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martedì 20 dicembre 2011

iva : Operazioni inesistenti, prova a carico del contribuente


Operazioni inesistenti, prova a carico del contribuente

La correttezza della detrazione deve essere dimostrata con adeguati documenti contabili

/ Martedì 20 dicembre 2011
È legittimo il recupero a tassazione dell’IVA irritualmente detratta, se il soggetto passivo non è in grado di dimostrare la fonte che giustifica l’esercizio del supposto diritto di cui all’art. 19 del DPR n. 633/1972. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27198/2011 depositata ieri, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso la decisione della giurisprudenza di merito, favorevole alla tesi del contribuente: in particolare, le Commissioni tributarie provinciale e regionale avevano ritenuto che gli avvisi di accertamento - riguardanti l’indeducibilità dei costi relativi ad operazioni inesistenti e l’indetraibilità della corrispondente imposta sul valore aggiunto - si basassero esclusivamente su dichiarazioni non riscontrate del vettore, e di dubbia fondatezza, pur in presenza del regolare pagamento dei beni.
Analogamente, i giudici di merito avevano ritenuto irrilevante la mancata registrazione delle fatture di vendita e trasporto a carico del cedente, in quanto non imputabile al contribuente-acquirente, che si era altresì reso disponibile a far verificare la propria contabilità di magazzino.
L’orientamento in parola non è stato, tuttavia, condiviso dalla sentenza n. 27198/2011 della Cassazione, secondo cui - qualora l’Amministrazione finanziaria contesti al contribuente l’indebita detrazione dell’IVA, in virtù di fatture passive per operazioni inesistenti - la prova della legittimità e della correttezza del comportamento adottato dall’acquirente deve essere dallo stesso fornita, mediante l’esibizione di adeguati documenti contabili, preventivamente acquisiti e conservati dal medesimo. La Suprema Corte ha, pertanto, confermato quanto già sostenuto in passato: se il contribuente non è in grado di provare la legittimità della detrazione, non lo è neppure in relazione alla dimostrazione del fatto costitutivo della propria pretesa, legittimando dunque la ripresa a tassazione dell’imposta irritualmente detratta (Cass. n. 16896/2007 e 28695/2005). Sul punto, si rammenta che gli atti probatori in parola, prodotti dal contribuente (Cass. n. 1181/2001), non devono provenire da un soggetto inesistente, né riferirsi ad un soggetto in essi non indicato (Cass. n. 1727/2007).
La Cassazione ha, inoltre, ribadito che la predetta prova documentale non può essere costituita dalla sola esibizione dei mezzi di pagamento, che normalmente vengono utilizzati fittiziamente, costituendo un mero elemento indiziario, la cui presenza o mancanza deve essere valutata nel contesto di tutte le altre risultanze processuali (Cass. n. 11203/2007, 7144/2007 e 13662/2001). È infatti noto che gli utilizzatori di fatture emesse a copertura di operazioni inesistenti, al fine di dedurre il costo e detrarre la corrispondente IVA, “hanno cura di effettuare i relativi pagamenti con assegni bancari per lasciare traccia degli stessi a futura memoria. Nel contempo, però, si fanno restituire, in contanti, la stessa somma pagata, salvo i costi richiesti dall’emittente” (Cass. n. 15228/2001). In altri termini, se l’emissione della fattura non dimostra l’effettività dell’operazione sottostante, tale prova non può essere fornita con la produzione dei mezzi di pagamento utilizzati.
La giurisprudenza di legittimità in commento ha, poi, escluso che - in virtù del peculiare meccanismo dell’IVA - non possa rilevare, ai fini del conseguimento del diritto alla detrazione dell’IVA, l’assenza di registrazione delle fatture di vendita a cura del cedente: con l’effetto che deve risultare dimostrato un ulteriore requisito di detraibilità, che il contribuente è tenuto a comprovare (Cass. 11109/2003), rappresentato dall’inerenza all’impresa dell’operazione fatturata.
I giudici di merito avevano omesso di considerare tutti i documenti
Conseguentemente, la sentenza n. 27198/2011 ha, infine, dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. (“Presunzioni semplici”), con riferimento alla decisione della C.T. Reg., che aveva ritenuto illegittimi - commettendo error in iudicando, ovvero ponendo a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere probatorio giuridicamente gravante, invece, sul soggetto passivo - gli accertamenti impugnati per carenza di prova, omettendo di considerare tutti gli argomenti e i documenti della fase istruttoria: la dichiarazione del vettore di non aver effettuato il trasporto; la mancata fatturazione dell’operazione da parte del cedente; le modalità di pagamento dei beni, effettuato mediante monetizzazione degli assegni in conto pagamento, lo stesso giorno della loro emissione direttamente all’istituto emittente.
 / Sandro CERATO e Michele BANA

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