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Ricorsi Tributari

sabato 7 aprile 2012

ilcasodelgiorno

Ricorso introduttivo sottoscritto dal contribuente a rischio inammissibilità

Per cause di valore superiore a 2.582,28 euro necessaria la sottoscrizione del difensore delegato, unico titolare ex lege di tale potere
/ Sabato 07 aprile 2012
Il ricorso introduttivo, per cause di valore superiore a 2.582,28 euro, deve essere sottoscritto soltanto dal difensore incaricato dal contribuente. L’apposizione della sola firma del contribuente, che pur ha delegato un professionista abilitato all’assistenza in giudizio, invece, comporta l’inammissibilità del ricorso, secondo la C.T. Reg. di Torino. Con la sentenza n. 19/34/12 del 22 marzo 2012, i giudici piemontesi hanno stabilito che, in tal caso, il ricorso non risulta sottoscritto dall’unico soggetto titolare ex lege di tale potere, ovvero il difensore.
Al di là delle cause di valore inferiore al predetto limite, per cui l’art. 12, comma 5, del DLgs. 546/1992 prevede la possibilità per il contribuente di stare in giudizio personalmente, senza l’assistenza tecnica di un professionista abilitato, per quelle di valore superiore, invece, l’art. 18, comma 3, dello stesso decreto stabilisce che il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente e contenere l’indicazione dell’incarico (procura ad litem). Ai sensi del successivo comma 4, il ricorso è inammissibile se non è sottoscritto ai sensi del precedente comma 3.
Nel caso sottoposto al vaglio dei giudici regionali, il ricorso introduttivo, relativo ad una causa di valore superiore al predetto limite, era stato sottoscritto soltanto dal contribuente, che nell’atto aveva anche conferito la procura alla lite al suo difensore, il quale, però, aveva sottoscritto la stessa “per accettazione nomina”, ma senza sottoscrivere il testo del ricorso che risultava presentato, così, soltanto dal contribuente.
Il collegio di primo grado aveva decretato l’inammissibilità di tale ricorso per violazione del già menzionato art. 18, attesa l’assenza di sottoscrizione da parte del difensore a tal fine delegato.
I giudici del riesame, investiti della questione, hanno chiarito che si trattava di un’ipotesi diversa da quella di cui al predetto art. 12, comma 5, del DLgs. 546/1992, che consente al giudice di ordinare al contribuente che ha presentato personalmente ricorso, perché relativo ad una causa di valore inferiore al succitato limite, di conferire l’incarico ad un difensore abilitato. Oltretutto dai fatti di causa era emerso con chiarezza che nell’atto la procura era già stata conferita dal contribuente e sottoscritta per accettazione dal difensore. Pertanto, secondo i giudici di merito, soltanto quest’ultimo era legittimato a sottoscrivere il ricorso introduttivo. In assenza di tale sottoscrizione, l’atto doveva considerarsi tamquam non esset, quindi inammissibile.
Difetto di sottoscrizione non sanabile
Mette conto di evidenziare, a tal proposito, che in dette ipotesi, dovrebbe trovare applicazione l’art. 182 c.p.c., non a caso invocato in appello dal ricorrente, in base al quale, a seguito delle modifiche introdotte dal comma 2 dell’art. 46 della L. 69/2009, quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione. Nel caso di specie, però, i giudici di merito non hanno probabilmente ritenuto che il difetto di sottoscrizione da parte del difensore rientrasse tra quelli sanabili previsti dal predetto art. 182.
Infine, rimanendo ancorati alla specifica fattispecie in esame con la pronuncia in commento, la Suprema Corte, con la sentenza n. 17359/2003, seppur in relazione al ricorso per Cassazione, ha stabilito che l’atto è ammissibile qualora l’avvocato, pur non avendone firmato il testo, abbia sottoscritto il mandato ad litem, apposto in calce all’atto, per autenticare la firma del mandante, valendo tale sottoscrizione anche a far proprio il ricorso precedentemente esteso, al quale fa logico e necessario riferimento (nello stesso senso, Cass. n. 768/1964, n. 1869/1972, n. 293/1974).

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