concessi in uso ai soci della holding stessa.
Con riguardo ai familiari, si ricorda che, ai sensi dell’art. 5, comma 5 del TUIR si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
La nuova disposizione non dovrebbe operare con riferimento a quei soggetti che, oltre ad essere soci o familiari, risultano essere anche dipendenti della società o dell’imprenditore ovvero amministratori. In questo caso, un’eventuale fruizione dei beni aziendali risulterebbe già disciplinata dall’art. 51 del TUIR in materia di tassazione del reddito di lavoro dipendente (con la tassazione del compenso in natura).
Venendo alle modalità applicative della disposizione, l’aspetto che risulta maggiormente problematico è quello di definire il concetto di godimento del bene dell’impresa.
Deve essere un utilizzo esclusivo oppure può essere anche promiscuo? Deve essere un uso continuativo oppure può essere saltuario?
La questione appare di una certa delicatezza in quanto è evidente il ruolo che avrà la Guardia di Finanza nei controlli su strada.
C’è il rischio che l’uso della furgonetta del marito artigiano da parte della moglie per andare a fare la spesa produca gli stessi effetti sanzionatori dell’auto sportiva intestata ad una società di comodo ed utilizzata sistematicamente da uno dei soci.
Se la norma verrà intepretata in senso restrittivo è evidente che l’utilizzo anche solo sporadico di un bene aziendale (tipicamente l’auto) esporrà al rischio della sanzione pari al 30% della differenza tra il valore di mercato riferibile all’utilizzo del bene e il corrispettivo pagato dal socio/familiare.
In tale circostanza, poi, è verosimile che l’Amministrazione presuma un utilizzo continuativo su base annua con un effetto non trascurabile sull’ammontare della sanzione.
Se così fosse, soci e familiari dovrebbero astenersi da ogni tipo di utilizzo di beni aziendali.
Da un lato si vuole ricondurre a tassazione il beneficio che ritrae un soggetto terzo dall’utilizzo di un bene dell’impresa, dall’altro si vogliono potenziare le informazioni rilevanti ai fini della ricostruzione sintetica del reddito.
Vi è quindi un profilo di natura sostanziale e uno, per così dire, di natura procedurale.
Con riferimento al primo aspetto, alcune prime considerazioni merita il profilo soggettivo della disposizione.
La norma fa riferimento ai beni dell’impresa.
Da ciò sembra potersi legittimamente concludere che la norma in questione non esplica alcun effetto per quanto riguarda le società semplici che non sono soggetti imprenditoriali.
Quindi l’immobile posseduto dalla società semplice ed utilizzato dai soci non determina alcuna tassazione in capo ai soci medesimi, anche in assenza di corrispettivo.
Analogo ragionamento vale per i titolari di reddito di lavoro autonomo. L’autovettura del professionista concessa in uso al figlio non rientra quindi nell’ambito applicativo della disposizione.
Relativamente poi ai soci di società, la norma sembrerebbe riferirsi solo ai soci diretti, escludendo quindi quelle ipotesi in cui il bene è goduto da un socio che possiede le partecipazioni di una società che controlla a sua volta la società proprietaria di un bene.
Posto che la disposizione rinvia anche ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, resta da verificare se in quella sede si propenderà per un’intepretazione sostanzialistica, obbligando alla comunicazione (e quindi verosimilmente alla tassazione) anche quei soggetti che sono soci di una holding che possiede una o più società i cui beni sono concessi in uso ai soci della holding stessa.
Con riguardo ai familiari, si ricorda che, ai sensi dell’art. 5, comma 5 del TUIR si intendono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado.
La nuova disposizione non dovrebbe operare con riferimento a quei soggetti che, oltre ad essere soci o familiari, risultano essere anche dipendenti della società o dell’imprenditore ovvero amministratori. In questo caso, un’eventuale fruizione dei beni aziendali risulterebbe già disciplinata dall’art. 51 del TUIR in materia di tassazione del reddito di lavoro dipendente (con la tassazione del compenso in natura).
Venendo alle modalità applicative della disposizione, l’aspetto che risulta maggiormente problematico è quello di definire il concetto di godimento del bene dell’impresa.
Deve essere un utilizzo esclusivo oppure può essere anche promiscuo? Deve essere un uso continuativo oppure può essere saltuario?
La questione appare di una certa delicatezza in quanto è evidente il ruolo che avrà la Guardia di Finanza nei controlli su strada.
C’è il rischio che l’uso della furgonetta del marito artigiano da parte della moglie per andare a fare la spesa produca gli stessi effetti sanzionatori dell’auto sportiva intestata ad una società di comodo ed utilizzata sistematicamente da uno dei soci.
Se la norma verrà intepretata in senso restrittivo è evidente che l’utilizzo anche solo sporadico di un bene aziendale (tipicamente l’auto) esporrà al rischio della sanzione pari al 30% della differenza tra il valore di mercato riferibile all’utilizzo del bene e il corrispettivo pagato dal socio/familiare.
In tale circostanza, poi, è verosimile che l’Amministrazione presuma un utilizzo continuativo su base annua con un effetto non trascurabile sull’ammontare della sanzione.
Se così fosse, soci e familiari dovrebbero astenersi da ogni tipo di utilizzo di beni aziendali.
Nessun commento:
Posta un commento