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venerdì 13 aprile 2012

Aggravio IMU se le pertinenze sono della stessa categoria catastale

immobili

Aggravio IMU se le pertinenze sono della stessa categoria catastale

Ai fini della determinazione dell’IMU, occorrerebbe sciogliere l’unitarietà e inscindibilità della rendita catastale
/ Martedì 10 aprile 2012
Per migliaia di soggetti passivi IMU si prospetta un onere aggiuntivo e imprevisto, in sede di determinazione dell’imposta dovuta per l’abitazione principale e le sue pertinenze accatastate unitamente all’abitazione stessa, se le unità pertinenziali appartengono alla medesima categoria catastale. Si pensi a un’abitazione principale la cui rendita catastale sia comprensiva anche di cantina e soffitta censibili, distintamente e separatamente, nella categoria catastale C/2.
Il Legislatore dell’IMU, a differenza di quello dell’ICI (DLgs. n. 504/1992), ha stabilito che le pertinenze dell’abitazione “principale” del soggetto passivo ammesse al trattamento agevolato sono soltanto le unità immobiliari classificate nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (stalle, scuderie, rimesse, autorimesse) e C/7 (tettoie chiuse o aperte, posti auto su aree private, posti auto coperti), nella misura massima di “un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo” (art. 13, comma 2, terzo periodo, del DL n. 201/2011 convertito dalla L. n. 214/2011). Ciò significa che, nel computo delle pertinenze dell’abitazione principale, dovrebbero rientrare anche quelle accatastate con l’abitazione stessa, per la quale è stata attribuita una rendita catastale unitaria.
È utile rimarcare che il trattamento agevolato consiste nell’applicazione dell’aliquota ridotta pari allo 0,4%, modificabile in aumento o in diminuzione sino a 0,2 punti percentuali, e della detrazione d’imposta pari alla misura annua di 200 euro, maggiorata di 50 euro per ogni figlio di età non superiore a 26 anni (per un importo complessivo massimo di 400 euro, quindi per un numero massimo di 8 figli), purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’abitazione principale del soggetto passivo. Inoltre, poiché nemmeno il Legislatore dell’IMU ha fornito una specifica nozione di “pertinenza”, ai fini dell’applicabilità del nuovo balzello e, in particolare, agli effetti delle pertinenze dell’abitazione diversa da quella principale, la definizione andrebbe mutuata da quella prevista dall’art. 817 c.c.
Ne discende che i presupposti fondamentali per la sussistenza del cosiddetto “vincolo” pertinenziale sono (cfr. ris. Agenzia Entrate n. 149/2008) l’elemento soggettivo, rappresentato dalla volontà effettiva di creare un vincolo di strumentalità e complementarietà funzionale tra il bene principale (abitazione) e quello accessorio o pertinenziale (cantina, soffitta, box); l’elemento oggettivo, consistente nel rapporto funzionale corrente tra l’abitazione e le sue pertinenze. Un’unità immobiliare può, dunque, essere considerata pertinenza dell’abitazione se entrambi i beni (principale e accessorio) appartengono allo stesso soggetto passivo (cfr. C.M. n. 114/1999). Come si può notare, la disciplina dell’IMU, rispetto a quella dell’ICI, ha eliminato ogni incertezza sull’individuazione e sul numero delle pertinenze dell’abitazione principale. Il Legislatore, infatti, oltre a vergare una specifica previsione, ha abrogato espressamente la disciplina di dettaglio prevista in tema di ICI dall’art. 59, comma 1, lettera d), del DLgs. n. 446/1997. Rimane il dubbio sull’ubicazione della pertinenza (solitamente box) che, a nostro parere, non necessariamente deve essere situata nello stesso edificio e che può essere acquistato anche in seguito all’acquisizione dell’abitazione.
Tornando al caso in commento, va ricordato che l’unità immobiliare può essere costituita anche da una porzione di fabbricato che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di “autonomia funzionale e reddituale” (art. 2, comma 1, del DM n. 28/1998; cfr. art. 40 del DPR n. 1142/1949). Ai fini di una corretta determinazione dell’IMU, occorrerebbe quindi sciogliere l’unitarietà e inscindibilità della rendita catastale (cfr. C.M. n. 318/1995), che riguarda sia l’abitazione sia le sue pertinenze. L’operazione, che consiste nel frazionare le singole unità immobiliari e nell’aggiornare la scheda catastale mediante presentazione della denuncia catastale, sarebbe necessaria per la presenza di più unità pertinenziali appartenenti alla stessa categoria catastale (C/2), sempre che le unità siano suscettibili di autonoma attribuzione di rendita catastale.
L’operazione di scissione, invece, non sembra necessaria qualora la rendita catastale dell’abitazione principale comprenda una o più unità pertinenziali (per un massimo di tre) appartenenti ognuna alle categorie C/2, C/6 e C/7. Si pensi a un’abitazione principale con cantina (C/2), posto auto (C/7) e box (C/6), ove la cantina e il posto auto risultino censiti unitamente all’abitazione, mentre il box sia già stato iscritto in Catasto distintamente e separatamente dall’abitazione con attribuzione di autonoma rendita. Al riguardo, tuttavia, sarebbe opportuna una pronuncia ufficiale, che chiarisse anche se il beneficio spettante per la convivenza dei figli sia legato solo all’abitazione principale, con esclusione delle pertinenze (nel qual caso, la scissione delle unità sarà necessaria se l’imposta dovuta per l’abitazione e le sue pertinenze sia di ammontare superiore alla misura della detrazione “ordinaria”).

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