imposta di registro
Domanda di rimborso dell’imposta di registro entro tre anni
In caso di versamento avvenuto a seguito del diniego di agevolazione, però, la pretesa diviene definitiva e il rimborso è dunque precluso
Il contribuente può chiedere il rimborso della maggiore imposta di registro versata entro tre anni, sempreché il versamento non sia avvenuto a seguito del diniego di agevolazione da parte dell’Ufficio, che ha, quindi, liquidato l’imposta nei modi ordinari: in tal caso, infatti, con il pagamento delle somme richieste dal Fisco, la pretesa è divenuta definitiva, impedendo qualsiasi rimborso. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4025 del 14 marzo scorso.
Un contribuente aveva acquistato nel 2001 due appezzamenti di terreno e, in sede di rogito notarile, aveva richiesto l’ormai abrogata agevolazione di cui all’art. 33, comma 3, della L. 388/2000, per cui i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati sono soggetti all’imposta di registro dell’1% e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento. L’Ufficio, però, in sede di liquidazione dell’atto traslativo non aveva riconosciuto la spettanza dell’agevolazione richiesta, atteso che l’area non era al momento stata edificata, e pertanto aveva liquidato l’atto, applicando le imposte in misura ordinaria. Il contribuente, quindi, versava a fine 2001 le tasse d’atto così liquidate dall’Ufficio.
Nel gennaio 2004, a seguito di ultimazione dei lavori, i predetti terreni risultavano edificati, ma soltanto nel giugno 2007 il contribuente presentava la domanda di rimborso delle maggiori imposte versate, attesa la spettanza, a seguito di edificazione, dell’agevolazione a suo tempo richiesta in atto, ma negata dall’Ufficio. Dopo il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria, il contribuente proponeva ricorso, eccependo la violazione dell’attuale art. 77 del TUR di cui al DPR 131/1986, in base al quale il rimborso dell’imposta deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro tre anni dal giorno del pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione.
Nonostante le pronunce favorevoli al contribuente in entrambi i gradi di merito, la Cassazione, investita della questione con il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha osservato che, alla luce della prefata disposizione normativa che fissa il termine decadenziale di tre anni per la presentazione dell’istanza di rimborso, la domanda presentata dal contribuente (a giugno 2007) risultava inequivocabilmente tardiva, considerando sia la data di pagamento dell’imposta (fine 2001) sia quella di ultimazione dei lavori di edificazione (gennaio 2004).
In conclusione, pertanto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha respinto il ricorso introduttivo del contribuente.
Alessandro BORGOGLIO
Un contribuente aveva acquistato nel 2001 due appezzamenti di terreno e, in sede di rogito notarile, aveva richiesto l’ormai abrogata agevolazione di cui all’art. 33, comma 3, della L. 388/2000, per cui i trasferimenti di beni immobili in aree soggette a piani urbanistici particolareggiati sono soggetti all’imposta di registro dell’1% e alle imposte ipotecarie e catastali in misura fissa, a condizione che l’utilizzazione edificatoria dell’area avvenga entro cinque anni dal trasferimento. L’Ufficio, però, in sede di liquidazione dell’atto traslativo non aveva riconosciuto la spettanza dell’agevolazione richiesta, atteso che l’area non era al momento stata edificata, e pertanto aveva liquidato l’atto, applicando le imposte in misura ordinaria. Il contribuente, quindi, versava a fine 2001 le tasse d’atto così liquidate dall’Ufficio.
Nel gennaio 2004, a seguito di ultimazione dei lavori, i predetti terreni risultavano edificati, ma soltanto nel giugno 2007 il contribuente presentava la domanda di rimborso delle maggiori imposte versate, attesa la spettanza, a seguito di edificazione, dell’agevolazione a suo tempo richiesta in atto, ma negata dall’Ufficio. Dopo il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria, il contribuente proponeva ricorso, eccependo la violazione dell’attuale art. 77 del TUR di cui al DPR 131/1986, in base al quale il rimborso dell’imposta deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro tre anni dal giorno del pagamento ovvero, se posteriore, da quello in cui è sorto il diritto alla restituzione.
Nonostante le pronunce favorevoli al contribuente in entrambi i gradi di merito, la Cassazione, investita della questione con il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha osservato che, alla luce della prefata disposizione normativa che fissa il termine decadenziale di tre anni per la presentazione dell’istanza di rimborso, la domanda presentata dal contribuente (a giugno 2007) risultava inequivocabilmente tardiva, considerando sia la data di pagamento dell’imposta (fine 2001) sia quella di ultimazione dei lavori di edificazione (gennaio 2004).
L’Ufficio aveva comunque opposto il diniego di agevolazione
Secondo gli Ermellini, peraltro, l’istanza di rimborso era infondata anche per il fatto che il contribuente, dopo aver richiesto in sede di rogito notarile l’applicazione dell’agevolazione, di cui al predetto art. 33 della L. 388/2000, aveva riscontrato l’esito negativo da parte dell’Ufficio, che, invece, aveva liquidato l’atto con la tassazione ordinaria; infine, il contribuente aveva comunque pagato quanto richiesto dall’Agenzia delle Entrate, a seguito del disconoscimento dell’agevolazione invocata, rendendo così definitiva – secondo i giudici di piazza Cavour – la pretesa erariale, che, quindi, non poteva formare oggetto di un’istanza di parziale rimborso. In tal senso depone, peraltro, la costante giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’omessa tempestiva impugnazione dell’avviso di liquidazione, che costituisce atto autonomamente impugnabile, determina la definitività della pretesa tributaria, con conseguente preclusione per il contribuente del diritto di chiedere il rimborso dell’imposta nel termine triennale di decadenza (Cass. 7179/2004, 14162/2003, 19240/2003, 4178/1994).In conclusione, pertanto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ha respinto il ricorso introduttivo del contribuente.
Alessandro BORGOGLIO
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