La Consulta conferma la sospendibilità per le sentenze tributarie
Dovrebbe essere pacifica la possibilità di sospendere sia le sentenze di primo grado che quelle di appello
Poco tempo fa (si veda “Torna alla Consulta la sospendibilità delle sentenze” del 16 aprile 2012) avevamo messo in risalto il fatto che fosse stata nuovamente rimessa all’esame della Corte Costituzionale la questione concernente la possibilità di sospendere le sentenze del giudice tributario, in quanto per il giudice a quo la precedente sentenza n. 217/2010 non era convincente.Con la sentenza n. 109/2012, pubblicata ieri sul sito internet della Corte, detta pronuncia è però stata confermata integralmente.
Le osservazioni della Corte Costituzionale non dovrebbero lasciare quindi più dubbi in merito all’applicabilità, nel processo tributario:
- dell’art. 373 c.p.c., relativo alla possibilità, per il giudice di appello, di sospendere la sentenza dallo stesso emessa e impugnata mediante ricorso per Cassazione;
- dell’art. 283 c.p.c., relativo alla possibilità, per il giudice di appello, di sospendere la sentenza di primo grado.
In base alla sentenza n. 109/2012, non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 49 del DLgs. 546/92, nella parte in cui, così come erroneamente interpretata dal giudice di merito, esclude, nel contenzioso tributario, la possibilità di sospendere gli effetti delle sentenze.
I giudici costituzionali rilevano in primo luogo che la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 217 del 17 giugno 2010, ha dichiarato infondata la questione sostenendo che, mediante un’interpretazione costituzionalmente orientata, è possibile pervenire ad una diversa conclusione.
Nella menzionata decisione, il Giudice delle Leggi, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità dell’art. 49 del DLgs. 546/92, aveva chiarito che, siccome l’art. 49 prevede l’inapplicabilità dell’art. 337 c.p.c. (relativo all’esecutività delle sentenze) e, a sua volta, tale norma contempla un’ulteriore eccezione alla regola (l’art. 337 c.p.c. sancisce che le sentenze non sono sospese per effetto dell’impugnazione, eccezion fatta per gli artt. 373 e 283 c.p.c., che abilitano il giudice di appello a sospendere le sentenze, in costanza di determinati presupposti), l’inapplicabilità della regola dell’art. 337 c.p.c. non comporta necessariamente l’inapplicabilità anche “delle sopraindicate eccezioni alla regola e, quindi, non esclude di per sé la sospendibilità ope iudicis dell’esecuzione della sentenze di appello impugnata per Cassazione”.
In base ad una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, quindi, anche nel rito fiscale era stata sancita la possibilità di sospensione delle sentenze, determinando che la tutela cautelare non poteva più ritenersi circoscritta al primo grado di giudizio.
Vince l’interpretazione costituzionalmente orientata
Inoltre, prosegue la Consulta, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 2845 del 24 febbraio 2012, si è uniformata al principio affermato con la sentenza n. 217/2010, così come lo stesso giudice a quo con la pronuncia del 20 giugno 2011.Come ulteriore affermazione, non è possibile sostenere, come fatto nell’ordinanza di rimessione, che il sistema processuale tributario prevede la sospensione, in appello, delle sole sanzioni (art. 19 del DLgs. 472/97), siccome tale norma concerne la sospensione degli effetti dell’atto impugnato e non la sospensione delle sentenze.
In effetti, tale precisazione appare poco persuasiva da un punto di vista anche pratico: il sistema prevede che le sanzioni possano essere sospese dal giudice di appello semplicemente perché, in primo grado, esse non possono essere riscosse (salvo alcune eccezioni come nella liquidazione automatica). In realtà il primo grado si svolge in appello, proprio a causa del particolare regime di riscossione in pendenza di giudizio contemplato per le sanzioni (dato dal combinato disposto degli artt. 19 del DLgs. 472/97 e 68 del DLgs. 546/92).
/ Alfio CISSELLO
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