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mercoledì 14 marzo 2012

accertamento

Sanzioni a maglie larghe per i beni ai soci

La norma prevede due tipologie di sanzioni: 30% della differenza tra valore di mercato e corrispettivo, oppure una più lieve per chi si «conforma»
/ Lunedì 12 marzo 2012
Tutto tace sul fronte comunicazione dei beni ai soci. E mentre si moltiplicano appelli e indiscrezioni su una possibile proroga del primo termine del 2 aprile 2012, vale la pena di riproporre qualche considerazione specifica sul regime sanzionatorio del nuovo adempimento.
In primo luogo, non si può trascurare che, ai sensi dell’art. 10 comma 3 della L. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.
Sebbene lo Statuto sia rimasto negli anni spesso lettera morta, anche l’Agenzia delle Entrate, in occasione del primo invio delle comunicazioni black list, aveva ritenuto applicabile questo principio (circ. 28 ottobre 2010 n. 54).
Difficile sostenere che, soprattutto se verrà confermata la scadenza del 2 aprile, non ricorrano quelle condizioni di incertezza richieste dalla norma per disapplicare le sanzioni.
A parte questa considerazione preliminare, occorre ricordare che il DL n. 138/2011 convertito prevede una sanzione amministrativa pari al 30% della differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo pagato dal socio nel caso in cui la comunicazione sia omessa ovvero trasmessa con dati incompleti o non veritieri.
Una sanzione più lieve è invece prevista nei casi in cui la stessa violazione sia commessa da quei contribuenti che si siano “conformati alle disposizioni di cui ai commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies”, per i quali è prevista la sanzione da 258 a 2058 euro.
L’aspetto più delicato della nuova formulazione normativa (a dire il vero, alquanto frettolosa) è il significato da attribuire alla locuzione “conformati alle disposizioni”.
I citati commi 36-quaterdecies e quinquiesdecies prevedono che, nel caso in cui il valore di mercato del diritto di godimento sia inferiore al corrispettivo pagato dal socio, la differenza concorre a formare il reddito del socio quale reddito diverso (nuova lettera h-ter dell’art. 67 del TUIR).
Pertanto, come rilevato dalla circolare IRDCEC n. 27/2012, si conforma quel contribuente che, avendo pattuito un corrispettivo inferiore al valore di mercato, provvede a dichiarare la differenza nel quadro RL di UNICO.
Laddove il corrispettivo sia pari o superiore al valore normale del diritto di godimento, il contribuente non può conformarsi (è già conforme) e quindi l’omessa, incompleta o inveritiera comunicazione non può essere sanzionata.
Traslando i principi appena esposti alla comunicazione in scadenza il 2 aprile 2012, il quadro risulta ancora più articolato. Analizziamo le varie ipotesi.
La società nel 2011 ha dato in godimento al socio un bene senza prevedere un corrispettivo e senza comunicare all’Agenzia delle Entrate tale utilizzo. Si dovrebbe applicare la sanzione del 30%, ancorché parametrata ad una disposizione (l’art. 2 comma 36-quinquiesdecies del DL 138/2011 convertito) che entra in vigore solo a partire dal 2012.
Con la conseguenza che il mancato invio sarebbe sanzionato, mentre non sarebbe sanzionata l’infedele dichiarazione in capo al socio, perché il reddito “figurativo” diventa fiscalmente rilevante solo a partire dal 2012.
Se la società nel 2011 ha concesso in godimento un bene al socio ad un corrispettivo pari o superiore al valore normale, il mancato invio della comunicazione non dovrebbe essere invece sanzionato, in quanto il contribuente non doveva conformarsi alle nuove disposizioni (nel 2011, a ben vedere, nemmeno poteva).
Venendo ai finanziamenti e alle capitalizzazioni, l’Agenzia delle Entrate ritiene che l’obbligo sussista anche con riferimento a tali ipotesi e che, per il 2011, debbano essere comunicati tutti gli apporti che, sebbene realizzati in periodi d’imposta precedenti, risultino ancora in essere nel periodo d’imposta in corso al 17 settembre 2011.
Al di là della correttezza di tale impostazione, non si può sostenere che il mancato adempimento possa essere in qualche modo sanzionato.
Non esiste, infatti, una differenza “di cui al comma 36-quinquiesdecies” sulla quale calcolare la sanzione del 30%. La differenza richiamata dalla norma sanzionatoria è infatti quella tra valore di mercato e corrispettivo per il godimento del bene da parte del socio, non applicabile al caso di specie.
Non esiste la possibilità, da parte del contribuente, di conformarsi alle disposizioni di cui all’art. 2 commi 36-quaterdecies e 36-quinquiesdecies, anch’esse riferite esclusivamente ai beni in godimento e non ai versamenti e alle capitalizzazioni.
Posto che, anche con riferimento alle sanzioni amministrative, nel nostro sistema tributario vige il principio di legalità e non si può applicare l’analogia, si ritiene che, qualora esistesse l’adempimento, non esiste la sanzione.

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