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martedì 27 settembre 2011

Contributo unificato, dubbi anche dopo la circolare

Contenzioso

Contributo unificato, dubbi anche dopo la circolare

Il Ministero non ha chiarito bene il caso, importante per le società di persone, del processo con pluralità di parti

/ Sabato 24 settembre 2011
La circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha lasciato irrisolti vari problemi relativi all’applicazione del contributo unificato. Infatti, se i chiarimenti possono dirsi soddisfacenti in merito alla parte relativa ai controlli della segreteria nonché agli effetti dell’omesso/insufficiente versamento del contributo unificato, altrettanto non può essere sostenuto per la parte relativa sia alla debenza che alla quantificazione del contributo.
È palese che il contributo deve essere applicato quando si deposita il ricorso di primo grado o di appello, anche se, in quest’ultimo caso, sarebbero stati opportuni maggiori chiarimenti, dovuti al fatto che il contributo è pagato in base agli scaglioni di cui all’art. 13 del DPR 115/2002 (si veda sull’argomento “L’appello tributario deve fare «i conti» con il contributo unificato” del 17 settembre 2011).
Tanto premesso, a nostro avviso, pare che nella circolare il Ministero abbia commesso un errore dogmatico di fondo, e che tale errore si sia riverberato in merito alle successive affermazioni in tema di debenza del contributo.
Infatti, viene affermato che, ai sensi dell’art. 18 del DPR 115/2002, “sono soggetti a contributo unificato gli atti e i provvedimenti del processo tributario non soggetti all’imposta di bollo”: a ben vedere, l’art. 18 citato non dice proprio così, poiché viene sancito che gli atti del processo tributario, in quanto processo tassato secondo il sistema del contributo unificato, non sono soggetti a bollo.
Il presupposto impositivo, in altri termini, non è in alcun modo l’atto processuale, ma il grado di giudizio, come prevede a chiare lettere l’art. 9 del DPR 115/2002.
Da tale affermazione, il Ministero trae conclusioni poco convincenti su alcune situazioni, per così dire, marginali: infatti, si dice che il reclamo ex art. 28 del DLgs. 546/92 è soggetto a contributo, mentre non lo è l’atto di riassunzione a seguito di declinatoria di competenza. A nostro avviso, il reclamo non deve essere soggetto a contributo, per lo stesso motivo per cui il Ministero ritiene che non lo sia il richiamato atto di riassunzione: il contributo è già stato pagato all’atto del deposito.
Se il presupposto impositivo è il grado di giudizio (concetto non citato nella circolare), il contributo è dovuto in primo grado, in appello, in sede di rinvio, per la revocazione e per l’ottemperanza.
Volendo, letteralmente, accogliere la tesi del Ministero (“sono soggetti a contributo unificato gli atti e i provvedimenti del processo tributario non soggetti all’imposta di bollo”), tutti gli atti del processo tributario dovrebbero scontare il contributo.
Il presupposto impositivo è il grado di giudizio, non l’atto processuale
La scarsa coerenza di alcune affermazioni contenute nella circolare emerge, sempre a nostro sommesso avviso, in maniera abbastanza chiara quando si legge il motivo per cui i “motivi aggiunti” devono, in certe circostanze, essere assoggettati a contributo.
Si ricorda che l’art. 24 del DLgs. 546/92 consente l’integrazione dei motivi solo quando le altre parti hanno depositato documenti non conosciuti.
Il Ministero, invece, afferma che i “motivi aggiunti” ex art. 24, comma 4, del DLgs. 546/92 scontano il contributo “nei casi in cui configurino la proposizione di un nuovo ricorso avverso atti non indicati in quello introduttivo e depositati in giudizio”: ora, tale affermazione non sembra consona al modello processuale tributario attuale, ove con il ricorso si impugnano uno o più atti, e, al massimo, per effetto dell’art. 24 si integrano i motivi. Pare sconosciuta l’ipotesi in cui con i “motivi aggiunti” si configuri un nuovo ricorso contro atti non indicati in quello precedente.
Se, eventualmente, il Ministero avesse voluto fare riferimento al peculiare caso delle società di persone, avrebbe forse dovuto specificarlo, ma questo è un aspetto degno di un commento a parte.
Del pari, è poco comprensibile il motivo per cui dovrebbe essere soggetto a contributo l’intervento del terzo, ma non quando questo è chiamato in causa.
Ad ogni modo, sui suddetti argomenti, restano i dubbi, quindi si spera che il Ministero ritorni sull’argomento o che le singole segreterie emanino direttive specifiche sul tema.
/ Alfio CISSELLO

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