reddito d'impresa
Comunque deducibili i compensi degli amministratori non deliberati
Lo ha stabilito la Provinciale di Milano, anche quando la specifica delibera dei soci li ha previsti in misura inferiore
È nullo l’avviso di accertamento con cui l’Ufficio ha recuperato a tassazione la differenza tra l’importo totale dei compensi amministrativi erogati e quello inferiore risultante dalla delibera dei soci con cui è stata determinata l’entità di tali compensi. È quanto stabilito dalla C.T. Prov. di Milano, con la sentenza n. 48/21/12 del 2 marzo scorso.
Una srl aveva corrisposto nel 2006 dei compensi ai vari membri del CdA, che, poi, li avevano ovviamente assoggettati ad IRPEF. La società aveva integralmente dedotto tali emolumenti ai sensi dell’art. 95, comma 5 del TUIR, in base al quale i compensi spettanti agli amministratori delle società di capitali sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti. L’Agenzia delle Entrate, però, in sede di accertamento, rilevava che la delibera dei soci del 2003, con cui erano stati determinanti gli importi dei compensi amministrativi, li fissava in misura inferiore di circa 100.000 euro rispetto a quelli effettivamente erogati nel corso del 2006 ai membri del CdA. Conseguentemente, il Fisco recuperava a tassazione la differenza, per violazione del principio generale di inerenza delle componenti negative di reddito di cui all’art. 109, comma 5 del TUIR.
La società proponeva ricorso, eccependo che, sui compensi erogati, i soggetti beneficiari avevano scontato la relativa IRPEF e, pertanto, ritenendoli indeducibili dal reddito d’impresa, alla stregua di quanto accertato dall’Agenzia delle Entrate, sugli stessi importi sarebbe stata versata anche l’IRES: la medesima fattispecie (i compensi), così, sarebbe stata assoggettata ad imposizione per ben due volte, una ai fini IRES e l’altra ai fini IRPEF.
L’Ufficio resisteva, richiamando giurisprudenza di legittimità a suo sostegno. Benché non espressamente indicato in sentenza, il riferimento desumibile dal contesto sembrerebbe essere quello alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 21933 del 2008, con cui è stato stabilito, soltanto sotto il profilo civilistico, che l’attribuzione e la determinazione dei compensi da corrispondere agli amministratori di società deve essere contenuta in apposita deliberazione adottata da parte dell’assemblea dei soci e non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio. Da ciò, il Fisco ha, poi, desunto che, in assenza di tale specifica deliberazione, i compensi diventino indeducibili dal reddito della società erogante, per mancanza del necessario presupposto.
La Commissione, però, non ha condiviso la tesi della difesa erariale e ha deciso che il Fisco non poteva pretendere di incassare sugli stessi compensi amministrativi erogati nel 2006 sia l’IRPEF dei consiglieri che l’IRES della società. Per tale anno d’imposta, quindi, doveva ritenersi che la delibera di approvazione del bilancio, recante gli importi effettivamente poi erogati, fosse idonea a configurare la specifica delibera di determinazione del compenso e, quindi, a legittimare la deducibilità del costo. Infatti, secondo i giudici milanesi, il principio sancito dall’anzidetta giurisprudenza di legittimità troverebbe applicazione soltanto per gli anni successivi a quello di accertamento, che risultava ad esso antecedente. Di conseguenza, il ricorso della contribuente è stato accolto e la pretesa del Fisco annullata.
La sentenza in commento stabilisce, così, la deducibilità integrale dei compensi effettivamente erogati dalla società, anche quando la specifica delibera li abbia previsti in misura inferiore. Peraltro, si segnala anche che una parte della dottrina e dei giudici tributari, come la Provinciale di Milano, ritiene che siano comunque sempre deducibili i compensi amministrativi erogati dalle società di capitali, a prescindere dall’esistenza di una specifica delibera assembleare (cfr., tra le altre, C.T. Reg. di Firenze n. 170 del 25 novembre 2008; C.T. Reg. di Milano n. 36 del 31 marzo 2006). Di diverso avviso, invece, e quindi a favore della tesi dell’indeducibilità, si è dimostrata un’altra parte della giurisprudenza di merito (C.T. Prov. di Reggio Emilia n. 186 del 18 ottobre 2010; C.T. Prov. di Alessandria n. 86/5/11 del 23 novembre 2011).
/ Alessandro BORGOGLIO
FONTE:EUTEKNE
Una srl aveva corrisposto nel 2006 dei compensi ai vari membri del CdA, che, poi, li avevano ovviamente assoggettati ad IRPEF. La società aveva integralmente dedotto tali emolumenti ai sensi dell’art. 95, comma 5 del TUIR, in base al quale i compensi spettanti agli amministratori delle società di capitali sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti. L’Agenzia delle Entrate, però, in sede di accertamento, rilevava che la delibera dei soci del 2003, con cui erano stati determinanti gli importi dei compensi amministrativi, li fissava in misura inferiore di circa 100.000 euro rispetto a quelli effettivamente erogati nel corso del 2006 ai membri del CdA. Conseguentemente, il Fisco recuperava a tassazione la differenza, per violazione del principio generale di inerenza delle componenti negative di reddito di cui all’art. 109, comma 5 del TUIR.
La società proponeva ricorso, eccependo che, sui compensi erogati, i soggetti beneficiari avevano scontato la relativa IRPEF e, pertanto, ritenendoli indeducibili dal reddito d’impresa, alla stregua di quanto accertato dall’Agenzia delle Entrate, sugli stessi importi sarebbe stata versata anche l’IRES: la medesima fattispecie (i compensi), così, sarebbe stata assoggettata ad imposizione per ben due volte, una ai fini IRES e l’altra ai fini IRPEF.
L’Ufficio resisteva, richiamando giurisprudenza di legittimità a suo sostegno. Benché non espressamente indicato in sentenza, il riferimento desumibile dal contesto sembrerebbe essere quello alla pronuncia delle Sezioni Unite n. 21933 del 2008, con cui è stato stabilito, soltanto sotto il profilo civilistico, che l’attribuzione e la determinazione dei compensi da corrispondere agli amministratori di società deve essere contenuta in apposita deliberazione adottata da parte dell’assemblea dei soci e non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio. Da ciò, il Fisco ha, poi, desunto che, in assenza di tale specifica deliberazione, i compensi diventino indeducibili dal reddito della società erogante, per mancanza del necessario presupposto.
La Commissione, però, non ha condiviso la tesi della difesa erariale e ha deciso che il Fisco non poteva pretendere di incassare sugli stessi compensi amministrativi erogati nel 2006 sia l’IRPEF dei consiglieri che l’IRES della società. Per tale anno d’imposta, quindi, doveva ritenersi che la delibera di approvazione del bilancio, recante gli importi effettivamente poi erogati, fosse idonea a configurare la specifica delibera di determinazione del compenso e, quindi, a legittimare la deducibilità del costo. Infatti, secondo i giudici milanesi, il principio sancito dall’anzidetta giurisprudenza di legittimità troverebbe applicazione soltanto per gli anni successivi a quello di accertamento, che risultava ad esso antecedente. Di conseguenza, il ricorso della contribuente è stato accolto e la pretesa del Fisco annullata.
La sentenza in commento stabilisce, così, la deducibilità integrale dei compensi effettivamente erogati dalla società, anche quando la specifica delibera li abbia previsti in misura inferiore. Peraltro, si segnala anche che una parte della dottrina e dei giudici tributari, come la Provinciale di Milano, ritiene che siano comunque sempre deducibili i compensi amministrativi erogati dalle società di capitali, a prescindere dall’esistenza di una specifica delibera assembleare (cfr., tra le altre, C.T. Reg. di Firenze n. 170 del 25 novembre 2008; C.T. Reg. di Milano n. 36 del 31 marzo 2006). Di diverso avviso, invece, e quindi a favore della tesi dell’indeducibilità, si è dimostrata un’altra parte della giurisprudenza di merito (C.T. Prov. di Reggio Emilia n. 186 del 18 ottobre 2010; C.T. Prov. di Alessandria n. 86/5/11 del 23 novembre 2011).
Giurisprudenza di legittimità più a favore del Fisco
La Cassazione, al di là della pronuncia del 2008, era già intervenuta sulla questione con la sentenza n. 23872/2007, con cui aveva sostanzialmente stabilito che è di per sé sintomatico di un intento evasivo la mancanza di previa deliberazione dell’assemblea della società riguardo alla misura dei compensi amministrativi, come espressamente richiedono gli artt. 2364, n. 3, e 2389 c.c. Conseguentemente, tali compensi erano stati ritenuti indeducibili, stante l’inesistenza di tale specifica deliberazione./ Alessandro BORGOGLIO
FONTE:EUTEKNE
Nessun commento:
Posta un commento