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martedì 24 aprile 2012

Antiriciclaggio

Check list della GdF per le ispezioni antiriciclaggio negli studi

In un modulo operativo le indicazioni per il controllo del corretto adempimento degli obblighi imposti dal DLgs. 231/2007

/ Martedì 24 aprile 2012
In concomitanza con l’inasprimento delle attività di ispezione presso gli studi professionali – aventi ad oggetto la predisposizione delle misure antiriciclaggio previste dal DLgs. 231/2007 – il Comando Generale della GdF dedica ai controlli sui professionisti giuridico-contabili delle vere e proprie linee guida, contenute nel documento “Scheda normativa e modulo operativo n. 6”, in allegato alla imponente circolare GdF n. 83607 dello scorso 19 marzo.
Al netto di alcuni aspetti poco condivisibili, si tratta di una check list di indubbia utilità, dal momento che consentirà ai professionisti di verificare la validità dei presidi antiriciclaggio attivati, avendo ben presenti la tipologia e le modalità di un eventuale accertamento presso i propri studi.
Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 53, commi 2 e 3, del DLgs. 231/2007, la vigilanza sui professionisti a fini antiriciclaggio è attribuita alla Guardia di Finanza e agli Ordini professionali in via concorrente, anche se allo stato attuale la relativa funzione è esercitata esclusivamente dalle fiamme gialle. Ecco, dunque, cosa aspettarsi in caso di “accesso antiriciclaggio”.
In primis, l’unità operativa preposta al controllo avrà cura di accertare la legittimazione all’esercizio dell’attività (iscrizione ad albo o registro) e la struttura organizzativa del professionista ispezionato, nonché l’eventuale suddivisione dei ruoli e delle responsabilità a fini antiriciclaggio. A tal fine, dovranno essere identificati i dipendenti/collaboratori eventualmente delegati dal professionista ai fini dell’assolvimento degli obblighi antiriciclaggio e dovrà essere appurata l’adozione, da parte di quest’ultimo, di misure di formazione del personale incaricato.
Esauriti tali adempimenti preliminari, il primo step dell’accesso consiste nel riscontro avente ad oggetto l’avvenuta istituzione, da parte del professionista, dell’archivio unico informatico (AUI) ovvero del registro della clientela ex art. 38 del DLgs. 231/2007. Nel primo caso l’unità operativa, mediante un controllo a campione, dovrà accertare che l’applicativo garantisca la corretta conservazione e la reperibilità dei dati registrati; nell’ipotesi di registro cartaceo, invece, dovrà accertare il rispetto dei requisiti richiesti ex lege, quali la numerazione progressiva, la sigla in ogni pagina del professionista o di un collaboratore autorizzato per iscritto e l’indicazione complessiva del numero delle pagine unitamente alla firma dei suddetti soggetti nell’ultimo foglio del registro, che dovrà essere tenuto in maniera ordinata e leggibile e senza spazi bianchi o abrasioni.
La GdF evidenzia altresì che il registro non deve essere “a fogli mobili e/o ad anelli”: quest’ultima precisazione, peraltro, non trova riscontro nel disposto normativo, essendo il frutto di un chiarimento fornito per iscritto dall’UIC (oggi UIF) all’indomani dell’entrata in vigore del DM n. 141/2006 e dello stesso provvedimento UIC 24 febbraio 2006 per i professionisti. Tale riscontro avverrà contestualmente a quello avente ad oggetto la “corretta alimentazione” dell’AUI: a tal fine verrà effettuata una stampa analitica delle registrazioni effettuate dal professionista ispezionato nel periodo oggetto di controllo.
Lo step successivo ha ad oggetto il corretto adempimento della adeguata verifica della clientela (ordinaria, semplificata o rafforzata), mediante la selezione di un campione di operazioni e/o prestazioni professionali potenzialmente soggette all’assolvimento del relativo obbligo. A tal fine si rende necessaria l’acquisizione di un elenco anagrafico dei clienti, delle operazioni e delle prestazioni professionali distinte per rilevanza di importi e, per gli studi di piccole dimensioni, dei fascicoli della clientela. Il campione è individuato con riferimento a quegli indicatori che l’art. 20 del Decreto individua ai fini di una corretta valutazione del rischio legato a ciascuna operazione e a ciascun cliente: in quest’ottica rientreranno nel campione oggetto di analisi, tra le altre, le operazioni maggiormente ricorrenti, di importo significativo o che comportano il frequente ricorso a contanti, nonché quelle effettuate con clienti non residenti nelle zone di normale operatività del professionista (specie se si tratta di zone maggiormente soggette ad infiltrazioni criminali).
Con riferimento ai riscontri documentali, più di una perplessità desta la previsione della possibile acquisizione, oltre che della documentazione conservata dal professionista ispezionato ai fini antiriciclaggio, anche di quella “quella detenuta ad altro titolo dal medesimo ma comunque ritenuta rilevante ai fini di una compiuta ricostruzione dell’effettiva operatività della clientela e del relativo profilo di rischio”.
Non solo. Per operare ulteriori incroci e riscontri, la GdF potrà esaminare gli strumenti informatici in uso presso lo studio e in particolare le e-mail e gli altri documenti acquisiti in sede di accesso. Questa parte del documento desta non poca preoccupazione, soprattutto se si ricollega alla previsione di cui all’art. 36, comma 6, del DLgs. 231/2007, che consente l’utilizzabilità a fini fiscali, secondo le disposizioni vigenti, dei dati registrati in ossequio alle norme antiriciclaggio.
 / Annalisa DE VIVO
fonte: Eutekne

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