Immobili
IMU, doppio calcolo per l’acconto
Il Ddl. di conversione del DL 16/2012,
approvato dalla Camera, aggiunge complicazioni al doppio conteggio per i
versamenti a Stato e Comuni
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 35 del 12 aprile 2012, introducendo i codici tributo per il versamento dell’IMU ha svelato quali saranno le modalità operative per il versamento della quota del tributo di spettanza dello Stato,
obbligando il contribuente a un doppio conteggio sia in sede di
versamento dell’acconto che del saldo dell’imposta. A questo si
aggiungono le complicazioni tecniche introdotte
dagli emendamenti al DL 16/2012, il cui Ddl. di conversione ha ottenuto
ieri il via libera dalla Camera dopo il voto di fiducia.
Ma andiamo con ordine.
L’art. 13, comma 11 del DL n. 201/2011, che ha anticipato al 2012 l’applicazione sperimentale dell’IMU, afferma che metà dell’imposta è riservata allo Stato, con l’eccezione dell’abitazione principale, delle relative pertinenze e dei fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’art. 9, comma 3-bis del DL n. 557/93. Lo stesso comma prevede che la quota statale sia determinata applicando, alla base imponibile, l’aliquota base dello 0,76%, senza che abbiano effetto le detrazioni e le riduzioni di aliquote che i singoli Comuni possono deliberare annualmente.
Infine, si prevede che il versamento allo Stato avvenga contestualmente a quello dell’imposta stessa al Comune.
In un primo momento si pensava, o meglio si sperava, che tale versamento avvenisse in maniera “automatica”, a cura dei Comuni o direttamente della struttura di gestione presso cui vengono accreditati gli F24. L’Agenzia delle Entrate invece, istituendo appositi codici per il versamento allo Stato e ai Comuni, obbliga gli stessi contribuenti a suddividere gli importi ed effettuare due versamenti distinti, i cui conteggi, peraltro, possono anche non coincidere.
Dal canto suo, l’art. 4, comma 12-bis del DL 16/2012, così come disposto del Ddl. di conversione approvato ieri dalla Camera, prevede, in primis, che la prima rata sia calcolata in misura pari al 50% dell’importo ottenuto applicando le aliquote e le detrazioni di base, rinviando alla rata di dicembre i conguagli con l’aliquota e le detrazioni effettivamente deliberate.
Inoltre, il pagamento dell’imposta dovuta per l’abitazione principale e le relative pertinenze può essere effettuato in tre rate, di cui le prime due scadenti il 16 giugno e il 16 settembre, e pari, ciascuna, a un terzo dell’importo dovuto applicando aliquota e detrazione di base, mentre la terza, a conguaglio, va calcolata con quanto effettivamente deliberato dal Comune.
Se a questo adempimento, che deve essere effettuato sin dall’acconto del prossimo mese di giugno, aggiungiamo anche l’incertezza delle fattispecie impositive (abitazioni date in uso ai parenti, fabbricati storici, e così via), è facile immaginare che i margini di errore saranno molto elevati.
Esaminando le casistiche abbiamo, infatti, diverse fattispecie.
La prima ipotesi è quella dell’abitazione principale, con le eventuali pertinenze di cui al comma 2 dell’art. 13 del DL 201/2011. L’imposta dovuta su tali immobili, peraltro calcolata con aliquote ridotte, è interamente di spettanza dei singoli Comuni e pertanto andrà versata, senza suddivisioni tra Stato e Comuni, utilizzando il codice tributo “3912”.
Occorrerà, in questo caso, frazionare gli importi in tre rate e, ipotizzando una base imponibile di 100.000 euro, con un’aliquota effettivamente deliberata del 3 per mille, dimenticandoci per semplicità le detrazioni, il contribuente dovrà pagare due rate da 133,33 euro (100.000 x 0,004 / 3) e una rata a conguaglio da 33,34 euro (100.000 x 0,003 – le rate già pagate).
I conteggi si complicano invece per le altre fattispecie, ovvero terreni, aree fabbricabili ed altri fabbricati.
Infatti, nell’ipotesi di un fabbricato la cui base imponibile ai fini IMU sia pari a 100.000 euro, utilizzando, in sede di calcolo dell’acconto, l’aliquota base dello 0,76%, l’imposta complessivamente dovuta è pari a 760 euro per cui il primo acconto, del 50%, sarà di 380 euro. In questo caso metà dell’imposta, pari a 190 euro, sarà di spettanza dello Stato ed andrà versata con il codice “3919”, mentre l’altra metà verrà versata al Comune utilizzando il codice “3918”.
I calcoli diventano più complessi se il singolo Comune varia l’aliquota da applicare, in quanto il versamento da fare allo Stato, come prima anticipato, deve essere determinato applicando sempre l’aliquota base, indipendentemente da quella deliberata dal Comune. Pertanto nel caso in cui il Comune riduca l’aliquota, ad esempio allo 0,60%, l’imposta complessivamente dovuta si riduce a 600 euro.
Nulla cambierà in sede di calcolo dell’acconto in quanto viene utilizzata l’aliquota base, rinviando il conguaglio al momento del saldo. In questo caso, l’importo dovuto allo Stato sarà sempre pari a 190 euro, mentre il saldo di spettanza del Comune sarà ridotto a 30 euro.
A risultati opposti si arriva se il Comune, invece, aumenta l’aliquota, portandola, ad esempio, allo 0,90%.
In questo caso, l’imposta complessiva passa a 900 euro e il saldo spettante al Comune, stante l’invarianza dell’acconto, sarà pari a 330 euro.
/ Stefano SPINA
FONTE EUTEKNE
Ma andiamo con ordine.
L’art. 13, comma 11 del DL n. 201/2011, che ha anticipato al 2012 l’applicazione sperimentale dell’IMU, afferma che metà dell’imposta è riservata allo Stato, con l’eccezione dell’abitazione principale, delle relative pertinenze e dei fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’art. 9, comma 3-bis del DL n. 557/93. Lo stesso comma prevede che la quota statale sia determinata applicando, alla base imponibile, l’aliquota base dello 0,76%, senza che abbiano effetto le detrazioni e le riduzioni di aliquote che i singoli Comuni possono deliberare annualmente.
Infine, si prevede che il versamento allo Stato avvenga contestualmente a quello dell’imposta stessa al Comune.
In un primo momento si pensava, o meglio si sperava, che tale versamento avvenisse in maniera “automatica”, a cura dei Comuni o direttamente della struttura di gestione presso cui vengono accreditati gli F24. L’Agenzia delle Entrate invece, istituendo appositi codici per il versamento allo Stato e ai Comuni, obbliga gli stessi contribuenti a suddividere gli importi ed effettuare due versamenti distinti, i cui conteggi, peraltro, possono anche non coincidere.
Dal canto suo, l’art. 4, comma 12-bis del DL 16/2012, così come disposto del Ddl. di conversione approvato ieri dalla Camera, prevede, in primis, che la prima rata sia calcolata in misura pari al 50% dell’importo ottenuto applicando le aliquote e le detrazioni di base, rinviando alla rata di dicembre i conguagli con l’aliquota e le detrazioni effettivamente deliberate.
Inoltre, il pagamento dell’imposta dovuta per l’abitazione principale e le relative pertinenze può essere effettuato in tre rate, di cui le prime due scadenti il 16 giugno e il 16 settembre, e pari, ciascuna, a un terzo dell’importo dovuto applicando aliquota e detrazione di base, mentre la terza, a conguaglio, va calcolata con quanto effettivamente deliberato dal Comune.
Se a questo adempimento, che deve essere effettuato sin dall’acconto del prossimo mese di giugno, aggiungiamo anche l’incertezza delle fattispecie impositive (abitazioni date in uso ai parenti, fabbricati storici, e così via), è facile immaginare che i margini di errore saranno molto elevati.
Esaminando le casistiche abbiamo, infatti, diverse fattispecie.
La prima ipotesi è quella dell’abitazione principale, con le eventuali pertinenze di cui al comma 2 dell’art. 13 del DL 201/2011. L’imposta dovuta su tali immobili, peraltro calcolata con aliquote ridotte, è interamente di spettanza dei singoli Comuni e pertanto andrà versata, senza suddivisioni tra Stato e Comuni, utilizzando il codice tributo “3912”.
Occorrerà, in questo caso, frazionare gli importi in tre rate e, ipotizzando una base imponibile di 100.000 euro, con un’aliquota effettivamente deliberata del 3 per mille, dimenticandoci per semplicità le detrazioni, il contribuente dovrà pagare due rate da 133,33 euro (100.000 x 0,004 / 3) e una rata a conguaglio da 33,34 euro (100.000 x 0,003 – le rate già pagate).
I conteggi si complicano invece per le altre fattispecie, ovvero terreni, aree fabbricabili ed altri fabbricati.
Infatti, nell’ipotesi di un fabbricato la cui base imponibile ai fini IMU sia pari a 100.000 euro, utilizzando, in sede di calcolo dell’acconto, l’aliquota base dello 0,76%, l’imposta complessivamente dovuta è pari a 760 euro per cui il primo acconto, del 50%, sarà di 380 euro. In questo caso metà dell’imposta, pari a 190 euro, sarà di spettanza dello Stato ed andrà versata con il codice “3919”, mentre l’altra metà verrà versata al Comune utilizzando il codice “3918”.
I calcoli diventano più complessi se il singolo Comune varia l’aliquota da applicare, in quanto il versamento da fare allo Stato, come prima anticipato, deve essere determinato applicando sempre l’aliquota base, indipendentemente da quella deliberata dal Comune. Pertanto nel caso in cui il Comune riduca l’aliquota, ad esempio allo 0,60%, l’imposta complessivamente dovuta si riduce a 600 euro.
Nulla cambierà in sede di calcolo dell’acconto in quanto viene utilizzata l’aliquota base, rinviando il conguaglio al momento del saldo. In questo caso, l’importo dovuto allo Stato sarà sempre pari a 190 euro, mentre il saldo di spettanza del Comune sarà ridotto a 30 euro.
A risultati opposti si arriva se il Comune, invece, aumenta l’aliquota, portandola, ad esempio, allo 0,90%.
In questo caso, l’imposta complessiva passa a 900 euro e il saldo spettante al Comune, stante l’invarianza dell’acconto, sarà pari a 330 euro.
/ Stefano SPINA
FONTE EUTEKNE
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