Contenzioso
Reclamo «particolare» per le liti di rimborso
Se il Fisco non paga, per la circolare n. 9/2012 la mediazione è comunque perfezionata
È ormai chiaro che il procedimento di reclamo opera anche per le liti che scaturiscono da dinieghi di rimborso, siano essi dinieghi espressi o taciti.
La circolare n. 9/2012, sul punto, afferma peraltro che, per la determinazione del valore della lite, si deve fare riferimento all’importo dell’imposta richiesta in restituzione per ciascun periodo d’imposta e non per ciascuna istanza: adottando questa interpretazione, l’ambito applicativo del reclamo si amplia, in quanto sono soggetti a reclamo praticamente tutti i dinieghi sul rimborso IRAP dei piccoli professionisti.
In queste ultime ipotesi, tra l’altro, non si vede l’utilità della mediazione, posto che se non c’è autonoma organizzazione, viene meno il presupposto impositivo, quindi l’unica soluzione è l’accoglimento totale del reclamo.
Tanto premesso, è bene esaminare le puntualizzazioni della circolare n. 9/2012 in tema di mediazione nelle liti di rimborso: per l’Agenzia delle Entrate, se le parti trovano un accordo, si può stipulare la mediazione, successivamente vi è l’obbligo di restituzione delle somme ad opera dell’Ufficio (il termine ultimo, analogamente a quanto avviene in tema di conciliazione giudiziale, dovrebbe essere di venti giorni dalla sottoscrizione dell’accordo di mediazione).
L’accoglimento dell’istanza determina, per la circolare, “senz’altro” il venir meno dell’interesse ad agire in giudizio e rende inammissibile la relativa azione. Eventuali controversie rientrerebbero, a questo punto, nella giurisdizione ordinaria.
Ciò necessita di approfondite specificazioni che in seguito si cercherà di sintetizzare.
Ancora una volta tutto dipende dalla natura giuridica del reclamo, posto che solo se ad esso si intenda attribuire natura amministrativa, l’assunto dell’Agenzia è accettabile.
In altri termini, la giurisprudenza di Cassazione (citata anche dall’Agenzia delle Entrate) ha da sempre sostenuto che, dal momento in cui il diritto di credito del contribuente è formalmente riconosciuto dall’Ufficio, la questione concerne un comune indebito oggettivo e non più una questione fiscale, da qui l’esclusione della giurisdizione tributaria e il “sopravvento” di quella ordinaria.
Questo è vero a condizione, ovviamente, che non si sia ancora entrati in fase contenziosa, ovvero che il contribuente non abbia impugnato il diniego in C.T. Prov.
Se il contribuente forma la domanda di rimborso e l’Ufficio riconosce il credito, allora dopo, se non c’è la restituzione degli importi, si può chiedere al Tribunale la condanna al versamento.
Non è così se l’Ufficio ha prima opposto il diniego e poi riconosciuto il credito a processo instaurato, poichè, come già evidenziato (si veda “Per estinguere il giudizio, il Fisco deve erogare le somme da rimborso” del 12 marzo 2012), in tal caso il processo si estingue solo con l’erogazione degli importi e non di certo con l’intenzione di corrisponderli. Nè si può sostenere che, una volta avvenuto il riconoscimento, venga subito meno la giurisdizione tributaria (sarebbe troppo comodo per gli Uffici: il credito è riconosciuto, il processo viene meno, poi se mancano i fondi occorre munirsi di avvocato e rivolgersi al Tribunale per ottenere una condanna che avrebbe potuto emettere il giudice fiscale, perdendo anche il diritto al giudizio di ottemperanza).
La natura giuridica del reclamo non è ancora ben delineata, quindi allo stato attuale il problema è aperto.
Questo dal lato strettamente tecnico: sul versante operativo, o meglio logico, la differenza tra Fisco e contribuente è in questo caso abissale.
Ove il contribuente, per mancanza di fondi, non versi la prima rata di mediazione o le rate successive, può esserci, a seconda dei casi, la necessità di depositare il ricorso o l’integrale riscossione delle somme con sanzioni del 60% del residuo dovuto a titolo di tributo.
Qualora, invece, sia l’Ufficio a non pagare, non succede in automatico assolutamente nulla e, se si accetta la tesi della circolare (sul motivo squisitamente tecnico relativo alla natura amministrativa del reclamo), il rimborso viene “congelato” e, se al contribuente va bene, egli può aspettare anche vari anni prima dell’incasso In caso contrario deve munirsi di avvocato e affrontare un lungo e costoso processo civile per ottenere una condanna al rimborso e per poi affrontare altri problemi sul versante espropriativo, se l’inadempienza persistesse.
/ Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE
La circolare n. 9/2012, sul punto, afferma peraltro che, per la determinazione del valore della lite, si deve fare riferimento all’importo dell’imposta richiesta in restituzione per ciascun periodo d’imposta e non per ciascuna istanza: adottando questa interpretazione, l’ambito applicativo del reclamo si amplia, in quanto sono soggetti a reclamo praticamente tutti i dinieghi sul rimborso IRAP dei piccoli professionisti.
In queste ultime ipotesi, tra l’altro, non si vede l’utilità della mediazione, posto che se non c’è autonoma organizzazione, viene meno il presupposto impositivo, quindi l’unica soluzione è l’accoglimento totale del reclamo.
Tanto premesso, è bene esaminare le puntualizzazioni della circolare n. 9/2012 in tema di mediazione nelle liti di rimborso: per l’Agenzia delle Entrate, se le parti trovano un accordo, si può stipulare la mediazione, successivamente vi è l’obbligo di restituzione delle somme ad opera dell’Ufficio (il termine ultimo, analogamente a quanto avviene in tema di conciliazione giudiziale, dovrebbe essere di venti giorni dalla sottoscrizione dell’accordo di mediazione).
L’accoglimento dell’istanza determina, per la circolare, “senz’altro” il venir meno dell’interesse ad agire in giudizio e rende inammissibile la relativa azione. Eventuali controversie rientrerebbero, a questo punto, nella giurisdizione ordinaria.
Ciò necessita di approfondite specificazioni che in seguito si cercherà di sintetizzare.
Ancora una volta tutto dipende dalla natura giuridica del reclamo, posto che solo se ad esso si intenda attribuire natura amministrativa, l’assunto dell’Agenzia è accettabile.
In altri termini, la giurisprudenza di Cassazione (citata anche dall’Agenzia delle Entrate) ha da sempre sostenuto che, dal momento in cui il diritto di credito del contribuente è formalmente riconosciuto dall’Ufficio, la questione concerne un comune indebito oggettivo e non più una questione fiscale, da qui l’esclusione della giurisdizione tributaria e il “sopravvento” di quella ordinaria.
Questo è vero a condizione, ovviamente, che non si sia ancora entrati in fase contenziosa, ovvero che il contribuente non abbia impugnato il diniego in C.T. Prov.
Se il contribuente forma la domanda di rimborso e l’Ufficio riconosce il credito, allora dopo, se non c’è la restituzione degli importi, si può chiedere al Tribunale la condanna al versamento.
Non è così se l’Ufficio ha prima opposto il diniego e poi riconosciuto il credito a processo instaurato, poichè, come già evidenziato (si veda “Per estinguere il giudizio, il Fisco deve erogare le somme da rimborso” del 12 marzo 2012), in tal caso il processo si estingue solo con l’erogazione degli importi e non di certo con l’intenzione di corrisponderli. Nè si può sostenere che, una volta avvenuto il riconoscimento, venga subito meno la giurisdizione tributaria (sarebbe troppo comodo per gli Uffici: il credito è riconosciuto, il processo viene meno, poi se mancano i fondi occorre munirsi di avvocato e rivolgersi al Tribunale per ottenere una condanna che avrebbe potuto emettere il giudice fiscale, perdendo anche il diritto al giudizio di ottemperanza).
Occorre chiarire la natura giuridica del reclamo
Se
così stanno le cose, solo attribuendo al reclamo natura amministrativa
può essere accettato che, dopo l’accordo, se le somme, magari per
esigenze di bilancio, non vengono restituite, si dovrà adire il
Tribunale.La natura giuridica del reclamo non è ancora ben delineata, quindi allo stato attuale il problema è aperto.
Questo dal lato strettamente tecnico: sul versante operativo, o meglio logico, la differenza tra Fisco e contribuente è in questo caso abissale.
Ove il contribuente, per mancanza di fondi, non versi la prima rata di mediazione o le rate successive, può esserci, a seconda dei casi, la necessità di depositare il ricorso o l’integrale riscossione delle somme con sanzioni del 60% del residuo dovuto a titolo di tributo.
Qualora, invece, sia l’Ufficio a non pagare, non succede in automatico assolutamente nulla e, se si accetta la tesi della circolare (sul motivo squisitamente tecnico relativo alla natura amministrativa del reclamo), il rimborso viene “congelato” e, se al contribuente va bene, egli può aspettare anche vari anni prima dell’incasso In caso contrario deve munirsi di avvocato e affrontare un lungo e costoso processo civile per ottenere una condanna al rimborso e per poi affrontare altri problemi sul versante espropriativo, se l’inadempienza persistesse.
/ Alfio CISSELLO
FONTE:EUTEKNE
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