accertamento
Liste selettive da scontrino con dubbio anonimato
Il DL 16/2012 prevede accertamenti anche con liste di contribuenti segnalati dai clienti, ma non è chiaro se le segnalazioni resteranno anonime
/ Martedì 13 marzo 2012
L’Agenzia delle Entrate pianificherà i propri accertamenti anche con liste selettive di contribuenti ripetutamente segnalati al Fisco dai clienti, in forma non anonima, per aver violato l’obbligo di emissione della ricevuta e/o dello scontrino fiscale, ovvero del documento certificativo dei corrispettivi.
L’art. 8, comma 8 del DL n. 16/2012 formalizza, quindi, in un testo di legge, un concetto ovvio (cioè che chi non rilascia certificazioni fiscali può essere accertato), ma appare chiaro che l’ennesimo minacciato innesco ad una possibile selezione del controllo per infedeltà fiscale nasce più dalla speranza legislativa d’incentivare l’adempimento tributario spontaneo che non di notificare accertamenti, confidando nell’aspetto psicologico correlato al fatto che l’accensione di un riflettore sul rischio potenziale dell’inserimento in una lista nera dovrebbe produrre una dissuasione del contribuente dal reiterare comportamenti evasivi.
Con ovvia prudenza, peraltro, la novella legislativa ha inteso anche espressamente evitare che irresponsabili forme di delazione potessero diventare la regola generatrice delle istruttorie di accertamento fiscale, sebbene anche la denuncia in forma anonima sia stata usata e, in alcuni casi, ritenuta utilizzabile nei procedimenti tributari, quale innesco prodromico, per dirla con le parole della GdF, di autonoma attività istruttoria info-investigativa.
Ad ogni buon conto, se la fonte anonima potrà ancora costituire per il Fisco ipotesi di spunto investigativo per l’assunzione di ulteriori dati conoscitivi, sarà solo una segnalazione nominativa di reiterate infedeltà nella certificazione fiscale per poter attivare un legittimo accertamento iussu populi, o d’iniziativa popolare, che, tuttavia, propone un particolare interrogativo: l’accertato, in chiave difensiva, potrà conoscere l’identità di chi ha inviato le segnalazioni (onde poter reagire giuridicamente ad eventuali illazioni), o saranno sufficienti due, o più persone, riunite nel nome del contrasto all’evasione (e conosciute solo dal Fisco), a generare un controllo fiscale, sicuramente legittimo, ma pur sempre esperito a mera richiesta di cittadini che, astrattamente, potrebbero essere organizzati e collegati (si pensi ai concorrenti commerciali) da intenti strumentali ben diversi da quelli della difesa dell’onestà tributaria?
Sarà, quindi, interessante verificare se il nuovo esposto potrà considerarsi un fatto circoscritto al solo autore, all’Amministrazione che la riceve ed all’apertura dell’eventuale procedimento di accertamento, ovvero se il contenuto dello stesso potrà ritenersi occultabile a quei contribuenti denunciati ed incisi da possibili sviluppi dell’esposto penetranti nella loro sfera patrimoniale.
Sul punto, peraltro, sebbene ex art. 24, comma 1, lett. b) della L. n. 241/1990, “il diritto di accesso è escluso […] nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano”, la giurisprudenza che si è occupata del tema ha recentemente sviluppato importanti aperture in tema di diritto di accesso agli atti dei procedimenti tributari (Consiglio di Stato del 10 agosto 2011, n. 4769). Secondo il Collegio, il diritto di accesso ad una denuncia (che, in quel caso, era una denuncia penale dell’Agenzia delle Entrate) sussiste “poiché, per un verso, l’ordinamento giuridico non tutela il diritto all’anonimato del denunciante […], anzi, prevedendo espressamente il reato di calunnia, impone una precisa assunzione di responsabilità a carico dello stesso; per altro verso, non può in tal modo comprimersi il diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale” e ciò, si aggiunge, vale “a fortiori” quando la denuncia costituisce presupposto per l’avvio di un procedimento di rettifica tributaria.
In un ordinamento come il nostro, quindi, ispirato ai principi della trasparenza, del diritto di difesa e della dialettica democratica, recente giurisprudenza ha superato le resistenze dell’Agenzia delle Entrate, affermando che ogni contribuente deve poter conoscere i contenuti e gli autori di esposti o denunce che, fondatamente o meno, possano costituire le basi per l’avvio di un procedimento ispettivo o sanzionatorio nei suoi confronti che, se innescato da mere illazioni, produrrebbe una latente violazione almeno dell’art. 97 Cost.
Se, quindi, l’esercizio del diritto di accesso alle nuove denunce nominative contro i presunti “furbetti” dello scontrino potrà prevalere sull’esigenza di tutelare la riservatezza dei terzi “denuncianti” sarà materia posta al vaglio della giurisprudenza, che sarà chiamata a pronunciarsi sull’accessibilità, o meno, di atti endoprocedimentali (si veda, in senso favorevole, anche Consiglio di Stato del 13 gennaio 2010, n. 53) che, pur non avendo effetto immediato verso il presunto evasore, costituiranno comunque gli antecedenti prodromici del provvedimento finale innescabile (l’accertamento analitico e/o induttivo generato dall’inclusione nella lista selettiva).
L’art. 8, comma 8 del DL n. 16/2012 formalizza, quindi, in un testo di legge, un concetto ovvio (cioè che chi non rilascia certificazioni fiscali può essere accertato), ma appare chiaro che l’ennesimo minacciato innesco ad una possibile selezione del controllo per infedeltà fiscale nasce più dalla speranza legislativa d’incentivare l’adempimento tributario spontaneo che non di notificare accertamenti, confidando nell’aspetto psicologico correlato al fatto che l’accensione di un riflettore sul rischio potenziale dell’inserimento in una lista nera dovrebbe produrre una dissuasione del contribuente dal reiterare comportamenti evasivi.
Con ovvia prudenza, peraltro, la novella legislativa ha inteso anche espressamente evitare che irresponsabili forme di delazione potessero diventare la regola generatrice delle istruttorie di accertamento fiscale, sebbene anche la denuncia in forma anonima sia stata usata e, in alcuni casi, ritenuta utilizzabile nei procedimenti tributari, quale innesco prodromico, per dirla con le parole della GdF, di autonoma attività istruttoria info-investigativa.
Ad ogni buon conto, se la fonte anonima potrà ancora costituire per il Fisco ipotesi di spunto investigativo per l’assunzione di ulteriori dati conoscitivi, sarà solo una segnalazione nominativa di reiterate infedeltà nella certificazione fiscale per poter attivare un legittimo accertamento iussu populi, o d’iniziativa popolare, che, tuttavia, propone un particolare interrogativo: l’accertato, in chiave difensiva, potrà conoscere l’identità di chi ha inviato le segnalazioni (onde poter reagire giuridicamente ad eventuali illazioni), o saranno sufficienti due, o più persone, riunite nel nome del contrasto all’evasione (e conosciute solo dal Fisco), a generare un controllo fiscale, sicuramente legittimo, ma pur sempre esperito a mera richiesta di cittadini che, astrattamente, potrebbero essere organizzati e collegati (si pensi ai concorrenti commerciali) da intenti strumentali ben diversi da quelli della difesa dell’onestà tributaria?
Sarà, quindi, interessante verificare se il nuovo esposto potrà considerarsi un fatto circoscritto al solo autore, all’Amministrazione che la riceve ed all’apertura dell’eventuale procedimento di accertamento, ovvero se il contenuto dello stesso potrà ritenersi occultabile a quei contribuenti denunciati ed incisi da possibili sviluppi dell’esposto penetranti nella loro sfera patrimoniale.
Sul punto, peraltro, sebbene ex art. 24, comma 1, lett. b) della L. n. 241/1990, “il diritto di accesso è escluso […] nei procedimenti tributari, per i quali restano ferme le particolari norme che li regolano”, la giurisprudenza che si è occupata del tema ha recentemente sviluppato importanti aperture in tema di diritto di accesso agli atti dei procedimenti tributari (Consiglio di Stato del 10 agosto 2011, n. 4769). Secondo il Collegio, il diritto di accesso ad una denuncia (che, in quel caso, era una denuncia penale dell’Agenzia delle Entrate) sussiste “poiché, per un verso, l’ordinamento giuridico non tutela il diritto all’anonimato del denunciante […], anzi, prevedendo espressamente il reato di calunnia, impone una precisa assunzione di responsabilità a carico dello stesso; per altro verso, non può in tal modo comprimersi il diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale” e ciò, si aggiunge, vale “a fortiori” quando la denuncia costituisce presupposto per l’avvio di un procedimento di rettifica tributaria.
In un ordinamento come il nostro, quindi, ispirato ai principi della trasparenza, del diritto di difesa e della dialettica democratica, recente giurisprudenza ha superato le resistenze dell’Agenzia delle Entrate, affermando che ogni contribuente deve poter conoscere i contenuti e gli autori di esposti o denunce che, fondatamente o meno, possano costituire le basi per l’avvio di un procedimento ispettivo o sanzionatorio nei suoi confronti che, se innescato da mere illazioni, produrrebbe una latente violazione almeno dell’art. 97 Cost.
Se, quindi, l’esercizio del diritto di accesso alle nuove denunce nominative contro i presunti “furbetti” dello scontrino potrà prevalere sull’esigenza di tutelare la riservatezza dei terzi “denuncianti” sarà materia posta al vaglio della giurisprudenza, che sarà chiamata a pronunciarsi sull’accessibilità, o meno, di atti endoprocedimentali (si veda, in senso favorevole, anche Consiglio di Stato del 13 gennaio 2010, n. 53) che, pur non avendo effetto immediato verso il presunto evasore, costituiranno comunque gli antecedenti prodromici del provvedimento finale innescabile (l’accertamento analitico e/o induttivo generato dall’inclusione nella lista selettiva).
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