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martedì 27 settembre 2011

Il condono delle liti pendenti vale come attenuante ai fini penali

Contenzioso

Il condono delle liti pendenti vale come attenuante ai fini penali

Di conseguenza, il contribuente/imputato può beneficiare del cosiddetto «patteggiamento»

/ Martedì 27 settembre 2011
La definizione delle liti pendenti introdotta dalla “manovra correttiva 2011” (art. 39, comma 12, del DL 98/2011) non è inibita dal fatto che nei confronti del contribuente indagato/imputato sia pendente un procedimento avente natura penale. Infatti, l’art. 16 della L. 289/2002, cui rinvia la norma appena citata, non contiene alcun riferimento all’eventuale avvenuto esercizio dell’azione penale, a differenza di ciò che era contemplato dagli artt. 7 e 15 della L. 289/2002.
Tuttavia, la definizione della lite ha effetto, sul versante penale, in merito ad altri aspetti, posto che il condono vale come circostanza attenuante ai sensi dell’art. 13 del DLgs. 74/2000 e, proprio per questo motivo, rende possibile il cosiddetto “patteggiamento”.
Tanto premesso, il condono non ha effetti di interruzione del processo penale eventualmente in corso, dal momento che quest’ultimo prosegue in virtù del “doppio binario”, né può essere considerato una confessione del contribuente.
Come anticipato, l’avvenuta conciliazione integra gli estremi della circostanza attenuante di cui all’art. 13 del DLgs. 74/2000, secondo cui le pene previste per i reati fiscali sono diminuite a un terzo se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari sono estinti mediante pagamento, “anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie”.
L’adesione al condono dovrebbe integrare una “procedura conciliativa o di adesione all’accertamento” prevista dalle leggi tributarie, quindi la circostanza attenuante dovrebbe essere riconosciuta, al pari di ciò che avviene nella conciliazione giudiziale.
Un’eccezione potrebbe essere costituita dal condono su un atto irrogativo di sole sanzioni, siccome in tal caso, concernendo l’atto le sanzioni e non l’imposta, l’attenuante non può operare (lo stesso avviene quando il contribuente, ricevuto l’accertamento, definisce in via agevolata le sole sanzioni).
La definizione non è inibita dal rinvio a giudizio del contribuente
Vi è da dire che le considerazioni effettuate riguardano principalmente il delitto di cui all’art. 2 (Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti) del DLgs. 74/2000, fattispecie in cui non è prevista alcuna soglia di punibilità. Nelle altre ipotesi, ad esempio la dichiarazione infedele ex art. 4 del DLgs. 74/2000, sono previste le soglie di punibilità, superiori al valore della lite (20.000 euro) al di sopra del quale, come prevede l’art. 39 comma 12 del DL 98/2011, il contribuente non può fruire del condono.
Per effetto delle modifiche apportate dalla legge di conversione del DL 138/2011 (L. 148/2011) all’art. 13 del DLgs. 74/2000, è ora previsto che, per i delitti tributari, l’applicazione della pena su richiesta delle parti di cui all’art. 444 c.p.p. (cosiddetto “patteggiamento”) operi solo in caso di integrazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 13 del DLgs. 74/2000.
Quindi, l’adesione al condono, che, come visto, può integrare la circostanza attenuante prevista dalla norma citata, ha l’ulteriore effetto di rendere possibile al contribuente/imputato di beneficiare del “patteggiamento” .
/ Alfio CISSELLO

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