Chiusura delle liti a costo variabile
di Marco Mobili
Non è poi così rigido il tetto dei 20mila euro per accedere alla nuova sanatoria delle liti fiscali. Per chiudere la partita con il Fisco, infatti, si dovrà tenere conto del fatto che il limite dei 20mila euro indicato dalla manovra è da riferire alle sole imposte oggetto di contenzioso, al netto delle sanzioni e degli interessi collegati al tributo. Quando, invece, l'ammontare della lite è dato esclusivamente da sanzioni, si deve tenere conto dell'ammontare delle penalità irrogate.
La sanatoria introdotta nella manovra economica e che nell'ultimo schema del Dl è stata spostata tra le misure sul riordino della giustizia tributaria, poggia, infatti, sulla definizione delle liti pendenti che faceva parte dei condoni fiscali del 2002 (precisamente dell'articolo 16 della legge 289/02). Per tanto i conribuenti intessati a chiudere i conti potranno far riferimento a tutti i chiarimenti che sono stati forniti al tempo dall'amministrazione finanziaria.
E questo anche per la nozione di lite pendente. Per quest'ultima, si dovrebbero intendere tutte quelle controversie per le quali risulta notificato un atto di accertamento, un provvedimento di irrogazione delle sanzioni o altro atto impositivo, di cui è parte l'agenzia delle Entrate, che il contribuente ha impugnato alla data del 1° maggio 2011. Occorre sottolineare, inoltre, che, con i vecchi condoni del 2002, nel concetto di liti pendenti rientravano solo quelle che risultavano impugnate e, quindi, pendenti davanti alle commissioni tributarie. Per gli atti di accertamento non impugnati, ma per i quali risultava ancora possibile il ricorso, esisteva la possibilità di definizione delle liti potenziali (articolo 15 della legge 289/02).
Nelle disposizioni della manovra 2011 si parla solo delle liti pendenti, per cui si dovrà verificare che al 1° maggio 2011 risulti presentato il ricorso. Quindi, gli atti impositivi per cui a tale data non è stato presentato il ricorso dovrebbero risultare esclusi dalla definizione. Anche se poi la norma prevede che sono sospesi fino al 30 giugno 2012 i termini per la proposizione dei ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per Cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio.
La norma, ancora allo studio dell'Economia, cita anche i ricorsi, per cui è possibile che anche gli atti non ancora impugnati rientrino nella sanatoria. Bisognerà vedere cosa dirà l'agenzia delle Entrate. La stessa disposizione, infatti, rinvia a una serie di provvedimenti del direttore delle Entrate la definizione delle modalità di versamento e di presentazione delle domanda di definizione e «ogni altra disposione applicativa».
Il costo della definizione è variabile a seconda del valore della lite e del grado di giudizio. Per i contenziosi fino a 2mila euro viene previsto un prelievo in misura fissa di 150 euro. Per quelli fino a 20mila il prelievo è in misura percentuale:
- del 10%, se il valore della lite è superiore a 2mila euro, in caso di soccombenza dell'amministrazione finanziaria nell'ultima o unica pronuncia dei giudici;
- del 50% del valore della lite, se superiore a 2mila euro, in caso di soccombenza del contribuente nell'ultima o unica pronuncia dei giudici;
- del 30% del valore della lite, nel caso in cui i giudici di primo grado non si siano ancora pronunciati.
La norma prevede che restano comunque dovute per intero le somme relative al recupero di aiuti di Stato illegittimi.
Per quanto riguarda la procedura, il pagamento dovrà avvenire entro il 30 novembre 2011, mentre le domande di accesso alla definizione potranno essere presentate fino al 31 marzo 2012. Spetterà poi agli uffici finanziari trasmettere emtro il 15 luglio 2012 alle commissioni tributarie, ai tribunali e alle corti di appello, nonché alla Cassazione, l'elenco delle liti pendenti per le quali è stata presentata l'istanza di definizione. Entro il 30 settembre 2012 dovrà arrivare sia la regolarità delle domande presentate sia delle somme versate. Ed entro la stessa data dovrà essere comunicato l'eventuale rifiuto della definizione.
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