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mercoledì 14 dicembre 2011

iva : Rimborso IVA di beni in leasing

iva

Rimborso IVA di beni in leasing, ammissibile l’istanza del concedente

Con la ris. 122 diffusa ieri, l’Agenzia ha chiarito che il criterio giuridico-formale è prevalente rispetto alla sostanza delle operazioni

/ Mercoledì 14 dicembre 2011
Ai fini IVA, prevale il criterio giuridico-formale sulla sostanza delle operazioni. È questo il principio enunciato dall’Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 122 di ieri, in risposta ad alcune richieste di chiarimenti pervenute al Fisco da parte di società di leasing IAS compliant, in materia di rimborso IVA.
Con tale risoluzione, l’Agenzia si è pronunciata sulla corretta interpretazione della norma agevolativa contenuta nell’art. 30, comma 2, lett. c), del DPR 633/72, che riconosce al contribuente il diritto al rimborso dell’imposta assolta sull’acquisto di beni ammortizzabili. La norma, come noto, conferisce il diritto di chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile “limitatamente all’imposta relativa all’acquisto di beni ammortizzabili”. Il dubbio è legittimo, dal momento che non è immediatamente comprensibile chi sia il soggetto intitolato a ottenere il rimborso. I principi contabili internazionali IAS-IFRS prevedono infatti che, da un lato, il proprietario dei beni - che effettivamente sostiene l’ingente onere finanziario dell’IVA al momento dell’acquisto - non “ammortizzi” il bene, ma lo trasferisca in leasing nella disponibilità dell’utilizzatore. Dall’altro, si prevede che sia l’utilizzatore ad imputare il valore ammortizzabile del bene in ciascun esercizio, secondo le indicazioni della prassi internazionale contenute nello IAS 17 (cfr. § 28), restando a suo carico, ovviamente, solo i canoni di leasing secondo il piano finanziario stabilito contrattualmente.
Si tratta, dunque, di stabilire la portata della norma contenuta nell’articolo 30 citato che, per questo caso particolare, appare interconnessa con altri aspetti avulsi dalla legge IVA. In merito, l’Agenzia chiarisce in primis che, ai fini delle disposizioni recate dall’articolo 30, comma secondo, lettera c) del DPR 633/72, ciò che rileva è la proprietà giuridica del bene e la sua teorica qualità di essere soggetto ad ammortamento: non è quindi necessario che l’ammortamento venga anche posto in essere. Tale aspetto è certamente rilevante ai fini contabili e dell’imposizione diretta (in applicazione del noto principio di derivazione ai fini dell’IRES previsto dall’art. 83 del TUIR), ma non costituisce elemento discriminante ai fini dell’IVA.
Scopo della norma, secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia con la risoluzione in commento, è quindi quello di tutelare la posizione del concedente, riconoscendo a quest’ultimo il diritto di avere a rimborso l’IVA assolta sull’acquisto di beni ammortizzabili, al fine di rimediare all’asincronia che si viene a creare tra il momento di acquisto del bene - in cui il concedente sostiene un ingente onere finanziario - e la sua concessione in leasing, che dà luogo ad operazioni imponibili connesse ad un effetto finanziario non manifesto. Tale principio è coerente con il precedente orientamento dell’Agenzia delle Entrate, enunciato nella risoluzione n. 392 del 2007.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito, inoltre, i criteri di individuazione dei beni ammortizzabili, in continuità con l’orientamento espresso in precedenti interventi. Secondo tale orientamento, al fine di individuare tali beni occorre far riferimento alle norme previste per le imposte sui redditi. In linea generale, in base agli artt. 102 e 103 del TUIR, sono considerati ammortizzabili esclusivamente i beni strumentali, ossia quei beni che vengono utilizzati nel ciclo produttivo direttamente dall’imprenditore che ne ha il possesso a titolo di proprietà o di altro diritto reale (cfr. ris. n. 147 del 2009 e n. 445585 del 1991). Al riguardo, secondo l’Agenzia delle Entrate, affinché l’imposta possa essere chiesta a rimborso, occorre che si sia verificato l’effetto traslativo della proprietà. Qualora tale effetto traslativo non si sia ancora verificato, si è in presenza di semplice intenzione da parte del promissario acquirente e l’operazione, non rappresentando uno dei presupposti per cui spetta il rimborso, va qualificata come semplice detenzione (cfr. Cass., Sez. II civ., 28 giugno 2000, n. 8796; Cass., Sez. I civ, 27 febbraio 1996, n. 1533). L’Agenzia conclude affermando che il diritto al rimborso spetta, quindi, in capo alla società concedente. Un’interpretazione fondata su una configurazione diversa da quella giuridico-formale non si presenterebbe conforme ai principi generali dell’imposta e violerebbe, di conseguenza, la ratio della norma.
 / Luigi Andrea CARELLO

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