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Ricorsi Tributari

venerdì 9 marzo 2012

Giurisprudenza
Autotutela negata, inammissibile
il ricorso avverso il provvedimento
Questo quando l'accertamento è definitivo, altrimenti a decidere sulle sorti del "rifiuto" è il giudice tributario
È inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rifiuto, espresso o tacito, dell'istanza di autotutela promossa dal contribuente volta a ottenere l'annullamento di un atto impositivo divenuto definitivo, per l'intervenuto giudicato formatosi sulla decisione di reiezione del ricorso, in conseguenza sia della discrezionalità dell'Amministrazione nell'esercizio del potere di autotutela, sia dell'inammissibilità di un nuovo sindacato giurisdizionale sull'atto di accertamento munito del carattere di definitività.
A tali conclusioni è pervenuta la Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza n. 2870 del 6 febbraio 2009.

La controversia

Un contribuente impugnava innanzi alla Commissaria tributaria provinciale di Milano due avvisi d'accertamento, con cui l'ufficio aveva induttivamente determinato il reddito d'impresa dello stesso.
I giudici di primo grado dichiaravano inammissibile il ricorso. Nessuna impugnativa era proposta dal contribuente, con il conseguente formarsi del giudicato sulla controversia.
Successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, il contribuente presentava istanza di annullamento in autotutela dei predetti avvisi, evidenziando al riguardo che il tribunale penale di Milano, davanti al quale era stato rinviato a giudizio per la stessa vicenda oggetto degli accertamenti, l'aveva assolto dalle imputazioni ascrittegli.
L'agenzia delle Entrate respingeva l'istanza di autotutela.
Il contribuente impugnava, allora, il diniego di autotutela davanti alla Ctp di Milano, che dichiarava il ricorso inammissibile perché l'atto non rientrava nel novero di quelli impugnabili (ex articolo 19 del Dlgs 546/1992).
Il successivo appello veniva respinto perché, secondo la Ctr, sulla regolarità del diniego di autotutela si sarebbe potuto pronunciare unicamente il giudice amministrativo.
Avverso tale sentenza, il contribuente ha presentato ricorso in cassazione.

La sentenza
I giudici di legittimità, pur accogliendo il ricorso sulla questione di giurisdizione, confermando l'impugnabilità innanzi alle Commissioni tributarie del provvedimento di diniego dell'Amministrazione finanziaria a procedere in autotutela, hanno annullato senza rinvio la sentenza impugnata.
La Cassazione ha motivato il dispositivo stabilendo la non impugnabilità dell'atto attraverso il quale l'Amministrazione respinga l'istanza del contribuente volta al ritiro di un avviso di accertamento diventato definitivo.

Il principio di diritto rilevato nella sentenza, presenta importanti spunti innovativi sulla dibattuta questione se, in presenza di un atto impositivo definitivo, il contribuente che presenti un'istanza di autotutela sia portatore di una situazione giuridica soggettiva tutelabile in sede giurisdizionale.
Appare opportuno ricordare che, dopo un iniziale orientamento giurisprudenziale restrittivo (cfr Cassazione, sentenze 1547/2002 e 13412/2000) circa l'esistenza di un rimedio giurisdizionale avverso il diniego di autotutela, si è andato consolidando il principio in virtù del quale le cause relative al rifiuto espresso o tacito di procedere ad autotutela devono essere proposte davanti alle Commissioni tributarie. Questo perchè "a seguito della riforma operata dall'art.12 della legge n. 448/2001, la giurisdizione di queste ultime ha acquisito carattere generale... per cui sussiste ogni qual volta si discuta di uno specifico rapporto tributario o di sanzioni inflitte da uffici tributari" (cfr Cassazione, sentenze 16776/2005/ e 7388/2007).
In sostanza, secondo la Suprema corte, dopo l'attribuzione al giudice tributario di tutte le controversie concernenti tributi (con la conseguente esclusione di quelle che non vertono su di un rapporto tributario, come nel caso in cui venga impugnato un atto di carattere generale, oppure quando l'Amministrazione finanziaria riconosca la debenza di un rimborso) è stato modificato l'articolo 19 del Dlgs 546/1992. La diposizione contiene l'elenco degli atti impugnabili, per cui il contribuente può rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta abbia interesse a contestare (ex articolo 100 del cpc) la convinzione espressa dall'Amministrazione in ordine alla disciplina del rapporto tributario.

L'ampliamento della giurisdizione tributaria determina, pertanto, anche l'attribuzione al giudice tributario di tutte le controversie relative agli atti di esercizio dell'autotutela, con delle precise limitazioni. Infatti, "il sindacato del giudice dovrà riguardare, non solo l'esistenza dell'obbligazione tributaria (ove l'atto di esercizio del potere di autotutela contenga una tale verifica), ma prima di tutto il corretto esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione, nei limiti e nei modi in cui l'esercizio di tale potere può essere suscettibile di controllo giurisdizionale, che non può mai comportare la sostituzione del giudice all'Amministrazione in valutazioni discrezionali, né - per i limiti posti dall'art. 4 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E - l'adozione dell'atto di autotutela da parte del giudice tributario. L'invasione, da parte del giudice, della sfera discrezionale propria dell'esercizio dell'autotutela comporterebbe, infatti, un superamento dei limiti esterni della giurisdizione attribuita alle Commissioni tributarie" (Cassazione, sentenza 7388/2007).

Le sezioni unite, con la sentenza in commento, pur aderendo a quest'ultimo indirizzo giurisprudenziale, fondato sulla devoluzione alla cognizione del giudice tributario delle controversie relative all'impugnazione del provvedimento di rigetto - espresso o tacito - dell'istanza di autotutela promossa dal contribuente, pongono tuttavia un significativo limite circa la possibilità, per i contribuenti, di adire il giudice tributario avverso il diniego dell'Amministrazione finanziaria di procedere al ritiro degli avvisi di accertamento definitivi.
Per la Suprema corte, infatti, è inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rifiuto dell'istanza di autotutela promossa dal contribuente per ottenere l'annullamento di un atto impositivo divenuto definitivo, per l'intervenuto giudicato formatosi sulla decisione, in conseguenza sia della discrezionalità dell'Amministrazione nell'esercizio del potere di autotutela sia dell'inammissibilità di un nuovo sindacato giurisdizionale sull'atto di accertamento divenuto definivo.

È evidente che la ratio di quest'orientamento restrittivo si fondi sul principio del ne bis in idem che precludendo l'ammissibilità di una nuova controversia sulla legittimità di un atto coperto dal giudicato, evita di rimettere in discussione in maniera indiscriminata il rapporto tributario in sede giurisdizionale.
Emanuele Cormio
pubblicato Mercoledì 18 Febbraio 2009

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