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giovedì 22 marzo 2012

diritto societario

Srl semplificate: c’è ancora molto da fare

La norma non è priva di criticità, tra cui l’assenza di agevolazioni durante l’operatività e la cronica sottocapitalizzazione
/ Giovedì 22 marzo 2012
Con una “mini riforma” del diritto societario (Decreto liberalizzazioni), il Legislatore ha introdotto nell’ordinamento italiano la “srl semplificata”. Si noti, comunque, che tale società non rappresenta un’“innovazione epocale”, trattandosi di un istituto sostanzialmente mutuato dagli ordinamenti di molteplici Stati comunitari, di cui, peraltro, non pare si siano importati gli aspetti più qualificanti.
Una struttura simile, per capitale minimo, alla nostra srl semplificata è di fatto la norma in Inghilterra, ove la srl (private limited company) può essere costituita con capitale minimo da versare pari ad una sterlina. In Francia, la riforma entrata in vigore il 1° Agosto 2003 ha consentito a tutte le sarl (société à responsabilité limitée) di essere costituite con il capitale minimo, simbolico, di un euro. Inoltre, una particolare struttura societaria, per certi aspetti simile alla nostra srl semplificata, è prevista dal 2008 in Germania (Unternehmergesellschaft) e recentemente (nel 2010) è stata fatta propria anche dal Legislatore belga (société privée à responsabilité limitée - “Starter”, SPRL-S).
La nostra srls (d’ora innanzi utilizzeremo l’acronimo) presenta alcuni aspetti positivi, ma anche criticità che, ad onor del vero, appaiono prevalenti sui primi. Due gli aspetti positivi: i costi costitutivi sostanzialmente dimezzati, dai 1.500/2.000 euro necessari per la srl ordinaria con 10.000 euro di capitale ai circa 700/800 euro per le srls, e la possibilità per i soci di non versare il capitale minimo (2.500 per le normali srl costituite con 10.000 euro da una pluralità dei soci). Inoltre, con l’ultima stesura dell’art. 2463-bis c.c. non è più richiesto che i soci con età superiore ai 35 anni vengano esclusi automaticamente dalla società, essendo il requisito giovanile (peraltro sconosciuto in tutte le strutture societarie europee assimilabili) solo precondizione richiesta a tutti i soci per la costituzione della società.
Tuttavia, se la nuova tipologia societaria viene agevolata ai nastri di partenza, non usufruisce di alcuna agevolazione lungo la sua operatività. Ad esempio, in merito ai costi amministrativi, alle società italiane (ad oggi) non vengono riservate agevolazioni di sorta sulla tassa annuale sui libri sociali o su quella dell’iscrizione presso il Registro delle imprese (non richiesta alle società inglesi); a livello fiscale, non sono previste agevolazioni IRES (nelle società inglesi, al di sotto di 300.000 sterline di reddito si pagano imposte pari al 20%), né è prevista la fatturazione in esenzione IVA (ammessa per le micro-società inglesi che fatturano meno di 73.000 sterline), né è prevista la tenuta di contabilità semplificata (questa, si ritiene, sarà forse introdotta con il bilancio in forma semplificata tratteggiato, ma ancora in attesa di regolamentazione, dall’art. 14 della L. n. 183/2011).
Ma l’aspetto più originale della società italiana è la cronica (e difficilmente comprensibile) sottocapitalizzazione con cui la stessa sarà chiamata ad operare. In Germania, ad esempio, è d’obbligo per i soci della piccola società di capitali accantonare a riserva il 25% degli utili, fino ad arrivare ad un capitale di 25.000 euro, all’evidente scopo di consentire (anche se non sussistono obblighi a riguardo) la trasformazione della società in una normale GmbH, equivalente alla nostra srl. Ancora più incisivo sul tema appare il Legislatore belga, il quale prevede che, dopo al massimo cinque anni dalla costituzione (o comunque all’assunzione del quinto dipendente), la società si trasformi in una srl ordinaria con capitale minimo di 18.500 euro.
In Italia, la logica appare completamente diversa e, per certi versi, “perversa”. La società non solo non è chiamata a patrimonializzarsi ma, addirittura, la sua capitalizzazione deve rimanere al di sotto dei 10.000 euro. Tale situazione, da un lato, determinerà alle srls “cronici problemi di sottocapitalizzazione” e contestuali difficoltà a ricorrere al mercato dei finanziamenti esterni, dall’altro, stante la mancata esclusione dell’inapplicabilità dell’art. 2467 c.c., oggettive difficoltà a ricorrere anche al finanziamento dei soci.
Infine, un’ultima considerazione attiene al fatto che la srls sarà costituita con iscrizione al Registro delle imprese senza costi per bolli e spese di segreteria e, soprattutto, senza oneri notarili. In relazione a questa circostanza, tuttavia, non sarà verosimile ritenere che un notaio, quale professionista, anteponga gli atti in cui è legittimato ad emettere parcella a quelli inerenti la costituzione di tali società? Se così fosse, società che dovrebbero avere nella snellezza e solerzia costitutiva una delle proprie caratteristiche peculiari rischiano di veder slittare di settimane o mesi la propria costituzione rispetto alle intenzioni dei soci. A tal fine, è vero che viene richiesto al Notariato di vigilare sulla corretta e tempestiva applicazione delle disposizioni dell’art. 2463-bis c.c., ma, se si voleva coinvolgere la categoria notarile, probabilmente sarebbe risultato più efficace stanziare un “piccolo fondo pubblico” finalizzato almeno al rimborso delle spese notarili per la costituzione di tali soggetti.
In definitiva, l’idea della srls non è priva di interesse pratico, ma la norma andrebbe migliorata e la creazione di tali società ulteriormente stimolata con disposizioni per il risparmio amministrativo e fiscale, se non in via permanente, almeno per i primi tre o cinque anni di attività. Diversamente, il tutto rischia di restare nell’ambito delle “belle idee” e – si sa – di buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno.

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