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lunedì 5 settembre 2011

Beni in godimento: accertamento sistematico per i beneficiari

manovra correttiva

Beni in godimento: accertamento sistematico per i beneficiari

L’obbligo di comunicare all’Agenzia i dati sui beni ha conseguenze anche per le persone fisiche, sia beneficiari sia finanziatori della società
/ Venerdì 02 settembre 2011
È “allarme rosso” per i beni concessi in godimento da un’impresa a soci o familiari dell’imprenditore per un corrispettivo annuo inferiore al prezzo di mercato del diritto di godimento: oltre alla ricadute in termini di deducibilità (si veda “Stretta per i beni d’impresa in uso ai soci” di oggi), un impatto di assoluto rilievo è previsto in ambito accertativo per le persone fisiche “beneficiarie” dei beni in questione.
Dalla bozza dell’emendamento governativo al DL n. 138/2011, il cui Ddl. di conversione è all’esame della Commissione Bilancio del Senato, si apprende, in primo luogo, la nascita dell’ennesimo obbligo comunicativo a carico dei contribuenti: è infatti previsto che l’impresa concedente ovvero il socio o il familiare dell’imprenditore comunicano all’Agenzia delle Entrate i dati relativi ai beni concessi in godimento.
Anche se le modalità e i termini per effettuare detta comunicazione saranno individuati da un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione – e quindi entro la fine del prossimo mese di novembre, laddove la modifica in esame dovesse tagliare il traguardo della definitiva approvazione – è già possibile rilevare la singolarità della previsione “ad ampio raggio” di detto obbligo, attesa la platea dei potenziali obbligati, che ricomprende non soltanto il concedente, ma anche i beneficiari.
Sanzione del 30% della differenza tra valore di mercato e corrispettivo
Ma ciò non sorprende, in quanto il dato della modifica normativa rispecchia la “solidarietà” espressamente prevista dalla norma quando vengono contemplate le sanzioni irrogabili in caso di omissione ovvero infedeltà della comunicazione concernente i beni: infatti, viene stabilito che per l’omissione di quest’ultima ovvero per la sua trasmissione con dati incompleti o non veritieri è dovuta, in solido, una sanzione amministrativa pari al 30% della differenza tra il valore di mercato del bene e il corrispettivo annuo (ossia l’importo che, sul versante societario, concorre ai fini IRES).
Tale sanzione si attenua nel caso in cui, pur in presenza dell’omissione o dell’infedeltà che l’ha generata, viene riscontrata a livello societario tanto l’indeducibilità dei costi afferenti il bene quanto la concorrenza a fini IRES della predetta differenza tra valore di mercato e corrispettivo annuo: sarà infatti previsto che la sanzione irrogabile in casi del genere è “soltanto” variabile tra 258 e 2.065 euro, comunque dovuta “in solido” tra i vari soggetti interessati.
Detto ciò, sul versante degli adempimenti e delle relative sanzioni, come si diceva in precedenza, l’aspetto di maggiore rilievo è ravvisabile nella forte componente di deterrenza avverso le condotte poste sotto osservazione, riconducibile alla previsione del controllo “sistematico” delle posizioni delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni in godimento: laddove queste dovessero poi essere “scansionate” anche mediante il nuovo accertamento sintetico, la norma prevede che per le finalità che animano questo strumento assumeranno rilevanza, in particolare, qualsiasi forma di finanziamento o di capitalizzazione effettuata nei confronti della società (elemento peraltro nient’affatto caratterizzato dalla novità, atteso che è ormai prassi considerare eventi del genere quali “incrementi patrimoniali” concorrenti alla presunzione del reddito sinteticamente attribuibile).
L’unico aspetto (parzialmente) di favore per il contribuente può essere individuato nel fatto che queste nuove modalità di controllo non potranno essere considerate utilizzate per il passato – in ragione dell’impostazione dell’Agenzia delle Entrate, in base alla quale ogni ampliamento dei poteri si palesa quale norma “procedurale” e, quindi, applicabile anche per annualità pregresse – visto che, per espressa previsione normativa, le nuove presunzioni si applicheranno a partire dal periodo d’imposta successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione (per la stragrande maggioranza delle società, quindi, a decorrere dall’esercizio 2012).

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