Revisione legale
Relazione di revisione, occhi puntati sulla continuità dell’azienda
Le criticità aumentano in situazioni di crisi economica come quelle attuali
/ Lunedì 23 aprile 2012
Uno degli aspetti su cui il soggetto
incaricato della revisione legale deve prestare maggiore attenzione
nell’esprimere il proprio giudizio sul bilancio è la sussistenza del
presupposto della continuità aziendale.
Ciò appare tanto più vero nell’attuale situazione di crisi economica. Se, da un lato, infatti, aumenta il rischio che le valutazioni operate dagli amministratori siano volte ad incrementare il risultato dell’esercizio e, quindi, il patrimonio netto dell’impresa, piuttosto che alla corretta applicazione dei principi contabili di riferimento, determinando – nei casi più gravi – un bilancio non conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione, in quanto non veritiero e corretto, dall’altro lato, nell’attuale contesto economico, cresce il rischio che il presupposto stesso sui cui si basa la preparazione del bilancio, cioè la continuità aziendale, venga meno.
Ai sensi dell’art. 2423-bis comma 1 n. 1 c.c., “la valutazione delle voci deve essere fatta ... nella prospettiva della continuazione dell’attività”. Tale principio è coerente con lo scopo del bilancio d’esercizio, che è volto a fornire informazioni patrimoniali, finanziarie ed economiche di un’impresa in funzionamento, cioè di un’impresa caratterizzata da continuità operativa, e non in situazioni particolari, quali la cessione o la liquidazione.
In mancanza di evidenze contrarie, quindi, la preparazione del bilancio è effettuata sul presupposto della continuità dell’attività dell’impresa per un periodo futuro, generalmente non eccedente l’anno dalla data di chiusura del bilancio. In coerenza con tale presupposto, le attività e le passività sono rilevate ritenendo che l’impresa sia in grado di realizzarle, ovvero estinguerle, nel normale svolgimento della sua attività.
Qualora tale presupposto fosse ingiustificato, l’impresa potrebbe non essere in grado di realizzare le attività per il valore riportato in bilancio e potrebbero esservi mutamenti negli importi e nelle scadenze delle passività. In questo caso, gli importi e le classificazioni riportate in bilancio potrebbero dover essere rettificate.
Il revisore deve, quindi, considerare il rischio che il presupposto della continuità aziendale possa non essere più appropriato.
Le indicazioni del fatto che la continuità aziendale debba essere messa in dubbio possono emergere sia dal bilancio che da altre fonti. Il principio di revisione CNDCEC n. 570 suggerisce, in merito, di prendere in esame indicatori finanziari, indicatori gestionali e indicatori di altro tipo.
Tra gli indicatori finanziari vi sono, ad esempio, situazioni di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo; presenza di prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine; indici economico-finanziari negativi o in costante peggioramento; consistenti perdite d’esercizio; mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi; impossibilità di saldare i debiti e di incassare i crediti alla scadenza; difficoltà nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti; peggioramento delle condizioni di pagamento concesse dai fornitori; incapacità di ottenere i finanziamenti necessari per lo sviluppo di nuovi prodotti o per altri investimenti.
Costituiscono, invece, indicatori gestionali, a titolo semplificativo, le dimissioni dei sindaci o di componenti di altri organi di governance; la perdita (senza sostituzione) di personale a livello dirigenziale; la perdita di mercati fondamentali, di contratti di franchising, di concessioni o di fornitori importanti; le difficoltà nella gestione del personale; la scarsità di rifornimenti fondamentali.
Altri indicatori della mancanza di continuità aziendale sono, poi, la riduzione del capitale per perdite (art. 2446 c.c.) o la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale (art. 2447 c.c.), oppure la presenza di contenzioni legali o fiscali che, in caso di soccombenza, potrebbero portare a condanne che l’impresa non è in grado di sopportare.
Il principio di revisione sottolinea, peraltro, che l’esistenza di uno o più degli indicatori esaminati non implica, necessariamente, che la continuità aziendale debba essere messa in discussione. Infatti, la gravità di tali indicazioni può spesso essere attenuata da altri fattori.
Ad esempio, la perdita di un importante fornitore non costituisce indicatore della mancanza del presupposto della continuità aziendale se è colmata da un’adeguata fonte alternativa di rifornimento; oppure il fatto che l’impresa non sia in grado di saldare i debiti ordinari può essere considerato non significativo ai fini della continuità aziendale nel caso in cui, ad esempio, sia compensato da una decisione aziendale volta al mantenimento di adeguati flussi di cassa con strumenti alternativi, quali la cessione di beni, la ridefinizione dei termini di pagamento dei prestiti o l’incremento del capitale.
Ciò appare tanto più vero nell’attuale situazione di crisi economica. Se, da un lato, infatti, aumenta il rischio che le valutazioni operate dagli amministratori siano volte ad incrementare il risultato dell’esercizio e, quindi, il patrimonio netto dell’impresa, piuttosto che alla corretta applicazione dei principi contabili di riferimento, determinando – nei casi più gravi – un bilancio non conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione, in quanto non veritiero e corretto, dall’altro lato, nell’attuale contesto economico, cresce il rischio che il presupposto stesso sui cui si basa la preparazione del bilancio, cioè la continuità aziendale, venga meno.
Ai sensi dell’art. 2423-bis comma 1 n. 1 c.c., “la valutazione delle voci deve essere fatta ... nella prospettiva della continuazione dell’attività”. Tale principio è coerente con lo scopo del bilancio d’esercizio, che è volto a fornire informazioni patrimoniali, finanziarie ed economiche di un’impresa in funzionamento, cioè di un’impresa caratterizzata da continuità operativa, e non in situazioni particolari, quali la cessione o la liquidazione.
In mancanza di evidenze contrarie, quindi, la preparazione del bilancio è effettuata sul presupposto della continuità dell’attività dell’impresa per un periodo futuro, generalmente non eccedente l’anno dalla data di chiusura del bilancio. In coerenza con tale presupposto, le attività e le passività sono rilevate ritenendo che l’impresa sia in grado di realizzarle, ovvero estinguerle, nel normale svolgimento della sua attività.
Qualora tale presupposto fosse ingiustificato, l’impresa potrebbe non essere in grado di realizzare le attività per il valore riportato in bilancio e potrebbero esservi mutamenti negli importi e nelle scadenze delle passività. In questo caso, gli importi e le classificazioni riportate in bilancio potrebbero dover essere rettificate.
Il revisore deve, quindi, considerare il rischio che il presupposto della continuità aziendale possa non essere più appropriato.
Le indicazioni del fatto che la continuità aziendale debba essere messa in dubbio possono emergere sia dal bilancio che da altre fonti. Il principio di revisione CNDCEC n. 570 suggerisce, in merito, di prendere in esame indicatori finanziari, indicatori gestionali e indicatori di altro tipo.
Tra gli indicatori finanziari vi sono, ad esempio, situazioni di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo; presenza di prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine; indici economico-finanziari negativi o in costante peggioramento; consistenti perdite d’esercizio; mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi; impossibilità di saldare i debiti e di incassare i crediti alla scadenza; difficoltà nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti; peggioramento delle condizioni di pagamento concesse dai fornitori; incapacità di ottenere i finanziamenti necessari per lo sviluppo di nuovi prodotti o per altri investimenti.
Costituiscono, invece, indicatori gestionali, a titolo semplificativo, le dimissioni dei sindaci o di componenti di altri organi di governance; la perdita (senza sostituzione) di personale a livello dirigenziale; la perdita di mercati fondamentali, di contratti di franchising, di concessioni o di fornitori importanti; le difficoltà nella gestione del personale; la scarsità di rifornimenti fondamentali.
Altri indicatori della mancanza di continuità aziendale sono, poi, la riduzione del capitale per perdite (art. 2446 c.c.) o la riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale (art. 2447 c.c.), oppure la presenza di contenzioni legali o fiscali che, in caso di soccombenza, potrebbero portare a condanne che l’impresa non è in grado di sopportare.
Il principio di revisione sottolinea, peraltro, che l’esistenza di uno o più degli indicatori esaminati non implica, necessariamente, che la continuità aziendale debba essere messa in discussione. Infatti, la gravità di tali indicazioni può spesso essere attenuata da altri fattori.
Ad esempio, la perdita di un importante fornitore non costituisce indicatore della mancanza del presupposto della continuità aziendale se è colmata da un’adeguata fonte alternativa di rifornimento; oppure il fatto che l’impresa non sia in grado di saldare i debiti ordinari può essere considerato non significativo ai fini della continuità aziendale nel caso in cui, ad esempio, sia compensato da una decisione aziendale volta al mantenimento di adeguati flussi di cassa con strumenti alternativi, quali la cessione di beni, la ridefinizione dei termini di pagamento dei prestiti o l’incremento del capitale.
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