IVA
Esenzione IVA per i consorzi estesa alle cooperative
L’Agenzia delle Entrate esclude che la forma giuridica prevalga sull’oggetto sociale della struttura associativa
/ Mercoledì 04 aprile 2012
L’impresa in regime di esenzione, se esternalizza i servizi funzionali all’attività esercitata (ad esempio servizi informatici, amministrativi, ecc.), risulta penalizzata dall’indetraibilità dell’IVA discendente dal principio di inerenza.
Sul piano normativo, l’inconveniente è evitato per i consorzi, costituiti anche in forma societaria, e le cooperative con funzioni consortili. L’art. 10, comma 2, del DPR. n. 633/1972, introdotto dalla L. 244/2007 (Finanziaria 2008), qualifica infatti come esenti da IVA le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di consorziati o soci da consorzi, società consortili e società cooperative con funzioni consortili. La detassazione presuppone, allo stesso tempo, che le strutture consortili siano partecipate da soggetti con pro rata, nel triennio precedente, non superiore al 10% e che i corrispettivi pagati dai committenti non siano superiori ai costi imputabili alle prestazioni rese dal consorzio.
Dal punto di vista oggettivo, la disposizione si applica alle prestazioni (e non anche alle cessioni) necessarie per la specifica attività esente esercitata, qualunque essa sia.
Sul punto si segnala che la proposta di Direttiva COM(2007) 747 def. estende il trattamento di esenzione “alla fornitura di qualsiasi elemento costitutivo di un servizio assicurativo o finanziario qualora tale elemento formi un insieme distinto e presenti il carattere specifico ed essenziale del servizio esente in questione”. A ben vedere, con tale previsione s’intende raggiungere lo stesso risultato della norma che considera esenti IVA i rapporti tra consorzio e consorziati, dal momento che la finalità è quella di generalizzare, nell’ambito delle attività assicurative e finanziarie, l’applicazione del regime esenzione ai servizi esternalizzati; il fornitore, infatti, non applicando l’imposta in fattura, evita all’operatore che svolge un’attività detassata di essere inciso dall’imposta, per lui indetraibile.
È stata così rettificata l’interpretazione, fondata sul tenore letterale della previsione interna, resa dalla circolare n. 23/E/2009 (§ 2.1.1). Del resto, rispetto alle prestazioni sanitarie, lo schema associativo tipico del consorzio o delle strutture societarie con funzioni consortili non è praticabile, in quanto limitato - secondo la disciplina civilistica - alle attività d’impresa svolte dai consorziati o soci. Dunque, ai fini dell’esenzione, non rileva “la forma giuridica assunta dalla struttura associativa (nella specie, della società cooperativa), bensì l’oggetto sociale della stessa, vale a dire la cooperazione all’attività esente o esclusa da IVA svolta dagli associati, che il legislatore nazionale ha individuato, a titolo esemplificativo, nello schema associativo tipico del consorzio”.
In conclusione, l’Agenzia delle Entrate, nel proprio intervento esegetico della normativa (comunitaria e italiana), ha di fatto - cioè anche se non espressamente detto - tutelato un duplice principio. Da un lato, quello del cosiddetto “effetto utile delle esenzioni“, più volte sostenuto dalla Corte di Giustizia al fine di evitare che l’interpretazione restrittiva dei termini con i quali sono state designate le esenzioni privi le medesime dei loro effetti (cfr. causa C-407/07, Stiching) e, dall’altro, quello di neutralità fiscale, che vieta l’applicazione di un regime IVA differenziato nei confronti degli operatori economici che effettuano le stesse operazioni; è evidente che quest’ultimo principio sarebbe violato se l’esenzione in esame dipendesse dalla forma giuridica mediante la quale il soggetto passivo svolge la propria attività (cfr. causa C-216/97, Gregg).
Sul piano normativo, l’inconveniente è evitato per i consorzi, costituiti anche in forma societaria, e le cooperative con funzioni consortili. L’art. 10, comma 2, del DPR. n. 633/1972, introdotto dalla L. 244/2007 (Finanziaria 2008), qualifica infatti come esenti da IVA le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di consorziati o soci da consorzi, società consortili e società cooperative con funzioni consortili. La detassazione presuppone, allo stesso tempo, che le strutture consortili siano partecipate da soggetti con pro rata, nel triennio precedente, non superiore al 10% e che i corrispettivi pagati dai committenti non siano superiori ai costi imputabili alle prestazioni rese dal consorzio.
Dal punto di vista oggettivo, la disposizione si applica alle prestazioni (e non anche alle cessioni) necessarie per la specifica attività esente esercitata, qualunque essa sia.
Sul punto si segnala che la proposta di Direttiva COM(2007) 747 def. estende il trattamento di esenzione “alla fornitura di qualsiasi elemento costitutivo di un servizio assicurativo o finanziario qualora tale elemento formi un insieme distinto e presenti il carattere specifico ed essenziale del servizio esente in questione”. A ben vedere, con tale previsione s’intende raggiungere lo stesso risultato della norma che considera esenti IVA i rapporti tra consorzio e consorziati, dal momento che la finalità è quella di generalizzare, nell’ambito delle attività assicurative e finanziarie, l’applicazione del regime esenzione ai servizi esternalizzati; il fornitore, infatti, non applicando l’imposta in fattura, evita all’operatore che svolge un’attività detassata di essere inciso dall’imposta, per lui indetraibile.
Ampliato l’ambito applicativo dell’agevolazione
Ritornando al presupposto soggettivo dell’esenzione prevista dall’art. 10, comma 2, del DPR 633/1972, la risoluzione n. 30 del 3 aprile 2012 amplia l’ambito applicativo dell’agevolazione. Quest’ultimo, benché limitato - come detto - alle strutture consortili o con funzioni consortili, deve intendersi riferito anche alle società cooperative costituite fra soggetti esercenti l’attività sanitaria, posto - da un lato - che la corrispondente norma comunitaria (art. 132, par. 1, lett. f), della Direttiva n. 2006/112/CE) fa generico riferimento alle “associazioni autonome di persone che esercitano un’attività esente” e, dall’altro, che la sua finalità non è certo quella di differenziare il trattamento IVA in funzione della forma associativa e organizzativa in concreto scelta.È stata così rettificata l’interpretazione, fondata sul tenore letterale della previsione interna, resa dalla circolare n. 23/E/2009 (§ 2.1.1). Del resto, rispetto alle prestazioni sanitarie, lo schema associativo tipico del consorzio o delle strutture societarie con funzioni consortili non è praticabile, in quanto limitato - secondo la disciplina civilistica - alle attività d’impresa svolte dai consorziati o soci. Dunque, ai fini dell’esenzione, non rileva “la forma giuridica assunta dalla struttura associativa (nella specie, della società cooperativa), bensì l’oggetto sociale della stessa, vale a dire la cooperazione all’attività esente o esclusa da IVA svolta dagli associati, che il legislatore nazionale ha individuato, a titolo esemplificativo, nello schema associativo tipico del consorzio”.
In conclusione, l’Agenzia delle Entrate, nel proprio intervento esegetico della normativa (comunitaria e italiana), ha di fatto - cioè anche se non espressamente detto - tutelato un duplice principio. Da un lato, quello del cosiddetto “effetto utile delle esenzioni“, più volte sostenuto dalla Corte di Giustizia al fine di evitare che l’interpretazione restrittiva dei termini con i quali sono state designate le esenzioni privi le medesime dei loro effetti (cfr. causa C-407/07, Stiching) e, dall’altro, quello di neutralità fiscale, che vieta l’applicazione di un regime IVA differenziato nei confronti degli operatori economici che effettuano le stesse operazioni; è evidente che quest’ultimo principio sarebbe violato se l’esenzione in esame dipendesse dalla forma giuridica mediante la quale il soggetto passivo svolge la propria attività (cfr. causa C-216/97, Gregg).
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