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giovedì 22 marzo 2012

L’omissione del reclamo rende il ricorso inammissibile

Contenzioso

L’omissione del reclamo rende il ricorso inammissibile

Nei casi dubbi, meglio notificare il ricorso/reclamo e depositarlo entro i consueti trenta giorni, per mettersi al riparo dall’inammissibilità
/ Lunedì 19 marzo 2012
Il reclamo consiste nel tentativo di definire la controversia in fase amministrativa e deve essere necessariamente presentato negli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate di valore non superiore a 20.000 euro. Se, per qualsiasi ragione, il contribuente omette il reclamo, il ricorso è inammissibile.
Si pensi al caso di un contribuente che, magari errando nell’interpretazione circa la decorrenza della norma (atti notificati dal 1° aprile 2012), notifica direttamente il ricorso in luogo del reclamo, senza sanare la situazione (ovvero senza notificare apposito atto di reclamo alla Direzione provinciale/DRE entro il termine per il ricorso); successivamente alla costituzione in giudizio delle parti, il Presidente di sezione cui il ricorso è stato affidato potrà, ai sensi dell’art. 27 del DLgs. 546/92, dichiarare con decreto l’inammissibilità del ricorso, il che, vale sempre la pena rammentarlo, è sinonimo di “cristallizzazione” della pretesa.
Il contribuente rischia l’inammissibilità anche nell’ipotesi contraria, ovvero qualora, magari interpretando in maniera sbagliata l’art. 12 del DLgs. 546/92, notifica il reclamo anzichè il ricorso. Tale eventualità non è poi così rara, siccome varie volte non è affatto scontata la maniera in cui determinare il valore della lite (ad esempio, si veda “Per il reclamo, da chiarire il valore della lite negli accertamenti su perdite fiscali” del 15 febbraio 2012).
Ora, a seguito dell’istituzione del reclamo, si ha una sorta di “doppio binario”, in quanto:
- per gli atti di valore non superiore a 20.000 euro, è necessario notificare il reclamo, esperire la fase di mediazione e costituirsi in giudizio; i termini decorrono trascorsi novanta giorni dalla notifica del reclamo senza che sia stata conclusa la mediazione, oppure da quando il contribuente ha ricevuto l’atto di diniego o di accoglimento parziale del reclamo;
- per gli atti di valore superiore a 20.000 euro, bisogna notificare il ricorso e provvedere al suo deposito entro trenta giorni dalla notifica.
Per il contribuente, il termine per la costituzione in giudizio è decadenziale (a differenza di quel che avviene per il resistente, in palese contrasto con il principio del giusto processo ex art. 111 della Costituzione), quindi la tardiva costituzione causa l’inammissibilità del ricorso.
Contribuente “tra due fuochi” nei casi dubbi
Se, quindi, il contribuente notifica il reclamo in luogo del ricorso, il tempo continua a decorrere e anche volendo ammettere, in base all’equipollenza degli atti, che il reclamo notificato valga come ricorso, può verificarsi l’eventualità che il deposito del ricorso sia a questo punto tardivo, in quanto il termine di trenta giorni deve essere computato prendendo quale dies a quo la notifica del ricorso a controparte o, eventualmente, la data della ricezione.
Ecco che il contribuente si viene a trovare “tra due fuochi” siccome, nelle ipotesi dubbie, rischia l’inammissibilità sia che presenti il ricorso in luogo del reclamo che nel caso opposto.
Una strategia funzionale ad evitare ciò potrebbe essere quella di notificare sia il reclamo sia il ricorso, in modo da salvaguardare il diritto di difesa.
In altre parole, l’atto di reclamo contiene tutti gli elementi utili per il ricorso (si veda “Nell’atto di reclamo vanno indicate sia mediazione che annullamento”), stante il rinvio dell’art. 17-bis del DLgs. 546/92 all’art. 18, quindi, una volta notificato il reclamo potrebbe, nel contempo, depositarlo in segreteria entro i trenta giorni, in tal caso:
- se il giudice ritiene l’atto reclamabile, dichiara improcedibile il ricorso e, se la mediazione avrà esito negativo, occorrerà procedere ad una nuova costituzione in giudizio;
- se il giudice ritiene l’atto ricorribile, istruisce la causa e l’inammissibilità non può essere dichiarata (la fase di mediazione, a questo punto, perderebbe di rilievo).
Ovviamente, tale soluzione potrebbe andare bene per il primo grado, ma quid iuris se, in appello, l’Ufficio solleva la violazione dell’art. 17-bis del DLgs. 546/92 in quanto il giudice di prime cure, errando, ha ritenuto l’atto ricorribile?
La problematica non è da sottovalutare e dovrebbe essere risolta a livello legislativo.
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Alfio CISSELLO e Silvia LATORRACA - Per il reclamo, da chiarire il valore della lite negli accertamenti su perdite fiscali - Eutekne.Info del 15 febbraio 2012
Alfio CISSELLO - Nell’atto di reclamo vanno indicate sia mediazione che annullamento - Eutekne.Info del 20 febbraio 2012

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