Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

sabato 7 aprile 2012

accertamento

L’errato codice attività esclude la rettifica da studi

Il contribuente può rettificare l’errore direttamente in sede contenziosa
/ Sabato 07 aprile 2012
L’avviso di accertamento basato sugli studi di settore è illegittimo quando l’attività d’impresa o di lavoro autonomo considerata non è stata classificata in modo corretto e, nel procedimento di ricostruzione presuntiva dei ricavi/compensi, si è fatto riferimento all’errato codice attività indicato dal contribuente in dichiarazione. Tale errore nella dichiarazione può essere fatto valere dal contribuente direttamente in sede contenziosa, senza necessità di presentare una dichiarazione integrativa entro il termine di presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo.
È quanto affermato dalla Cassazione, con la sentenza n. 5399 del 4 aprile 2012.
La controversia riguardava una rettifica di maggiori imponibili ai fini IRPEF, IVA e IRAP, per l’anno 2001, in base agli studi di settore. Il contribuente sosteneva che la ricostruzione dei ricavi effettuata nell’avviso di accertamento non era attendibile, in quanto il computo dei componenti era stato effettuato considerando il codice attività originariamente dichiarato, mentre, correttamente, avrebbe dovuto essere applicato altro codice, utilizzando il quale i valori dichiarati sarebbero risultati congrui ai fini degli studi di settore.
I giudici di primo grado avevano accolto le doglianze del contribuente, ma, in appello, la sentenza era stata riformata; in tale occasione, si era osservato che, nella fattispecie delineata, il contribuente avrebbe dovuto presentare una dichiarazione integrativa per correggere l’errore commesso nella dichiarazione e che non erano stati offerti elementi idonei a superare la presunzione scaturente dal codice attività originariamente dichiarato.
Con la sentenza in esame, la Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente, cassando con rinvio la sentenza impugnata, sulla base di due ordini di motivi.
Richiamato l’orientamento delle Sezioni Unite
Richiamando l’orientamento delle Sezioni Unite (sentenze 15063/2002 e 17394/2002), viene affermato che l’errore, sia di fatto che di diritto, commesso dal dichiarante nella redazione della dichiarazione dei redditi è emendabile e ritrattabile anche in sede contenziosa, quando dalla medesima possa derivare l’assoggettamento del dichiarante stesso ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, in base alla legge, devono restare a suo carico. Tale principio si evince considerando che:
- la dichiarazione dei redditi non ha natura di atto negoziale e dispositivo, ma consiste in una mera esternazione di scienza e di giudizio, modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di valutazione dei dati riferiti;
- un sistema legislativo che non consentisse la rettificabilità della dichiarazione darebbe luogo ad un prelievo fiscale indebito, non compatibile con i principi costituzionali.
Si segnala che, anche con la sentenza Cass. 2226/2011, era stato affermato che la possibilità per il contribuente di emendare la dichiarazione, allegando errori di fatto o di diritto commessi nella sua redazione e incidenti sull’obbligazione tributaria, è esercitabile anche in sede contenziosa, per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria.
La Cassazione afferma anche che tale principio non è influenzato dall’art. 2, comma 8-bis del DPR 322/98, a norma del quale la rettifica della dichiarazione a favore del contribuente può essere effettuata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. Tale limite – secondo la Cassazione – “appare doversi ritenere [...] necessariamente circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione” del credito d’imposta risultante dalla dichiarazione emendata.
Tornando specificatamente agli studi di settore, viene anche ribadito l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite nel 2009, circa l’obbligo dell’ufficio di adeguare i risultati degli studi di settore alla situazione specifica del contribuente in base alle osservazioni dallo stesso effettuate e la possibilità per il contribuente di fornire prova dell’inapplicabilità dello specifico studio di settore sia in sede di contraddittorio, quanto in fase contenziosa.
Nel caso di specie, peraltro, l’Amministrazione finanziaria aveva già riconosciuto la necessità di applicare il codice attività corretto con riferimento alle due annualità precedenti quella oggetto di accertamento.

Nessun commento:

Posta un commento