società non operative
Società di comodo senza risposte sul blocco del credito IVA
Mancano chiarimenti anche sulla perdita definitiva del credito
Potrebbe non essere necessario presentare un interpello alla DRE competente per chiedere la disapplicazione della nuova disciplina delle società di comodo così come emerge dai commi 36-quinquies e seguenti dell’art. 2 del DL n. 138/2011, se solo si conoscesse l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate in relazione alla nuova formulazione normativa in vigore dal periodo d’imposta 2012. Come noto, se nel triennio 2009-2011 la società è risultata in perdita ai fini delle imposte sui redditi o con due anni di perdita e uno con reddito insufficiente, la società nell’anno successivo (2012) si considera di comodo, a prescindere dal volume di ricavi (e incremento di rimanenze) medio realizzato nel triennio.
Intanto, sarebbe utile avere conferma che il superamento del reddito minimo in uno dei tre periodi d’imposta 2009-2011, oggetto di monitoraggio, a seguito dell’adeguamento dei ricavi a quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore è comunque utile ai fini di cui trattasi. In considerazione del disposto letterale della norma, che fa genericamente riferimento a “dichiarazioni in perdita fiscale”, non sembra che ci possano essere preclusioni al riguardo.
Inoltre, non è chiara la sorte del credito IVA nella nuova ipotesi di mancanza/insufficienza di reddito per tre periodi d’imposta consecutivi. In dottrina, si discute se già il credito IVA risultante al 1° gennaio 2012 risulti bloccato (e, dunque, utilizzabile solo IVA su IVA) o se occorra fare riferimento al credito IVA risultante dalla dichiarazione IVA dell’anno 2012. Chi scrive propende per la seconda soluzione, ma la risposta è anche in funzione dell’interpretazione che verrà fornita dall’Agenzia delle Entrate in relazione all’utilizzo delle esimenti: congruità studi, ricavi superiori all’attivo di Stato patrimoniale e così via (si veda “Acconto IRES al buio per le società di comodo” del 12 aprile 2012). Se, nel 2012, la società realizzerà una delle esimenti e, dunque, verrà considerata operativa nonostante il triennio precedente in perdita, sarebbe vessatorio avergli bloccato l’utilizzo del credito IVA risultante dalla dichiarazione per l’anno 2011, dal 1° gennaio 2012.
Per quanto riguarda, invece, la perdita definitiva del credito IVA, si osserva che in base alla norma non è sufficiente che la società risulti di comodo per tre periodi d’imposta consecutivi, ma occorre che l’ammontare del volume d’affari (risultante dalla dichiarazione IVA) sia stato anche inferiore ai ricavi medi minimi per tre anni consecutivi. Infatti, dal punto di vista letterale, il comma 36-decies del DL 138/2011 prevede che, “pur non ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, le società e gli enti ivi indicati che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d’imposta consecutivi sono considerati non operativi a decorrere dal successivo quarto periodo d’imposta ai fini e per gli effetti del citato articolo 30”.
Dunque, se è pacifico che la società in perdita triennale nel quarto anno deve il reddito minimo, l’IRAP minima e subisce il blocco del credito IVA, non è però affatto scontato che nell’ipotesi in cui sia in perdita cronica lo perda definitivamente alla fine del terzo anno consecutivo di perdite fiscali, considerando che occorre, a tal fine, un altro presupposto previsto dalla norma: “Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non inferiore all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi di imposta successivi”. Infatti, il modello di dichiarazione IVA nell’apposito riquadro prevede i codici da 1 a 4. Al codice 4, le istruzioni chiariscono: “società non operativa nell’anno oggetto di dichiarazione e nei due precedenti e che non ha effettuato nel triennio operazioni rilevanti ai fini dell’IVA non inferiori all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali di cui (…)”.
Dunque, in presenza di volume d’affari maggiore dei ricavi minimi, il credito non si perde mai. Laddove l’interpretazione dell’Agenzia dovesse essere diversa, significherebbe che ci si intende discostare dal tenore letterale della norma. Va detto che talvolta ciò accade e, in questi casi, ci si appella alla ratio della disposizione. Ma in tutta franchezza, ormai, comprendere o peggio giustificare la ratio della disciplina delle società di comodo è cosa assai complessa, in considerazione della nuova causa introdotta dal DL n. 138/2011. Non vi è neanche da sperare nelle risposte agli interpelli, con riferimento ai quali non è dato sapere, non essendo stata fornita alcuna casistica dal parte dell’Agenzia, quali possano essere gli elementi rilevanti e i punti di forza per ottenere un accoglimento dell’istanza. In definitiva, è probabile che si verificherà la corsa agli interpelli a cui si è già assistito nel recente passato.
/ Lelio CACCIAPAGLIA e Patrizia MARRA
Intanto, sarebbe utile avere conferma che il superamento del reddito minimo in uno dei tre periodi d’imposta 2009-2011, oggetto di monitoraggio, a seguito dell’adeguamento dei ricavi a quelli risultanti dall’applicazione degli studi di settore è comunque utile ai fini di cui trattasi. In considerazione del disposto letterale della norma, che fa genericamente riferimento a “dichiarazioni in perdita fiscale”, non sembra che ci possano essere preclusioni al riguardo.
Inoltre, non è chiara la sorte del credito IVA nella nuova ipotesi di mancanza/insufficienza di reddito per tre periodi d’imposta consecutivi. In dottrina, si discute se già il credito IVA risultante al 1° gennaio 2012 risulti bloccato (e, dunque, utilizzabile solo IVA su IVA) o se occorra fare riferimento al credito IVA risultante dalla dichiarazione IVA dell’anno 2012. Chi scrive propende per la seconda soluzione, ma la risposta è anche in funzione dell’interpretazione che verrà fornita dall’Agenzia delle Entrate in relazione all’utilizzo delle esimenti: congruità studi, ricavi superiori all’attivo di Stato patrimoniale e così via (si veda “Acconto IRES al buio per le società di comodo” del 12 aprile 2012). Se, nel 2012, la società realizzerà una delle esimenti e, dunque, verrà considerata operativa nonostante il triennio precedente in perdita, sarebbe vessatorio avergli bloccato l’utilizzo del credito IVA risultante dalla dichiarazione per l’anno 2011, dal 1° gennaio 2012.
Per quanto riguarda, invece, la perdita definitiva del credito IVA, si osserva che in base alla norma non è sufficiente che la società risulti di comodo per tre periodi d’imposta consecutivi, ma occorre che l’ammontare del volume d’affari (risultante dalla dichiarazione IVA) sia stato anche inferiore ai ricavi medi minimi per tre anni consecutivi. Infatti, dal punto di vista letterale, il comma 36-decies del DL 138/2011 prevede che, “pur non ricorrendo i presupposti di cui all’articolo 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, le società e gli enti ivi indicati che presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre periodi d’imposta consecutivi sono considerati non operativi a decorrere dal successivo quarto periodo d’imposta ai fini e per gli effetti del citato articolo 30”.
Dunque, se è pacifico che la società in perdita triennale nel quarto anno deve il reddito minimo, l’IRAP minima e subisce il blocco del credito IVA, non è però affatto scontato che nell’ipotesi in cui sia in perdita cronica lo perda definitivamente alla fine del terzo anno consecutivo di perdite fiscali, considerando che occorre, a tal fine, un altro presupposto previsto dalla norma: “Qualora per tre periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto non inferiore all’importo che risulta dalla applicazione delle percentuali di cui al comma 1, l’eccedenza di credito non è ulteriormente riportabile a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi di imposta successivi”. Infatti, il modello di dichiarazione IVA nell’apposito riquadro prevede i codici da 1 a 4. Al codice 4, le istruzioni chiariscono: “società non operativa nell’anno oggetto di dichiarazione e nei due precedenti e che non ha effettuato nel triennio operazioni rilevanti ai fini dell’IVA non inferiori all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali di cui (…)”.
Dunque, in presenza di volume d’affari maggiore dei ricavi minimi, il credito non si perde mai. Laddove l’interpretazione dell’Agenzia dovesse essere diversa, significherebbe che ci si intende discostare dal tenore letterale della norma. Va detto che talvolta ciò accade e, in questi casi, ci si appella alla ratio della disposizione. Ma in tutta franchezza, ormai, comprendere o peggio giustificare la ratio della disciplina delle società di comodo è cosa assai complessa, in considerazione della nuova causa introdotta dal DL n. 138/2011. Non vi è neanche da sperare nelle risposte agli interpelli, con riferimento ai quali non è dato sapere, non essendo stata fornita alcuna casistica dal parte dell’Agenzia, quali possano essere gli elementi rilevanti e i punti di forza per ottenere un accoglimento dell’istanza. In definitiva, è probabile che si verificherà la corsa agli interpelli a cui si è già assistito nel recente passato.
/ Lelio CACCIAPAGLIA e Patrizia MARRA
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