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lunedì 23 aprile 2012

operazioni straordinarie

Nello scambio di partecipazioni calcolo delle minusvalenze con il valore normale

L’Agenzia delle Entrate ha precisato che il regime del realizzo controllato ai sensi dell’art. 177 del TUIR opera solo in caso di plusvalenze
/ Sabato 21 aprile 2012
Il criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento, previsto dall’art. 177, comma 2 del TUIR ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente, non assume rilievo nel caso in cui dall’operazione emergano minusvalenze. Dette minusvalenze sono realizzate e quindi fiscalmente riconosciute solo in presenza di un valore normale delle partecipazioni nella società scambiata inferiore al rispettivo costo fiscale.
Questo, in estrema sintesi, il principio affermato dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 38 di ieri, con riferimento allo scambio di partecipazioni mediante conferimento previsto dall’art. 177, comma 2 del TUIR.
Tale disposizione prevede che le partecipazioni ricevute a seguito di conferimenti in società, mediante i quali la società conferitaria acquisisce il controllo di un’altra società ovvero incrementa la sua percentuale di controllo, ai fini della determinazione del reddito del conferente, sono valutate in base alla corrispondente quota di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento.
Come correttamente affermato dall’Agenzia, i riflessi reddituali dell’operazione sono strettamenti collegati al comportamento contabile adottato dalla società conferitaria.
Se l’aumento di patrimonio netto della conferitaria è pari all’ultimo valore fiscale della partecipazione conferita si arriva anche ad avere un’operazione in regime di neutralità indotta.
Nel caso sottoposto all’attenzione dell’Agenzia, i contribuenti intendevano effettuare un conferimento ad un valore inferiore rispetto a quello di fiscale, determinando così una potenziale minusvalenza.
Le ragioni di tale scelta risiedevano nel fatto che il costo fiscale delle partecipazioni in capo ai conferenti non era allineato; in particolare, gli eredi di un socio dovevano assumere quale costo fiscalmente riconosciuto quello dichiarato ai fini dell’imposta di successione, molto più elevato rispetto agli altri.
Al fine, quindi, di effettuare l’operazione in un sostanziale regime di neutralità, i contribuenti avevano ipotizzato di determinare l’incremento di patrimonio netto in base al costo fiscale più basso.
In questo modo, una parte dei soci avrebbe evidenziato una rilevante minusvalenza.
Se si è inteso correttamente (ma della domanda si conoscono solo gli estratti riportati nella risoluzione), oggetto dell’interpello non era tanto la possibilità di dedurre tale minusvalenza, quanto piuttosto la conferma della legittimità dell’operazione.
L’Agenzia delle Entrate si è, in particolare, soffermata sul primo aspetto, negando la deducibilità fiscale della minusvalenza.
Nella risoluzione n. 38 si osserva che, non essendovi un esplicito riferimento alla determinazione della minusvalenza, né nell’art. 177, comma 2 del TUIR (il quale parla di “determinazione del reddito del conferente”), né nella relazione illustrativa, non opera nel caso di specie la deroga al valore normale.
Pertanto la minusvalenza può considerarsi realizzata e fiscalmente deducibile solo se determinata in base al valore normale, vale a dire quando il minor valore della partecipazione conferita iscritto nella società conferitaria trovi corrispondenza in un effettivo minor valore della rispettiva frazione di patrimonio netto della società partecipata.

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