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Depositi IVA: obbligo di garanzia per i beni in libera pratica
In base al DL Sviluppo, inoltre, non è più richiesta la localizzazione preventiva della merce, ora affidata alla tenuta della contabilità di magazzino
Con la Nota n. 84920 del 7 settembre scorso, l’Agenzia delle Dogane ha fornito importanti indicazioni operative sulle nuove disposizioni riguardanti i depositi IVA. Si tratta delle novità introdotte in sede di conversione del Decreto Sviluppo (DL 70/2011 convertito, con modificazioni, dalla L. 106/2011) all’articolo 50-bis del DL 331/1993, la cui operatività ha effetto a partire dal 12 settembre (cfr. Nota delle Dogane n. 8609/2011).
Le modifiche apportate dal Legislatore riguardano, essenzialmente, sia l’ambito di applicazione del deposito IVA, sia l’obbligo di garanzia per le merci in regime di libera pratica custodite in deposito IVA, su cui l’Amministrazione finanziaria aveva fornito precisi indirizzi operativi (vedi circ. Dogane n. 16/D del 2006; CM n. 145/E del 1998; RM n. 149/2000).
Sotto il primo profilo, si conferma l’applicabilità del regime del deposito IVA sia ai depositi fiscali di beni sottoposti ad accisa di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), del DLgs. 504/1995, che ai depositi doganali privati, di cui all’articolo 525, paragrafo 2, del Regolamento CEE 2454/1993 (di seguito ’DAC’) di tipo C, D ed E. In merito, le Dogane hanno chiarito che l’adozione di depositi privati di tipo E per lo stoccaggio delle merci in regime di deposito IVA può avvenire anche quando il deposito si identifica in una pluralità di installazioni, anche non confinanti, pur confermandosi l’esclusione di qualsiasi forma di deposito “virtuale”.
La novità consiste nell’affidare alla corretta tenuta della contabilità di magazzino, a cura del depositario (articolo n. 530 DAC), l’esatta localizzazione della merce quale presupposto di applicazione del regime del deposito IVA. Non è più richiesta, infatti, un’idonea e preventiva localizzazione dei locali destinati alla gestione del deposito IVA, in precedenza prescritta dalla stessa Amministrazione (circ. 16/D del 2006, pag. 24; RM 149/E del 2000).
Sotto il secondo profilo, si prevede ora a livello normativo l’obbligatorietà della garanzia commisurata all’imposta nei casi di beni immessi in libera pratica da custodire nel deposito IVA. Il regime di immissione in libera pratica riguarda quei beni di provenienza extracomunitaria per i quali sono stati corrisposti i dazi all’importazione, ma non l’IVA (ex artt. 67-70 del DPR 633/72). L’introduzione in deposito IVA dei beni soggetti a tale regime è effettuata senza applicazione dell’IVA, sulla base di una dichiarazione dell’importatore circa la destinazione dei beni al deposito IVA. Ne consegue il differimento del relativo onere, assolto solo successivamente dal soggetto passivo che estrae i beni dal deposito con applicazione del reverse charge. È comunque evidente che, qualora l’Ufficio riscontri una destinazione diversa da quella riportata sulla documentazione dell’importatore, tratterrà la garanzia. Al contrario, appurato il corretto adempimento degli obblighi e degli adempimenti IVA, sia ai fini della liquidazione dell’imposta che della registrazione della (auto)fattura, nella contabilità del soggetto che procede all’estrazione, l’Ufficio provvederà allo svincolo della garanzia.
Ai fini dello svincolo della garanzia, in caso di operatore unico, sarà quest’ultimo a dover fornire la prova dell’avvenuta registrazione dell’autofattura ai fini della liquidazione dell’imposta nella propria contabilità, tanto al depositario (destinatario di precisi obblighi di contabilità di magazzino) quanto all’Ufficio doganale. Se, invece, chi estrae la merce è un soggetto diverso, l’obbligo di comunicazione spetta al depositario, sia nei confronti dell’Ufficio doganale che del soggetto che ha inizialmente introdotto la merce in deposito.
Sono esclusi da questa procedura i soggetti che beneficiano dell’esonero da garanzia per i diritti doganali e per le accise (ex art. 90 del DPR n. 43/1973 e art. 5, comma 3, ultimo periodo del DLgs. n. 504/1995) e i c.d. operatori economici autorizzati (AEO), ai sensi dell’articolo 14 del Reg. CEE n. 2454/1993.
Va tuttavia ricordato che la procedura sopra descritta sarà in ogni caso semplificata in previsione dell’avvio di procedure telematiche. Il che permetterà, presumibilmente, di raffinare i controlli e raggiungere la finalità antielusiva e antifrode che la norma intende perseguire.
/ Luigi Andrea CARELLO
Le modifiche apportate dal Legislatore riguardano, essenzialmente, sia l’ambito di applicazione del deposito IVA, sia l’obbligo di garanzia per le merci in regime di libera pratica custodite in deposito IVA, su cui l’Amministrazione finanziaria aveva fornito precisi indirizzi operativi (vedi circ. Dogane n. 16/D del 2006; CM n. 145/E del 1998; RM n. 149/2000).
Sotto il primo profilo, si conferma l’applicabilità del regime del deposito IVA sia ai depositi fiscali di beni sottoposti ad accisa di cui all’articolo 1, comma 2, lettera e), del DLgs. 504/1995, che ai depositi doganali privati, di cui all’articolo 525, paragrafo 2, del Regolamento CEE 2454/1993 (di seguito ’DAC’) di tipo C, D ed E. In merito, le Dogane hanno chiarito che l’adozione di depositi privati di tipo E per lo stoccaggio delle merci in regime di deposito IVA può avvenire anche quando il deposito si identifica in una pluralità di installazioni, anche non confinanti, pur confermandosi l’esclusione di qualsiasi forma di deposito “virtuale”.
La novità consiste nell’affidare alla corretta tenuta della contabilità di magazzino, a cura del depositario (articolo n. 530 DAC), l’esatta localizzazione della merce quale presupposto di applicazione del regime del deposito IVA. Non è più richiesta, infatti, un’idonea e preventiva localizzazione dei locali destinati alla gestione del deposito IVA, in precedenza prescritta dalla stessa Amministrazione (circ. 16/D del 2006, pag. 24; RM 149/E del 2000).
Sotto il secondo profilo, si prevede ora a livello normativo l’obbligatorietà della garanzia commisurata all’imposta nei casi di beni immessi in libera pratica da custodire nel deposito IVA. Il regime di immissione in libera pratica riguarda quei beni di provenienza extracomunitaria per i quali sono stati corrisposti i dazi all’importazione, ma non l’IVA (ex artt. 67-70 del DPR 633/72). L’introduzione in deposito IVA dei beni soggetti a tale regime è effettuata senza applicazione dell’IVA, sulla base di una dichiarazione dell’importatore circa la destinazione dei beni al deposito IVA. Ne consegue il differimento del relativo onere, assolto solo successivamente dal soggetto passivo che estrae i beni dal deposito con applicazione del reverse charge. È comunque evidente che, qualora l’Ufficio riscontri una destinazione diversa da quella riportata sulla documentazione dell’importatore, tratterrà la garanzia. Al contrario, appurato il corretto adempimento degli obblighi e degli adempimenti IVA, sia ai fini della liquidazione dell’imposta che della registrazione della (auto)fattura, nella contabilità del soggetto che procede all’estrazione, l’Ufficio provvederà allo svincolo della garanzia.
In caso di soggetti diversi, al depositario l’obbligo di comunicazione
Sul punto, le Dogane distinguono il caso in cui vi è coincidenza tra soggetto che ha introdotto i beni e colui che li estrae (operatore unico), dal caso in cui all’estrazione provveda un operatore diverso rispetto a chi ha introdotto i beni in deposito.Ai fini dello svincolo della garanzia, in caso di operatore unico, sarà quest’ultimo a dover fornire la prova dell’avvenuta registrazione dell’autofattura ai fini della liquidazione dell’imposta nella propria contabilità, tanto al depositario (destinatario di precisi obblighi di contabilità di magazzino) quanto all’Ufficio doganale. Se, invece, chi estrae la merce è un soggetto diverso, l’obbligo di comunicazione spetta al depositario, sia nei confronti dell’Ufficio doganale che del soggetto che ha inizialmente introdotto la merce in deposito.
Sono esclusi da questa procedura i soggetti che beneficiano dell’esonero da garanzia per i diritti doganali e per le accise (ex art. 90 del DPR n. 43/1973 e art. 5, comma 3, ultimo periodo del DLgs. n. 504/1995) e i c.d. operatori economici autorizzati (AEO), ai sensi dell’articolo 14 del Reg. CEE n. 2454/1993.
Va tuttavia ricordato che la procedura sopra descritta sarà in ogni caso semplificata in previsione dell’avvio di procedure telematiche. Il che permetterà, presumibilmente, di raffinare i controlli e raggiungere la finalità antielusiva e antifrode che la norma intende perseguire.
/ Luigi Andrea CARELLO
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