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giovedì 22 dicembre 2011

Legge di stabilità: l’impatto sulla corporate governance delle società di capitali

Legge di stabilità: l’impatto sulla corporate governance delle società di capitali

Gabriella Opromolla, Partner, CALMETTA AVVOCATI ATTORNEYS LLP (Lex24) | 07.11.2011

E' stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 265, Supplemento Ordinario n. 234 del 14 novembre 2011  la legge 12 novembre 2011, n. 183 recante "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato", nota anche come “Legge di stabilità 2012”.
La Legge, che entrerà in vigore il prossimo 1° gennaio 2012, presenta diverse novità normative. Fra esse,  le seguenti incidono sulla corporate governance  delle società di capitali.
L’Organismo di Vigilanza e il collegio sindacale
La Legge integra il DLgs. 231/01 prevedendo all’art. 14, comma 12 che: “All'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo il comma 4 è inserito il seguente: «4 -bis . Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza e il comitato per il controllo della gestione possono svolgere le funzioni dell'organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)».
La sovrapposizione tra la figura del collegio sindacale (del consiglio di sorveglianza e del comitato per il controllo della gestione) e l’Organismo di Vigilanza (“ODV”) è, quindi, vista come una possibile scelta a favore delle imprese.
La disposizione sembra trovare una soluzione all’intensa querelle che si è sviluppata negli ultimi anni sulla possibilità che i compiti dell’ODV possano essere svolti dal collegio sindacale. Ciò anche nel tentativo di non appesantire i costi delle strutture societarie con duplicazioni di organi di controllo interno, oltre che di evitare la sovrapposizione di compiti, funzioni e responsabilità.
In effetti, fin dall’emanazione del DLgs. 231/2001 è sorta la difficoltà di dare una collocazione all’ODV. L’art. 6 di tale decreto si limita infatti ad attribuire il compito di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli, come pure di curare il loro aggiornamento, ad un “organismo dell’ente dotato di “autonomi poteri di iniziativa e di controllo”. All’ODV il legislatore riserva una funzione essenziale; ed infatti, una delle condizioni necessarie affinché il modello organizzativo possa superare il vaglio di idoneità da parte dell’autorità giudicante è che “non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza” da parte dell’organismo a ciò preposto (si veda l’art. 6, comma 1, lett. (b)). L’art. 7, comma 4, lettera (a) pone come ulteriore presupposto per l’esenzione da responsabilità, “una verifica periodica e l’eventuale modifica del modello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività”. Non si rinviene pertanto una organica disciplina dell’ODV nella normativa. Tale disciplina si può ricostruire semmai dalla prassi, dalle linee guida emanate dalle associazioni di categoria e dai vari orientamenti dottrinari e giurisprudenziali sull’argomento. La prassi, ad esempio, fa riferimento ad un organo collegiale, costituito spesso da tre componenti, di cui uno interno all’ente, ciascuno dei quali con specifiche competenze rispetto alle funzioni da assolvere. Nelle società che hanno adottato modelli organizzativi, la struttura dell’ODV ricalca spesso quella del collegio sindacale, i requisiti ad esso richiesti (professionalità, onorabilità, indipendenza) sono conformi a quelli previsti ex lege per i sindaci e perfino la “continuità di azione” viene normalmente tradotta – nei regolamenti che ne disciplinano il funzionamento – in una frequenza trimestrale delle verifiche.
Da quanto sopra, se ne deduce che la previsione contenuta nella Legge non dovrebbe dare problemi dal punto di vista strettamente pratico.
Alcune problematiche tuttavia esistono sul piano sostanziale. In primo luogo, quelle inerenti alle distinte modalità di nomina e revoca dei due organi, alle diverse competenze ad essi richieste, nonché alla circostanza che, in relazione ad alcuni illeciti elencati nel c.d. “catalogo 231”, il collegio sindacale risulta tra i soggetti a rischio-reato. Inoltre, facendo testuale riferimento al “collegio sindacale”, la nuova disposizione non risulta coordinata con le modifiche apportate dallo stesso art. 14 della Legge agli artt. 2397 e 2477 c.c., per effetto delle quali nelle  S.r.l. e nelle S.p.A. (in queste ultime, al sussistere di determinate condizioni) il collegio sindacale è destinato ad essere sostituito da un sindaco unico. Ci si chiede allora se il sindaco unico possa ugualmente svolgere le funzioni dell’ODV. Optando per un’analisi restrittiva risulterebbe che le S.r.l. debbano nominare l’ODV, non potendo il sindaco unico svolgerne le funzioni, mentre le S.p.A. di maggiori dimensioni potrebbero attribuire l’incarico di vigilanza sui modelli al collegio sindacale, con conseguente risparmio di costi. A tal riguardo, per le S.r.l. di dimensioni contenute varrebbe forse la pena attribuire all’organo dirigente le funzioni di vigilanza sul modello (si veda il quarto comma dell’art. 6 del DLgs. 231). Se invece si opta per l’orientamento più elastico che non pone vincoli al sindaco unico di svolgere funzioni di ODV, gli effetti distorsivi sono inferiori, nel tentativo (sempre) di ridurre gli oneri a carico delle imprese.
Collegio sindacale o sindaco unico nelle società di capitali
La Legge prevede inoltre un ridimensionamento del collegio sindacale nelle società di capitali.
Più precisamente, il testo prevede per le S.r.l. la nomina di un sindaco, anzichè di tre, per tutti i casi in cui, ai sensi del vigente art. 2477 c.c., vi è l’obbligo di nominare il collegio sindacale.
Vi sono importanti novità anche per le S.p.A.. Infatti, le S.p.A. possono prevedere, nel proprio statuto, che vi sia un solo sindaco (purché revisore legale iscritto nell’apposito Registro) se la società ha ricavi o patrimonio netto inferiori a un milione di euro (se pari o superiore permane quindi l’obbligo del collegio sindacale).
Si è preferito fare riferimento ai ricavi e al patrimonio netto, anziché al capitale sociale, essendo quest’ultimo un parametro che il più delle volte non è in grado di fornire in maniera coerente le dimensioni effettive della società. Infatti, una società con capitale sociale pari ad un milione di euro, potrebbe avere un volume di affari e una rilevanza sociale tali che limitare la nomina dell’organo di controllo della legalità dei conti ad un unico soggetto potrebbe essere inadeguata.
Vi è da segnalare da ultimo che l’ipotesi di un organo monocratico può portare, oltre che ad una sostanziale ripercussione sull’attività di molti professionisti, un aspetto negativo per il sistema economico. Ad un immediato e modesto risparmio di costi potrebbe in effetti contrapporsi, in tempi brevi, una maggiore incertezza nel sistema. Non è peraltro così certa la diminuzione effettiva del costo delle imprese obbligate alla nomina del collegio sindacale; occorre considerare infatti che al sindaco unico sarà dovuto, molto probabilmente, un compenso maggiore per le maggiori responsabilità e l’incremento di attività, ora  svolta collegialmente.
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