reddito d'impresa
ACE, per i soggetti IRPEF conta il patrimonio netto
Come entità agevolabile si assume tale patrimonio, derivante dal bilancio al termine di ciascun esercizio, e non rileva la variazione del capitale proprio
/ Mercoledì 21 marzo 2012
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto 14 marzo 2012, attuativo dell’ACE, è possibile stabilire come questa agevolazione interessa i soggetti IRPEF.
Infatti, l’art. 1, comma 7 del DL n. 201/2011, convertito dalla L. n. 214/2011, demandava a un decreto ministeriale le modalità di calcolo della detassazione per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria. L’art. 8 del provvedimento del Ministero dell’Economia stabilisce che, per detti soggetti, si assume quale entità agevolabile agli effetti dell’ACE il patrimonio netto risultante dal bilancio al termine di ciascun esercizio. Nessuna rilevanza assume, quindi, la variazione del capitale proprio prevista per i soggetti IRES. Si rimarca il fatto che la disposizione si applica alle sole imprese in contabilità ordinaria, per natura o per opzione, escludendo, quindi, tutte le altre imprese IRPEF, in quanto per queste non risulta possibile monitorare i movimenti del patrimonio netto.
Come chiarisce la relazione illustrativa al decreto, la considerazione del solo patrimonio netto è “frutto di una precisa scelta operata al fine di dare diretta rilevanza all’entità contabile del patrimonio netto così come esistente alla chiusura dell’esercizio”. In pratica, tutto il patrimonio netto contabile esistente a fine esercizio rappresenta la base su cui applicare il coefficiente del 3%, non assumendo rilievo alcuno che si tratti di capitale formatosi in precedenza ovvero di nuova formazione, anche derivante da apporti in natura.
Quanto alla composizione del patrimonio netto, va evidenziato che si deve tenere conto dell’utile d’esercizio, mentre si considerano in negativo eventuali prelevamenti in conto utili effettuati dall’imprenditore o dai soci. Rientrano, altresì, nella composizione del patrimonio netto le riserve esistenti alla chiusura dell’esercizio come, per esempio, la riserva da rivalutazione o la riserva derivante da rettifiche contabili da condono, distaccandosi, anche in questo, dalla determinazione della base ACE prevista per le società di capitali.
Quanto alle imprese familiari e alle aziende coniugali, il rendimento nozionale che supera il reddito d’impresa di questi soggetti viene attribuito all’imprenditore e ai collaboratori familiari, ovvero al coniuge dell’azienda coniugale, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al reddito. Questa precisazione comporta, con riguardo alle imprese familiari, che l’importo dell’ACE trasferibile può cambiare nei vari periodi d’imposta, visto che è l’imprenditore titolato ad attribuire il reddito ai collaboratori a fine esercizio, sia pur nei limiti del 49%.
Per le società di persone, l’art. 8 in commento richiama le disposizioni per le società di capitali in trasparenza fiscale. In sostanza, l’importo corrispondente al rendimento nozionale della società partecipata che supera il reddito complessivo netto dichiarato viene attribuito a ciascun socio in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili. La quota ACE ricevuta concorre a formare il rendimento nozionale del socio stesso ammesso in deduzione dal reddito d’impresa.
Si deve, tuttavia, ritenere non applicabile il comma 2 dell’art. 7, laddove afferma che “le eccedenze di rendimento nozionale generatesi presso la partecipata anteriormente all’opzione per la trasparenza non sono attribuibili ai soci e sono ammesse in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato dalla stessa”. Sul punto, appare logico sostenere che le società di persone non optano per la trasparenza fiscale, ma sono “per natura” in trasparenza fiscale e, quindi, le eccedenze ACE delle società di persone risultano già “in pancia” dei soci dopo l’utilizzo effettuato dalla società.
- la quota ACE è rilevante ai fini dell’individuazione delle aliquote per scaglioni di reddito di cui all’art. 11 del TUIR;
- la quota ACE concorre alla formazione del primo scaglione e dei successivi fino a concorrenza del suo intero ammontare;
- gli eventuali altri redditi, rispetto a quello agevolato, si aggiungono a quest’ultimo ai fini della formazione degli scaglioni successivi;
- la quota ACE concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini della determinazione delle detrazioni per carichi di famiglia, da lavoro, per oneri e per canoni di locazione, rilevando in tutti i casi in cui la misura di tali detrazioni è correlata all’importo di tale reddito.
Anche per i soggetti IRPEF, per quanto compatibili, si applicano le disposizioni antielusive previste dall’art. 10 del decreto attuativo.
Infatti, l’art. 1, comma 7 del DL n. 201/2011, convertito dalla L. n. 214/2011, demandava a un decreto ministeriale le modalità di calcolo della detassazione per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria. L’art. 8 del provvedimento del Ministero dell’Economia stabilisce che, per detti soggetti, si assume quale entità agevolabile agli effetti dell’ACE il patrimonio netto risultante dal bilancio al termine di ciascun esercizio. Nessuna rilevanza assume, quindi, la variazione del capitale proprio prevista per i soggetti IRES. Si rimarca il fatto che la disposizione si applica alle sole imprese in contabilità ordinaria, per natura o per opzione, escludendo, quindi, tutte le altre imprese IRPEF, in quanto per queste non risulta possibile monitorare i movimenti del patrimonio netto.
Come chiarisce la relazione illustrativa al decreto, la considerazione del solo patrimonio netto è “frutto di una precisa scelta operata al fine di dare diretta rilevanza all’entità contabile del patrimonio netto così come esistente alla chiusura dell’esercizio”. In pratica, tutto il patrimonio netto contabile esistente a fine esercizio rappresenta la base su cui applicare il coefficiente del 3%, non assumendo rilievo alcuno che si tratti di capitale formatosi in precedenza ovvero di nuova formazione, anche derivante da apporti in natura.
Quanto alla composizione del patrimonio netto, va evidenziato che si deve tenere conto dell’utile d’esercizio, mentre si considerano in negativo eventuali prelevamenti in conto utili effettuati dall’imprenditore o dai soci. Rientrano, altresì, nella composizione del patrimonio netto le riserve esistenti alla chiusura dell’esercizio come, per esempio, la riserva da rivalutazione o la riserva derivante da rettifiche contabili da condono, distaccandosi, anche in questo, dalla determinazione della base ACE prevista per le società di capitali.
Quanto alle imprese familiari e alle aziende coniugali, il rendimento nozionale che supera il reddito d’impresa di questi soggetti viene attribuito all’imprenditore e ai collaboratori familiari, ovvero al coniuge dell’azienda coniugale, in proporzione alle rispettive quote di partecipazione al reddito. Questa precisazione comporta, con riguardo alle imprese familiari, che l’importo dell’ACE trasferibile può cambiare nei vari periodi d’imposta, visto che è l’imprenditore titolato ad attribuire il reddito ai collaboratori a fine esercizio, sia pur nei limiti del 49%.
Per le società di persone, l’art. 8 in commento richiama le disposizioni per le società di capitali in trasparenza fiscale. In sostanza, l’importo corrispondente al rendimento nozionale della società partecipata che supera il reddito complessivo netto dichiarato viene attribuito a ciascun socio in proporzione alla sua quota di partecipazione agli utili. La quota ACE ricevuta concorre a formare il rendimento nozionale del socio stesso ammesso in deduzione dal reddito d’impresa.
Si deve, tuttavia, ritenere non applicabile il comma 2 dell’art. 7, laddove afferma che “le eccedenze di rendimento nozionale generatesi presso la partecipata anteriormente all’opzione per la trasparenza non sono attribuibili ai soci e sono ammesse in deduzione dal reddito complessivo netto dichiarato dalla stessa”. Sul punto, appare logico sostenere che le società di persone non optano per la trasparenza fiscale, ma sono “per natura” in trasparenza fiscale e, quindi, le eccedenze ACE delle società di persone risultano già “in pancia” dei soci dopo l’utilizzo effettuato dalla società.
La quota ACE concorre alla formazione del reddito ai fini IRPEF
Infine, va sottolineato che la quota ACE concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini della determinazione dell’IRPEF, nonché delle detrazioni spettanti. In sostanza:- la quota ACE è rilevante ai fini dell’individuazione delle aliquote per scaglioni di reddito di cui all’art. 11 del TUIR;
- la quota ACE concorre alla formazione del primo scaglione e dei successivi fino a concorrenza del suo intero ammontare;
- gli eventuali altri redditi, rispetto a quello agevolato, si aggiungono a quest’ultimo ai fini della formazione degli scaglioni successivi;
- la quota ACE concorre alla formazione del reddito complessivo ai fini della determinazione delle detrazioni per carichi di famiglia, da lavoro, per oneri e per canoni di locazione, rilevando in tutti i casi in cui la misura di tali detrazioni è correlata all’importo di tale reddito.
Anche per i soggetti IRPEF, per quanto compatibili, si applicano le disposizioni antielusive previste dall’art. 10 del decreto attuativo.
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