reddito d'impresa
Il limite del patrimonio netto incastra l’ACE
Il calcolo del bonus delle società di capitali potrebbe essere impossibile: su tale limite incide l’utile dell’esercizio, a sua volta influenzato dall’ACE
/ Giovedì 29 marzo 2012
Il DM 14 marzo 2012 ha dato attuazione all’art. 1 del DL n. 201/2011 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 214/2011), concernente l’Aiuto alla crescita economica (ACE). I modelli UNICO 2012 predisposti prima ancora dell’emanazione del decreto attuativo contengono apposite sezioni per l’individuazione della quota di reddito detassata. Nella sostanza, il decreto attuativo ha introdotto, tra le cause antielusive, tutte le fattispecie previste a suo tempo dalla normativa DIT - dual income tax (conferimenti, incremento crediti da finanziamenti, acquisto aziende, all’interno del gruppo), aggiungendone peraltro altre (conferimenti da soci black list e acquisto di partecipazioni in società controllate).
Tra gli elementi positivi della variazione del capitale proprio sono contemplati:
- i conferimenti in denaro, quali, ad esempio, i versamenti a fondo perduto o a copertura di perdite (che vanno ragguagliati a giorni); non rilevano i conferimenti in natura (crediti, aziende, immobili e così via);
- gli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili, che rilevano per intero, senza necessità di ragguaglio temporale, nel periodo d’imposta in cui vi è la delibera. Occorre sottolineare che rilevano in senso positivo anche gli utili accantonati a riserva legale e gli utili delle cooperative accantonati a riserva indivisibile, posto che si tratta di utili realmente conseguiti, non frutto di mere valutazioni e comunque disponibili per la copertura delle perdite;
- la rinuncia da parte dei soci ai crediti da finanziamento vantati nei confronti della società. Anche tale componente va ragguagliata a giorni e, presumibilmente, per quanto si attenda sul punto la circolare esplicativa, verrà richiesta la data certa (PEC, scrittura autenticata, raccomandata senza busta). Dunque, nell’ipotesi in cui un socio dovesse vantare un credito di natura commerciale, la rinuncia allo stesso non contribuerebbe ad alimentare l’ACE. Da questo punto di vista, rifarsi alla vecchia DIT non ha giovato alla norma e l’esperienza non sembra aver insegnato nulla. È del tutto evidente che, nel caso di specie, per risolvere la questione è sufficiente che il socio incassi il credito e che esegua subito dopo un bonifico con causale “versamento a fondo perduto non restituibile”. Non sembra proprio che si possa eccepire che si tratti di manovra elusiva.
Tra le variazioni in diminuzione figura la distribuzione di riserve ai soci (in denaro e in natura), che rileva nell’anno senza alcun ragguaglio temporale, retrocedendo, in sostanza, al primo giorno dell’esercizio.
Per effetto dell’art. 11, in ciascun esercizio la variazione in aumento rilevante ai fini ACE, così come risultante dalla somma di variazioni positive e negative, non può comunque eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio (incluso l’utile di esercizio), che va peraltro depurato dell’eventuale riserva azioni proprie. La funzione limitativa del patrimonio netto è quella di evitare che si ottenga una variazione agevolabile agli effetti dell’ACE che presuppone l’esistenza di un patrimonio “figurativo” non corrispondente all’effettiva entità contabile. La norma differisce rispetto alla DIT, dove vi era il limite del patrimonio netto, ma, a differenza dell’ACE, acquisito escludendo l’utile dell’esercizio.
Tra gli elementi positivi della variazione del capitale proprio sono contemplati:
- i conferimenti in denaro, quali, ad esempio, i versamenti a fondo perduto o a copertura di perdite (che vanno ragguagliati a giorni); non rilevano i conferimenti in natura (crediti, aziende, immobili e così via);
- gli utili accantonati a riserva, ad esclusione di quelli destinati a riserve non disponibili, che rilevano per intero, senza necessità di ragguaglio temporale, nel periodo d’imposta in cui vi è la delibera. Occorre sottolineare che rilevano in senso positivo anche gli utili accantonati a riserva legale e gli utili delle cooperative accantonati a riserva indivisibile, posto che si tratta di utili realmente conseguiti, non frutto di mere valutazioni e comunque disponibili per la copertura delle perdite;
- la rinuncia da parte dei soci ai crediti da finanziamento vantati nei confronti della società. Anche tale componente va ragguagliata a giorni e, presumibilmente, per quanto si attenda sul punto la circolare esplicativa, verrà richiesta la data certa (PEC, scrittura autenticata, raccomandata senza busta). Dunque, nell’ipotesi in cui un socio dovesse vantare un credito di natura commerciale, la rinuncia allo stesso non contribuerebbe ad alimentare l’ACE. Da questo punto di vista, rifarsi alla vecchia DIT non ha giovato alla norma e l’esperienza non sembra aver insegnato nulla. È del tutto evidente che, nel caso di specie, per risolvere la questione è sufficiente che il socio incassi il credito e che esegua subito dopo un bonifico con causale “versamento a fondo perduto non restituibile”. Non sembra proprio che si possa eccepire che si tratti di manovra elusiva.
Tra le variazioni in diminuzione figura la distribuzione di riserve ai soci (in denaro e in natura), che rileva nell’anno senza alcun ragguaglio temporale, retrocedendo, in sostanza, al primo giorno dell’esercizio.
Per effetto dell’art. 11, in ciascun esercizio la variazione in aumento rilevante ai fini ACE, così come risultante dalla somma di variazioni positive e negative, non può comunque eccedere il patrimonio netto risultante dal relativo bilancio (incluso l’utile di esercizio), che va peraltro depurato dell’eventuale riserva azioni proprie. La funzione limitativa del patrimonio netto è quella di evitare che si ottenga una variazione agevolabile agli effetti dell’ACE che presuppone l’esistenza di un patrimonio “figurativo” non corrispondente all’effettiva entità contabile. La norma differisce rispetto alla DIT, dove vi era il limite del patrimonio netto, ma, a differenza dell’ACE, acquisito escludendo l’utile dell’esercizio.
Utile dell’esercizio con IRES calcolata senza l’agevolazione ACE
Resta il fatto che, così come già all’epoca per la DIT (dove rilevava però solo la perdita), tale limite comporta anche per l’ACE una sostanziale ingestibilità dei calcoli. Infatti, per stabilire l’importo del patrimonio netto al termine dell’esercizio, incluso l’utile, occorre stabilire l’importo dell’IRES che incide sull’utile. L’IRES, però, è anche funzione dell’ACE, che a sua volta potrebbe essere influenzato dal limite del patrimonio netto, utile compreso. Insomma, il classico cane che si morde la coda. Una soluzione potrebbe essere, laddove si dovesse incontrare questa criticità, di considerare l’utile dell’esercizio con l’IRES calcolata senza l’agevolazione ACE. Ciò potrebbe avvantaggiare la società, poiché suscettibile di alzare l’asticella del limite invalicabile, ma si può dubitare che la generalità delle società possa arricchirsi per questo, considerato che poi il coefficiente moltiplicatore (rendimento nozionale) è fissato nel 3%.
Nessun commento:
Posta un commento