Accertamento
Condono IVA per il 2002 accertabile entro fine 2012
Ma la Consulta esclude il cumulo del raddoppio per reati fiscali con ogni altra proroga prevista dal sistema
Il maxiemendamento al DL 138/2011, come noto, ha introdotto l’ennesima proroga dei termini di accertamento, questa volta per i contribuenti che, in riferimento all’IVA, hanno condonato, in merito ai periodi d’imposta i cui termini sono pendenti al 31 dicembre 2011.
Riepilogando la questione, è ormai pacifico che il condono IVA è incompatibile con il diritto comunitario, quindi il Fisco, fermo restando il rispetto dei termini di decadenza per l’accertamento, può controllare annualità coperte da condono, nonostante si tratti di “condono tombale”.
La disposizione contenuta nel maxiemendamento consente pacificamente di far slittare i termini relativi alle annualità dal 2006 in poi, 2005 per l’omessa dichiarazione (infatti, il 2006 scade il 31 dicembre 2011, così come il 2005 per l’omessa dichiarazione).
Per ciò che concerne il 2002, esso è decaduto il 31 dicembre 2007, ma qui entra in gioco il raddoppio dei termini per violazioni penali, che, se sussistenti (basta l’emissione di una fattura parzialmente falsa anche per pochi euro per far scattare il raddoppio, siccome si verte subito in ipotesi di emissione di fatture per operazioni inesistenti), portano l’annualità al 31 dicembre 2011. Ora, applicando la novità del maxiemendamento, si arriva al 31 dicembre 2012, siccome, per effetto della combinazione contribuente aderente al condono + reato fiscale, il 2002 risulta pendente al 31 dicembre di quest’anno.
Dal punto di vista strettamente tecnico, a mio avviso, il Legislatore non ha fatto i conti con la sentenza 247/2011 sul raddoppio dei termini per violazioni penali, che, almeno per quanto sembra emergere dal testo della sentenza, e ravvisando la necessità di attendere i primi responsi della giurisprudenza (quelli ufficiali appaiono pressoché scontati), si può sostenere che il 2002 non slitti al 31 dicembre 2012.
In breve, la Consulta, da un lato, ha dato ragione al Fisco, dicendo che i termini raddoppiano anche se il reato è emerso quando il periodo d’imposta è già decaduto, dall’altro, ha messo “un paletto” a ciò, sostenendo che, se è vero che il raddoppio si verifica sempre, è altrettanto vero che il termine raddoppiato è un termine “blindato”, che non si cumula con altre proroghe.
La Corte Costituzionale, a chiare lettere, ha stabilito che il termine “lungo” di otto anni non si cumula ad esempio con la proroga biennale per chi non ha aderito ai condoni (art. 10 della L. 289/2002): quindi, si pensi ad un contribuente che ha evaso 2 milioni di euro di IVA e che nel 2002 non ha condonato: normalmente, il termine decade il 31 dicembre 2007, per effetto della proroga biennale si arriva al 31 dicembre 2009, per effetto del raddoppio dei termini al 31 dicembre 2011, non al 31 dicembre 2013.
Se così non fosse, per l’omessa dichiarazione IVA, slitterebbe anche il 2000 (ordinariamente è decaduto il 31 dicembre 2006, con il raddoppio si arriva al 31 dicembre 2011).
/ Alfio CISSELLO
Riepilogando la questione, è ormai pacifico che il condono IVA è incompatibile con il diritto comunitario, quindi il Fisco, fermo restando il rispetto dei termini di decadenza per l’accertamento, può controllare annualità coperte da condono, nonostante si tratti di “condono tombale”.
La disposizione contenuta nel maxiemendamento consente pacificamente di far slittare i termini relativi alle annualità dal 2006 in poi, 2005 per l’omessa dichiarazione (infatti, il 2006 scade il 31 dicembre 2011, così come il 2005 per l’omessa dichiarazione).
Per ciò che concerne il 2002, esso è decaduto il 31 dicembre 2007, ma qui entra in gioco il raddoppio dei termini per violazioni penali, che, se sussistenti (basta l’emissione di una fattura parzialmente falsa anche per pochi euro per far scattare il raddoppio, siccome si verte subito in ipotesi di emissione di fatture per operazioni inesistenti), portano l’annualità al 31 dicembre 2011. Ora, applicando la novità del maxiemendamento, si arriva al 31 dicembre 2012, siccome, per effetto della combinazione contribuente aderente al condono + reato fiscale, il 2002 risulta pendente al 31 dicembre di quest’anno.
Dal punto di vista strettamente tecnico, a mio avviso, il Legislatore non ha fatto i conti con la sentenza 247/2011 sul raddoppio dei termini per violazioni penali, che, almeno per quanto sembra emergere dal testo della sentenza, e ravvisando la necessità di attendere i primi responsi della giurisprudenza (quelli ufficiali appaiono pressoché scontati), si può sostenere che il 2002 non slitti al 31 dicembre 2012.
In breve, la Consulta, da un lato, ha dato ragione al Fisco, dicendo che i termini raddoppiano anche se il reato è emerso quando il periodo d’imposta è già decaduto, dall’altro, ha messo “un paletto” a ciò, sostenendo che, se è vero che il raddoppio si verifica sempre, è altrettanto vero che il termine raddoppiato è un termine “blindato”, che non si cumula con altre proroghe.
La Corte Costituzionale, a chiare lettere, ha stabilito che il termine “lungo” di otto anni non si cumula ad esempio con la proroga biennale per chi non ha aderito ai condoni (art. 10 della L. 289/2002): quindi, si pensi ad un contribuente che ha evaso 2 milioni di euro di IVA e che nel 2002 non ha condonato: normalmente, il termine decade il 31 dicembre 2007, per effetto della proroga biennale si arriva al 31 dicembre 2009, per effetto del raddoppio dei termini al 31 dicembre 2011, non al 31 dicembre 2013.
Il Legislatore non ha fatto “i conti” con la Consulta
Tale assunto vale per tutte le future norme di proroga dei termini che il Legislatore introduce. Cito il testo della sentenza: “Nel caso in cui i prolungamenti di termini previsti dalle disposizioni denunciate [art. 57, comma 3 del DPR 633/72, ndr] siano astrattamente applicabili in relazione alla medesima fattispecie, l’amministrazione finanziaria non potrà mai utilizzarli in modo cumulativo al fine di superare il massimo dell’ampliamento temporale previsto dalla singola normativa più favorevole per l’amministrazione. Questa interpretazione esclude che le disposizioni denunciate possano concorrere a rendere irragionevolmente lunghi i termini per l’accertamento”.Se così non fosse, per l’omessa dichiarazione IVA, slitterebbe anche il 2000 (ordinariamente è decaduto il 31 dicembre 2006, con il raddoppio si arriva al 31 dicembre 2011).
/ Alfio CISSELLO
Nessun commento:
Posta un commento