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lunedì 16 aprile 2012

SOCIETA' SRL TRA PROFESSIONISTI

Regime fiscale incerto per le Stp


La pubblicazione in «Gazzetta» della legge di conversione del decreto sulle liberalizzazioni non è il punto di arrivo sulle società tra professionisti, ma è solo la tappa di un dibattito che non sarà breve, in attesa della normativa di attuazione, prevista per maggio, che è chiamata a sciogliere nodi tuttora aperti.
Quella che è probabilmente la più rilevante trasformazione del modo di esercitare una libera professione passa per poche righe aggiunte all'articolo 10 della legge di stabilità 2012 (legge 183/2011), varata dal Parlamento italiano a novembre, poche ore prima della crisi di Governo, sotto l'assedio dei mercati. E per altre poche righe inserite nella legge di conversione del decreto legge «Cresci Italia», il n. 1/2012, il cui articolo 9 ritorna sulla disciplina delle professioni, modificando la normativa base del peculiare processo di delegificazione avviato con il decreto legge 138/2011 (la manovra di Ferragosto). Il coro unanime delle rappresentanze professionali aveva chiesto una urgente riflessione sulla insufficienza della disciplina varata con la legge di stabilità, con particolare riguardo al problema del socio di capitale e alla preoccupazione di minare la condizione di indipendenza e autonomia nello svolgimento di prestazioni d'opera intellettuali che presidia all'esercizio delle libere professioni. Questo è il vero nodo: se una società di persone limitata ai soci professionisti appare come la naturale evoluzione dei modelli di esercizio in comune delle professioni che anche la nostra tradizione giuridica ha coltivato, una società di capitali con la presenza di soci «di investimento» mette in crisi il dogma della personalità della prestazione professionale e a ben vedere lo stesso canone costituzionale della necessità dell'esame di abilitazione (articolo 33 della Costituzione), come ebbe modo di dire qualche anno fa il Consiglio di Stato. L'ingresso di soci di capitale è apparso a molti come un'accelerazione dovuta più alla componente ideologica che da qualche tempo attraversa il dibattito, che una scelta meditata, frutto di un serio approfondimento scientifico. Queste preoccupazioni debbono avere persuaso il ministero della Giustizia a formulare gli emendamenti che poi ha fatto propri la Commissione industria del Senato. È stata questa, infatti, la sede referente dei lavori di conversione del «Cresci Italia»: un altro limite, questo, della modalità di legiferare per decreto legge, giacché non solo i lavori parlamentari si comprimono senza una vera istruttoria legislativa, ma anche il procedimento si radica presso una sede diversa da quella sua propria (nel caso, la commissione Giustizia), attratto dalla ratio generale di tipo economico. La correzione introdotta nel Dl in sede di conversione riguarda la governance della società di capitali per l'esercizio professionale: «il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci». Il testo sembra peraltro non escludere che uno statuto societario possa prevedere un socio di capitale all'80%, o per assurdo al 99%, purché i suoi diritti di voto siano sterilizzati in modo da non "pesare" più di un terzo. Non è dato sapere se era proprio questo l'obiettivo di chi ha scritto la norma. Certo appare difficile pensare a un professionista libero e indipendente in una struttura del genere. Particolare è la preoccupazione tra gli avvocati, che nel Congresso di Milano hanno ribadito la richiesta di espungere i soci di capitale.
La governance non risolve tutti i problemi, e non colma i deficit di una disciplina lacunosa: che nulla dice sulla garanzia che l'incarico professionale sia effettivamente svolto dal socio o dai soci in possesso dei requisiti professionali necessari, e che sia rispettato veramente il segreto professionale (diritto fondamentale del cliente, più che dell'avvocato), sulla possibilità di scelta del professionista da parte del cliente, sulla sorte del socio colpito da radiazione, che potrebbe ricomparire come socio non professionista, sulla denominazione sociale e sul regime di iscrizione negli albi professionali, sulla responsabilità disciplinare della società stessa, che postulerebbe sanzioni specifiche, magari pecuniarie, per avere un minimo di presa. E, soprattutto, tace sul regime fiscale, vero nodo sul quale si sono probabilmente impantanate le Stp del Dlgs 96/2001.
http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2012-04-16/regime-fiscale-incerto-064459.shtml?uuid=Ab14mjOF
  di Giuseppe Colavitti

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