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giovedì 22 marzo 2012

Contenzioso

Nel reclamo, ancora incerto il ricorso contro la cartella

Non è accoglibile la tesi dell’Agenzia; il contribuente rischia di perdere i vizi della cartella di pagamento
/ Giovedì 22 marzo 2012
La circolare n. 9 del 2012 conferma che rientrano nell’ambito applicativo del reclamo tutte le controversie su atti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20.000 euro, ivi inclusi i ruoli.
Tuttavia, le specificazioni su tale argomento, almeno in parte, non possono essere condivise, in quanto causano un concreto rischio d’inammissibilità del ricorso contro la cartella di pagamento.
In primo luogo, si sostiene che, se il contribuente fa ricorso contro la cartella di pagamento eccependo vizi imputabili all’Ufficio ma notifica, per errore, il ricorso ad Equitalia, questa, ai sensi dell’art. 39 del DLgs. 112/99, chiama in causa l’Ufficio stesso. A questo punto, l’Ufficio solleva eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa presentazione del reclamo.
Va da sé che, come dice l’Agenzia, se il contribuente solleva vizi imputabili ad Equitalia e all’Agenzia delle Entrate, deve citare in giudizio entrambi i soggetti e la necessità di reclamo non viene meno.
Cominciamo, ad ogni modo, l’analisi del problema dall’inizio.
Nel momento in cui il contribuente riceve la cartella di pagamento deve, prima di tutto, determinare il valore della lite. Occorre pertanto verificare che i soli ruoli emessi dall’Agenzia delle Entrate a titolo di imposta (non, per esempio, in merito alle sanzioni da omesso versamento del 36-bis) non siano superiori a 20.000 euro.
Fatto ciò, gli atti da impugnare, come dice l’art. 19 del DLgs. 546/92, sono due: il ruolo (atto dell’Ufficio) e la cartella di pagamento (atto di Equitalia) e tale circostanza emerge chiaramente dalla circolare n. 9, ove si dividono nettamente le competenze dei due soggetti.
Il reclamo non viene meno, quindi, in riferimento ai vizi imputabili all’Ufficio (ad esempio, errata applicazione della liquidazione automatica, crediti d’imposta disconosciuti anche se esistenti); occorre notificarlo e tentare la mediazione, per poi eventualmente depositare il ricorso/reclamo se la fase di mediazione ha esito negativo. In questo caso, i termini per la costituzione in giudizio decorrono trascorsi 90 giorni dalla notifica del reclamo o dal momento in cui il contribuente riceve il diniego.
Per i vizi della cartella di pagamento, il consiglio contenuto nella circolare lascia perplessi: secondo la tesi ufficiale, si presenta il ricorso/reclamo entro i termini, sollevando i vizi del ruolo e della cartella (ad esempio, violazione dei termini ex art. 25 del DPR 602/73), si esperisce la fase di mediazione e poi ci si costituisce in giudizio entro i termini di cui sopra, a questo punto coinvolgendo Equitalia, vien da dire, nonostante sul punto la circolare taccia.
Difensori a rischio responsabilità professionale
Nelle controdeduzioni, così facendo, il difensore di Equitalia avrebbe tutte le ragioni di eccepire l’inammissibilità del ricorso per tardiva costituzione in giudizio, siccome questa, per la cartella (atto non reclamabile), sarebbe dovuta avvenire entro trenta giorni dalla notifica del ricorso stesso.
Allora, specie in questa fase iniziale, il difensore deve, a nostro avviso, notificare il ricorso contro il ruolo all’Ufficio con richiesta di reclamo e, nel contempo, ricorso contro la cartella ad Equitalia, depositando tempestivamente il ricorso.
È certamente vero che una situazione simile è assurda, siccome il processo contro la cartella perderebbe di rilievo se la mediazione venisse posta in essere sul ruolo, ma questo è un problema creato dalla stessa Agenzia delle Entrate, nella predisposizione del testo normativo.
Ricordiamo che, se il professionista causa l’inammissibilità del ricorso per questo motivo, egli è soggetto ad eventuali azioni risarcitorie da parte del cliente e non può certo difendersi facendo riferimento alla circolare, in primo luogo perché essa è completamente priva di valore, in secondo luogo perché tale punto della circolare non riguarda la fase di mediazione, ma la gestione del processo, quindi una materia completamente estranea alle competenze delle Agenzie fiscali.
L’unico modo, infine, per accettare la tesi dell’Agenzia è quello di estendere i principi affermati dalla Cassazione (di recente, si veda la sentenza n. 3422 del 2012), ove si è sostenuto che qualora il contribuente proponga ricorso contro l’Agenzia per vizi imputabili ad Equitalia, il legittimato passivo è sempre l’Agenzia.
Invero, tale orientamento pare dettato dalla necessità di scongiurare l’ipotesi di un’inammissibilità del ricorso per notifica dello stesso all’Ufficio in luogo di Equitalia, ma questo non può portare ad affermare che, quando si impugna la cartella, si notifica sempre il ricorso all’Agenzia delle Entrate, almeno sino a quando la Cassazione, ex professo, non dirà così.

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