Diritto societario
Diritto di opzione del socio sempre tutelato
Tale diritto va rispettato anche in relazione al socio presente in assemblea
/ Giovedì 01 settembre 2011
L’art. 2481-bis c.c. deve essere interpretato alla luce dei principi di correttezza e pari trattamento nei rapporti tra i soci, ovvero nel senso che anche quando il socio è presente in assemblea occorre prevedere modalità e termini di esercizio del suo diritto di opzione che non vanifichino nei fatti il diritto medesimo, rendendolo una mera enunciazione teorica.
A precisarlo è il Tribunale di Milano nella sentenza 13 maggio 2011 n. 6428.
In una srl con due socie (una di maggioranza ed una di minoranza) l’assemblea, convocata sia in sede ordinaria che straordinaria, non solo approvava il bilancio d’esercizio ed una situazione patrimoniale straordinaria, ma procedeva anche all’azzeramento del capitale sociale per perdite, disponendone la copertura e la ricostituzione al minimo legale mediante nuovi conferimenti. In particolare, si prevedeva la ricostituzione del capitale sociale nella misura di 10.000 euro, a pagamento. La sottoscrizione veniva effettuata per l’intero dalla socia di maggioranza che, contestualmente, versava nelle casse sociali l’importo di 2.500 euro (ex art. 2481-bis, comma 4 c.c.). La socia di minoranza della srl, presente in assemblea mediante persona delegata, agiva in giudizio deducendo, tra l’altro, l’illiceità delle delibere di approvazione del bilancio e della situazione patrimoniale straordinaria (che sarebbero state adottate in violazione degli artt. 2423 e, per taluni profili, 2424 c.c.), la violazione del diritto di opzione, nonché, più in generale, l’adozione di delibere viziate da abuso della maggioranza.
In relazione a quest’ultimo punto, il Tribunale evidenzia che – come già sottolineato dai Giudici di Legittimità (cfr. Cass. 12 dicembre 2005 n. 27387 e Cass. 5 maggio 1995 n. 4923) – la categoria dell’abuso del diritto presenta carattere residuale, potendosi ricorrere ad essa soltanto con riferimento a situazioni che – pur invalidanti proprio in quanto abusive – non sono specificamente considerate e regolate dall’ordinamento come vizio dell’atto. Circostanza inesistente nel caso di specie, dove la socia di minoranza lamentava l’invalidità delle predette delibere assembleari, deducendo lo scopo illecito perseguito dalla socia di maggioranza; a tali finalità, tuttavia, si cercava di pervenire mediante atti specificamente considerati dall’ordinamento come invalidanti le deliberazioni assembleari (ovvero falsificazione di bilanci e impedimento dell’esercizio del diritto d’opzione).
Quanto alla violazione del diritto di opzione, è opportuno, in primo luogo, ricordare che, ai sensi dell’art. 2482-quater c.c., in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci. L’art. 2481-bis c.c., inoltre, dispone che “in caso di decisione di aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute ... La decisione di aumento di capitale prevede l’eventuale soprapprezzo e le modalità ed i termini entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione. Tali termini non possono essere inferiori a trenta giorni dal momento in cui viene comunicato ai soci che l’aumento di capitale può essere sottoscritto”.
Tale norma – sottolinea la sentenza in esame – letta alla luce dei principi di correttezza e pari trattamento nei rapporti tra i soci, deve essere interpretata nel senso che anche quando il socio è presente in assemblea occorre prevedere modalità e termini di esercizio del suo diritto di opzione che non vanifichino nei fatti il diritto medesimo, rendendolo una mera enunciazione teorica.
Nel caso in esame, invece, l’assemblea, con il solo voto favorevole della socia di maggioranza, non aveva stabilito le modalità con le quali la socia di minoranza avrebbe potuto esercitare il suo diritto di opzione, né alcun termine entro il quale consentire tale esercizio. Di contro, deliberava di ricostituire il capitale sociale nella misura di 10.000 euro, a pagamento, con sottoscrizione integrale da parte della socia di maggioranza. In tal modo, la socia di minoranza, benché presente mediante persona delegata, subiva la lesione del proprio diritto di opzione. Violazione che conduce all’annullamento della delibera dell’assemblea straordinaria di riduzione del capitale per perdite e sua ricostituzione.
Si tenga presente, peraltro, che la giurisprudenza ha riconosciuto la validità della delibera che, a seguito di riduzione integrale del capitale sociale per perdite, decida l’azzeramento ed il contemporaneo aumento, anche ad una cifra superiore al minimo, del capitale sociale, mediante la sottoscrizione immediata e per intero dell’unico socio presente (ovvero solo di alcuni). Ciò purché sia consentito, ai soci assenti o impossibilitati alla sottoscrizione immediata, l’esercizio del diritto di opzione per l’acquisto delle partecipazioni sottoscritte in misura eccedente la quota di spettanza dell’originario sottoscrittore; dal momento che l’esercizio postumo del diritto di opzione opera come condizione risolutiva e rimuove pro quota e retroattivamente gli effetti dell’originaria sottoscrizione (cfr. Trib. Milano 10 gennaio 2008 e Cass. 12 luglio 2007 n. 15614).
A precisarlo è il Tribunale di Milano nella sentenza 13 maggio 2011 n. 6428.
In una srl con due socie (una di maggioranza ed una di minoranza) l’assemblea, convocata sia in sede ordinaria che straordinaria, non solo approvava il bilancio d’esercizio ed una situazione patrimoniale straordinaria, ma procedeva anche all’azzeramento del capitale sociale per perdite, disponendone la copertura e la ricostituzione al minimo legale mediante nuovi conferimenti. In particolare, si prevedeva la ricostituzione del capitale sociale nella misura di 10.000 euro, a pagamento. La sottoscrizione veniva effettuata per l’intero dalla socia di maggioranza che, contestualmente, versava nelle casse sociali l’importo di 2.500 euro (ex art. 2481-bis, comma 4 c.c.). La socia di minoranza della srl, presente in assemblea mediante persona delegata, agiva in giudizio deducendo, tra l’altro, l’illiceità delle delibere di approvazione del bilancio e della situazione patrimoniale straordinaria (che sarebbero state adottate in violazione degli artt. 2423 e, per taluni profili, 2424 c.c.), la violazione del diritto di opzione, nonché, più in generale, l’adozione di delibere viziate da abuso della maggioranza.
In relazione a quest’ultimo punto, il Tribunale evidenzia che – come già sottolineato dai Giudici di Legittimità (cfr. Cass. 12 dicembre 2005 n. 27387 e Cass. 5 maggio 1995 n. 4923) – la categoria dell’abuso del diritto presenta carattere residuale, potendosi ricorrere ad essa soltanto con riferimento a situazioni che – pur invalidanti proprio in quanto abusive – non sono specificamente considerate e regolate dall’ordinamento come vizio dell’atto. Circostanza inesistente nel caso di specie, dove la socia di minoranza lamentava l’invalidità delle predette delibere assembleari, deducendo lo scopo illecito perseguito dalla socia di maggioranza; a tali finalità, tuttavia, si cercava di pervenire mediante atti specificamente considerati dall’ordinamento come invalidanti le deliberazioni assembleari (ovvero falsificazione di bilanci e impedimento dell’esercizio del diritto d’opzione).
Quanto alla violazione del diritto di opzione, è opportuno, in primo luogo, ricordare che, ai sensi dell’art. 2482-quater c.c., in tutti i casi di riduzione del capitale per perdite è esclusa ogni modificazione delle quote di partecipazione e dei diritti spettanti ai soci. L’art. 2481-bis c.c., inoltre, dispone che “in caso di decisione di aumento del capitale sociale mediante nuovi conferimenti spetta ai soci il diritto di sottoscriverlo in proporzione delle partecipazioni da essi possedute ... La decisione di aumento di capitale prevede l’eventuale soprapprezzo e le modalità ed i termini entro i quali può essere esercitato il diritto di sottoscrizione. Tali termini non possono essere inferiori a trenta giorni dal momento in cui viene comunicato ai soci che l’aumento di capitale può essere sottoscritto”.
Tale norma – sottolinea la sentenza in esame – letta alla luce dei principi di correttezza e pari trattamento nei rapporti tra i soci, deve essere interpretata nel senso che anche quando il socio è presente in assemblea occorre prevedere modalità e termini di esercizio del suo diritto di opzione che non vanifichino nei fatti il diritto medesimo, rendendolo una mera enunciazione teorica.
Nel caso in esame, invece, l’assemblea, con il solo voto favorevole della socia di maggioranza, non aveva stabilito le modalità con le quali la socia di minoranza avrebbe potuto esercitare il suo diritto di opzione, né alcun termine entro il quale consentire tale esercizio. Di contro, deliberava di ricostituire il capitale sociale nella misura di 10.000 euro, a pagamento, con sottoscrizione integrale da parte della socia di maggioranza. In tal modo, la socia di minoranza, benché presente mediante persona delegata, subiva la lesione del proprio diritto di opzione. Violazione che conduce all’annullamento della delibera dell’assemblea straordinaria di riduzione del capitale per perdite e sua ricostituzione.
Si tenga presente, peraltro, che la giurisprudenza ha riconosciuto la validità della delibera che, a seguito di riduzione integrale del capitale sociale per perdite, decida l’azzeramento ed il contemporaneo aumento, anche ad una cifra superiore al minimo, del capitale sociale, mediante la sottoscrizione immediata e per intero dell’unico socio presente (ovvero solo di alcuni). Ciò purché sia consentito, ai soci assenti o impossibilitati alla sottoscrizione immediata, l’esercizio del diritto di opzione per l’acquisto delle partecipazioni sottoscritte in misura eccedente la quota di spettanza dell’originario sottoscrittore; dal momento che l’esercizio postumo del diritto di opzione opera come condizione risolutiva e rimuove pro quota e retroattivamente gli effetti dell’originaria sottoscrizione (cfr. Trib. Milano 10 gennaio 2008 e Cass. 12 luglio 2007 n. 15614).
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