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martedì 24 aprile 2012

iva

Costi per il personale: detrazione IVA «fuori gioco» sui beni ad uso promiscuo

L’attività deve essere gestita con contabilità separata e l’imposta non deve riguardare beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente

/ Martedì 24 aprile 2012
Con la sentenza n. 6255 del 20 aprile 2012, la Corte di Cassazione ha stabilito che i soggetti esercenti più attività nell’ambito della stessa impresa, optanti per la contabilità separata ai fini dell’IVA, hanno diritto alla detrazione solo se si verificano due condizioni: in primis, l’attività per cui si ha diritto deve essere gestita effettivamente con contabilità separata e l’imposta, di cui si chiede la detrazione, non deve riguardare “beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente”, ossia destinati indistintamente alle diverse attività esercitate.
È evidente che non assume valenza, ai fini del riconoscimento del beneficio fiscale, il reale impatto dei costi per il personale sulle due attività richiamate.
La vicenda riguarda una società a responsabilità limitata che, relativamente all’anno 2003, a parere dell’Ufficio, aveva indebitamente dedotto costi non documentati e, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, detratto l’imposta sui costi promiscui “imputati (...) alle due attività svolte nell’ambito della stessa impresa (esercizio del gioco del bingo e attività di ristorazione e di parcheggio)”.
I giudici di prime cure hanno confermato l’atto impositivo relativamente alle imposte dirette. Al contrario, per quanto attiene al recupero dell’IVA, i giudici di merito hanno accolto le doglianze dell’esponente, poiché il criterio di ripartizione dei costi utilizzato (sulle spese sostenute per il personale) era maggiormente rappresentativo in rapporto al volume d’affari, essendo il personale medesimo una variabile più adeguata rispetto alle spese d’affitto di locali, arredi, vigilanza e simili.
Questa impostazione, seppure confermata in secondo grado, è stata rivisitata dalla Corte di Cassazione, secondo cui la ripartizione delle spese, per la detraibilità dell’IVA, deve fondarsi su spese di beni ammortizzabili e, pertanto, non del personale.
Il fulcro del ragionamento dei giudici di legittimità si innesta su un passaggio normativo che la Commissione di secondo grado non aveva opportunamente rilevato. In particolare, l’onus probandi, in riferimento alla contestata imputazione dei beni e/o servizi, incombeva sul contribuente, in quanto il criterio guida da rispettare è “la corretta imputazione commisurata in base alla quota di utilizzo dei medesimi beni e servizi nell’ambito della stessa attività”.
La Suprema Corte ribadisce che in nessun modo viene motivato il nesso logico da porsi alla base dell’equazione tra il parametro prescelto (rilevanza della spesa per il personale) e il dato unicamente rilevante ai fini specifici (e, cioè, “la parte dei beni e/o servizi, imputabile all’esercizio delle due attività, cui si riferiscono i costi sostenuti”).
Da un punto di vista generale, occorre ricordare che, in ipotesi di separazione di attività, ai fini IVA, l’imposta assolta sugli acquisti dei beni non ammortizzabili utilizzati promiscuamente (utilizzati, dunque, per tutte le attività svolte) è totalmente indetraibile. Tuttavia, l’indetraibilità non sussiste nel caso in cui la separazione risulti essere obbligatoria per legge. In ogni caso, anche in ipotesi di separazione facoltativa, un’interpretazione logico-sistematica delle norme di riferimento dovrebbe condurre all’inapplicabilità di tale regola nei casi in cui le diverse attività non presentino regimi differenti di detraibilità (ad esempio, nel caso di svolgimento di più attività imponibili).
Ne discende che occorre:
- individuare, tra i beni acquistati, quelli non ammortizzabili;
- verificare che il loro impiego sia effettivamente promiscuo.
In merito a tale ultimo punto, si osserva che l’esclusione della detrazione è consentita non già per gli acquisti dei beni suscettibili di un impiego promiscuo, ma per gli acquisti dei beni effettivamente utilizzati promiscuamente (cfr. R.M. 13 marzo 1991, n. 320810).
Per quanto concerne, invece, la detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti dei beni ammortizzabili e dei servizi utilizzati promiscuamente – in presenza di attività soggetta a detrazione ridotta – è ammessa nei limiti della parte imputabile a ciascuna attività separata. Considerato che anche in tale ipotesi occorre fare riferimento ai beni ammortizzabili e ai servizi effettivamente utilizzati in modo promiscuo, e non anche, invece, ai beni e servizi solo potenzialmente utilizzabili promiscuamente, la questione rilevante concerne la corretta individuazione di tali beni. Occorrerà, quindi, individuare ed applicare un criterio oggettivo, coerente e dimostrabile di imputazione di detti costi tra le varie attività.
In questa direzione (di chiarimento) è intervenuta la Suprema Corte, che ha così accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria rinviando (gli atti) alla C.T. Reg. del Lazio.
 / Vincenzo CRISTIANO
fonte:eutekne

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