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Credito IVA, decadenza biennale per il rimborso
Il contribuente, ancorché cessato, deve comunque presentare l’istanza entro due anni dalla maturazione del diritto
La restituzione dell’eccedenza detraibile non è legittimata dalla mera esposizione della stessa nell’ultima dichiarazione annuale IVA, essendo altresì necessaria la presentazione di una specifica domanda di rimborso, anche senza utilizzare il modello ministeriale, purché ciò avvenga – presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate territorialmente competente – nel termine di due anni dal momento in cui è sorto il relativo diritto. Lo ha sostenuto la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18920 di ieri, 16 settembre 2011, accogliendo il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, avverso le decisioni di primo e secondo grado, favorevoli alla tesi del contribuente, fondata sulla presunta operatività dell’ordinario termine di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.).
La mancata formulazione dell’istanza di rimborso, secondo lo schema tipizzato dalla previsione normativa (il modello, ora quadro, VR), era stata ritenuta – dalla Commissione Tributaria Provinciale prima, e da quella Regionale poi – surrogabile da una qualsiasi altra tipologia di domanda, comunque redatta: in tale sede, era stato altresì ritenuto che questa documentazione alternativa non fosse subordinata al rispetto di specifici termini, neppure a quello residuale biennale previsto dall’art. 21, comma 2, del DLgs. n. 546/1992. In particolare, la giurisprudenza di merito aveva fondato le proprie determinazioni sull’assunto che l’indicazione, nella dichiarazione annuale, del credito d’imposta dovesse considerarsi espressione della volontà del contribuente di ottenere il rimborso, così da determinare l’esclusione da qualunque ipotesi di decadenza, la quale – avendo una funzione sanzionatoria – deve essere espressamente prevista dalla legge.
La tesi non ha, tuttavia, trovato accoglimento nelle valutazioni della Cassazione, secondo cui la mancata disciplina della fattispecie – da parte della specifica normativa di riferimento, l’art. 30 del DPR n. 633/1972, che non prevede un termine ultimo di presentazione dell’istanza di rimborso – deve indurre a ritenere applicabile, in via residuale, l’art. 21, comma 2, del DLgs. n. 546/1992, anche nel caso di cessazione dell’attività del contribuente. In particolare, è stato sostenuto che l’espressa regolamentazione, da parte del Decreto Iva (Cass. nn. 9794/2010 e 5486/2003), di tale ipotesi di eccedenza non assume un connotato dirimente, nel senso dell’esclusione della decadenza biennale: analogamente, non è stata ritenuta determinante l’avvenuta presentazione della dichiarazione finale, in quanto costituente un mero presupposto per l’istanza di rimborso.
Quest’ultima, come ribadito dalla Suprema Corte, stabilisce, infatti, una regola suppletiva, avente una chiara funzione sussidiaria e di completamento, intesa a fornire certezza ai rapporti giuridici con l’Amministrazione finanziaria, qualora per la domanda di restituzione in concreto proposta manchino disposizioni specifiche nelle singole leggi d’imposta. In altri termini, si tratta di una norma di chiusura del sistema, posta a garanzia della stabilità della relazione con il contribuente, la cui applicazione può essere esclusa soltanto qualora risultino soddisfatti i presupposti di operatività della norma speciale di cui all’art. 30 del DPR n. 633/1972: la presentazione dell’istanza di rimborso sostanzialmente conforme al modello legale, ovvero contenente gli elementi necessari, stabiliti dall’ordinamento oppure indicati nel quadro VR per la decisione su di essa.
/ Sandro CERATO e Michele BANA
La mancata formulazione dell’istanza di rimborso, secondo lo schema tipizzato dalla previsione normativa (il modello, ora quadro, VR), era stata ritenuta – dalla Commissione Tributaria Provinciale prima, e da quella Regionale poi – surrogabile da una qualsiasi altra tipologia di domanda, comunque redatta: in tale sede, era stato altresì ritenuto che questa documentazione alternativa non fosse subordinata al rispetto di specifici termini, neppure a quello residuale biennale previsto dall’art. 21, comma 2, del DLgs. n. 546/1992. In particolare, la giurisprudenza di merito aveva fondato le proprie determinazioni sull’assunto che l’indicazione, nella dichiarazione annuale, del credito d’imposta dovesse considerarsi espressione della volontà del contribuente di ottenere il rimborso, così da determinare l’esclusione da qualunque ipotesi di decadenza, la quale – avendo una funzione sanzionatoria – deve essere espressamente prevista dalla legge.
La tesi non ha, tuttavia, trovato accoglimento nelle valutazioni della Cassazione, secondo cui la mancata disciplina della fattispecie – da parte della specifica normativa di riferimento, l’art. 30 del DPR n. 633/1972, che non prevede un termine ultimo di presentazione dell’istanza di rimborso – deve indurre a ritenere applicabile, in via residuale, l’art. 21, comma 2, del DLgs. n. 546/1992, anche nel caso di cessazione dell’attività del contribuente. In particolare, è stato sostenuto che l’espressa regolamentazione, da parte del Decreto Iva (Cass. nn. 9794/2010 e 5486/2003), di tale ipotesi di eccedenza non assume un connotato dirimente, nel senso dell’esclusione della decadenza biennale: analogamente, non è stata ritenuta determinante l’avvenuta presentazione della dichiarazione finale, in quanto costituente un mero presupposto per l’istanza di rimborso.
Non è stata presentata l’istanza di rimborso secondo lo schema tipizzato
È stata, invece, considerata rilevante la circostanza che il contribuente abbia omesso di presentare l’istanza di rimborso in base allo schema tipizzato, presentando una domanda non idonea a integrare un valido atto di esercizio del corrispondente diritto, così esulando dall’ambito applicativo dell’art. 30 del DPR n. 633/1972, e legittimando l’operatività della suddetta disposizione residuale di prescrizione biennale.Quest’ultima, come ribadito dalla Suprema Corte, stabilisce, infatti, una regola suppletiva, avente una chiara funzione sussidiaria e di completamento, intesa a fornire certezza ai rapporti giuridici con l’Amministrazione finanziaria, qualora per la domanda di restituzione in concreto proposta manchino disposizioni specifiche nelle singole leggi d’imposta. In altri termini, si tratta di una norma di chiusura del sistema, posta a garanzia della stabilità della relazione con il contribuente, la cui applicazione può essere esclusa soltanto qualora risultino soddisfatti i presupposti di operatività della norma speciale di cui all’art. 30 del DPR n. 633/1972: la presentazione dell’istanza di rimborso sostanzialmente conforme al modello legale, ovvero contenente gli elementi necessari, stabiliti dall’ordinamento oppure indicati nel quadro VR per la decisione su di essa.
/ Sandro CERATO e Michele BANA
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