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Cessione del diritto di superficie, la durata orienta l’imponibilità
La plusvalenza coincide con il corrispettivo, se il trasferimento è contratto a tempo determinato
Il diritto di superficie (artt. 952-954 c.c.) rappresenta una situazione giuridica reale di godimento, in virtù della quale si verifica una netta separazione tra la piena proprietà del suolo e quella delle opere su di esso realizzate, liberamente trasferibile.Nel caso di cessione da parte di una persona fisica che non opera nell’esercizio di imprese, arti o professioni, si possono riscontrare alcuni significativi effetti fiscali, ad eccezione dell’IVA e dell’IRAP: la fattispecie è, infatti, esclusa dal campo di applicazione di tali imposte, per carenza del presupposto soggettivo in capo all’alienante (artt. 1 del DPR n. 633/1972, e 3, comma 1, lett. b) e c) del DLgs. n. 446/1997).
La vendita in parola è, invece, soggetta alle imposte d’atto, poiché perfezionata mediante atto pubblico, in misura proporzionale: registro (8%), ipotecaria (2%) e catastale (1%). La determinazione della corrispondente base imponibile non è, tuttavia, disciplinata da un’espressa disposizione normativa, rendendo, pertanto, necessario il ricorso ai principi generali: nel caso di specie, operano le previsioni di cui all’art. 51, comma 2 del DPR n. 131/1986, che prescrive, rispetto al trasferimento di diritti reali immobiliari, la rilevanza del valore venale in comune commercio, in deroga al criterio dell’importo dichiarato dalle parti nell’atto ovvero – in mancanza, oppure se superiore – del corrispettivo stabilito per l’intera durata del contratto (artt. 43, comma 1, lett. a) e 51, comma 1 del TUR).
Per quanto riguarda, invece, l’imposizione diretta, trova applicazione l’art. 9, comma 5 del TUIR, secondo cui le disposizioni previste per le cessioni a titolo oneroso esplicano i propri riverberi anche nei confronti della costituzione o vendita dei diritti reali di godimento in genere e, quindi anche di quelli di superficie. Con l’effetto che l’alienazione in parola comporta, in capo al privato cedente (non imprenditore), il conseguimento di un reddito diverso, la cui determinazione e relativa tassazione – disciplinata dall’art. 67, comma 1, del TUIR – è diversamente interpretata dalla dottrina.
Alcuni autori hanno sostenuto che il provento della cessione del diritto di superficie sia disciplinato dalla lett. l) della predetta disposizione, in quanto componente positivo derivante dall’assunzione dell’obbligo di permettere di costruire (art. 952, comma 1 c.c.), e come tale:
- imponibile ai fini IRPEF, per il corrispettivo riscosso nel periodo d’imposta, al netto delle spese eventualmente sostenute per la produzione dello stesso (art. 70, comma 2 del TUIR);
- soggetto, quindi, all’applicazione della ritenuta fiscale d’acconto del 20% se la persona fisica cedente risiede nel territorio dello Stato, altrimenti nella misura del 30% a titolo d’imposta, qualora il percipiente non sia ivi domiciliato (art. 25, comma 2 del DPR n. 600/1973).
Tale tesi appare, tuttavia, criticabile, per una serie di motivazioni, tra le quali la considerazione che l’art. 67, comma 1, lett. l) del TUIR sembra riferirsi, nel caso delle obbligazioni di permettere, ai soli diritti personali, e non anche a quelli reali. A ciò si aggiunga che risulta, invece, maggiormente coerente con la fattispecie la precedente lett. b) della norma in parola, che stabilisce un trattamento differenziato in base alla natura del terreno oggetto del diritto di superficie.
Ad esempio, qualora il trasferimento di quest’ultimo riguardi un’area edificabile, può determinare l’emersione di una plusvalenza imponibile, pari alla differenza tra il corrispettivo effettivamente percepito nel periodo d’imposta ed il costo fiscalmente riconosciuto del diritto di superficie (art. 68, commi 1 e 2 del TUIR).
Sul punto, si riscontra, però, un diverso orientamento dell’Agenzia delle Entrate, fondato sull’imponibilità dell’intero corrispettivo di cessione del diritto di superficie a tempo determinato, come peraltro desumibile dalla risoluzione n. 112/2009.
A parere dell’Amministrazione finanziaria, rilevano, infatti, alcune circostanze oggettive, tra le quali l’esclusione del valore del terreno dalla cessione del diritto di superficie, che deve ritenersi sostanzialmente assimilabile all’acquisto in proprietà esclusivamente nel caso in cui sia contratto a tempo indeterminato (risoluzioni n. 192/2007 e n. 157/2007): diversamente, non esiste un definitivo depauperamento in capo al proprietario, tale da giustificare la presunzione di rilevanza tributaria di un costo da contrapporre al corrispettivo percepito, in sede di determinazione della plusvalenza derivante dal predetto trasferimento temporaneo.
/ Greta POPOLIZIO
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