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mercoledì 14 dicembre 2011

prima casa» : usata come ufficio, il beneficio resta


Se la «prima casa» è usata come ufficio, il beneficio resta

Le ipotesi di decadenza sono espressamente previste dalla norma agevolativa

/ Mercoledì 14 dicembre 2011
Perché si possa accedere all’agevolazione “prima casa”, come prevista dalla Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/86 (richiamata, in campo IVA, dal n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al DPR 633/72), è necessario che l’immobile acquistato sia una “casa di abitazione”.
Può definirsi tale l’unità immobiliare destinata ad essere utilizzata per il soddisfacimento delle esigenze abitative dell’acquirente. In particolare, secondo l’Amministrazione finanziaria (C.M. 17 aprile 1981 n. 14), “per casa di abitazione deve intendersi ogni costruzione destinata a dimora delle persone e delle loro famiglie, cioè strutturalmente idonea ad essere utilizzata ad alloggio stabile di singole persone o di nuclei familiari, a nulla rilevando la circostanza che la stessa sia abitata in via permanente o saltuaria”. Rientrano certamente nella definizione di “casa di abitazione” (e pertanto accedono al beneficio) le unità immobiliari classificate o classificabili nelle categorie catastali da A/1 ad A/9 e A/11. Secondo la prassi ministeriale, invece, è da escludere che un immobile classificato come A/10 possa godere dell’agevolazione.
Non è, invece, richiesto dalla normativa vigente che l’immobile venga di fatto destinato ad abitazione principale da parte dell’acquirente (requisito invece previsto dalla normativa previgente di cui all’art. 2 del DL 12/1985). Per questo motivo, ad esempio, può godere dell’agevolazione l’immobile locato a terzi (cfr. la C.M. 2 marzo 1991 n. 1, § 3). Ma per quanto tempo devono permanere le caratteristiche che consentono di definire l’immobile “casa di abitazione”? Può conservare il beneficio il contribuente che adibisca l’immobile ad ufficio, senza mutare la destinazione catastale?
In primo luogo, limitandosi alla lettera normativa, si rileva che il comma 4 della Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86 individua espressamente i casi che determinano la decadenza dall’agevolazione. Si tratta:
- della mendace dichiarazione (resa al momento dell’atto di acquisto) in relazione ad una delle condizioni agevolative richieste dalla Nota (volontà di trasferire la residenza entro 18 mesi, non possidenza di altre case di abitazione nel medesimo Comune, “novità” nel godimento dell’agevolazione);
- del trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito della proprietà dell’immobile agevolato entro 5 anni dall’acquisto in assenza di un ulteriore acquisto, entro un anno, relativo a un altro immobile da adibire ad abitazione principale.
Trattandosi di una norma agevolativa, non può essere oggetto di interpretazione estensiva o analogica, sicché non possono individuarsi altre ipotesi di decadenza oltre a quelle espressamente indicate. Pertanto, il mutamento di destinazione non pare configurare una causa di decadenza dal beneficio.
Secondo la prassi ministeriale, in secondo luogo, al fine di individuare gli immobili che possono accedere al beneficio, è necessario fare riferimento alle risultanze catastali, mentre è indifferente l’utilizzo di fatto dell’immobile. In tal senso, la circ. 1° marzo 2001 n. 19 (§ 2.2.5), nell’esaminare la condizione della mancata possidenza di altra “casa di abitazione” nel medesimo Comune, afferma che “non ha, infatti, rilevanza l’utilizzazione di fatto diversa dalla classificazione catastale”. Di conseguenza, la possidenza di un altro immobile classificato come A/10 non impedisce il godimento dell’agevolazione, anche se l’immobile è di fatto adibito ad abitazione, mentre non consente l’accesso al beneficio il possesso di altro immobile classificato o classificabile in catasto come abitazione, indipendentemente dall’utilizzo di fatto. Tali affermazioni, se utilizzate per chiarire la definizione di “casa di abitazione”, confermano che l’immobile classificato come abitazione possa accedere al beneficio, pur se utilizzato come ufficio. In senso opposto si segnala, tuttavia, la pronuncia della Corte di Cassazione 12 novembre 2001 n. 13981, che, nell’interpretare il n. 21 della tabella A, parte II, allegata al DPR 633/72, afferma che, “per destinazione deve intendersi la funzione che l’abitazione non di lusso viene ad assumere, e non tanto il tipo di accatastamento, che può restare identico anche al variare della destinazione”.
Infine, la sussistenza dei requisiti agevolativi deve essere verificata al momento dell’atto di trasferimento e non successivamente (a meno che ciò non sia espressamente richiesto dalla norma, come avviene per la condizione relativa al trasferimento della residenza nel Comune in cui si trova l’immobile o per l’alienazione infraquinquennale). Pertanto, ai fini agevolativi non ha rilevanza l’uso successivo che dell’immobile agevolato venga fatto dal contribuente. Tale assunto è confermato dall’Agenzia stessa nella ris. 20 agosto 2010 n. 86, secondo cui “non è richiesta dalla norma la verifica del concreto utilizzo che dell’immobile viene fatto né con riferimento alle case di abitazione che il contribuente già possiede e che possono precludere l’accesso all’agevolazione né con riferimento all’immobile che si intende acquistare”. Tali indicazioni paiono confermare l’irrilevanza dell’uso a cui venga adibito l’immobile acquistato, purché al momento dell’acquisto sia definibile come “casa di abitazione” nel senso sopra illustrato.
 / Anita MAURO

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