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martedì 20 dicembre 2011

agevolazioni 2011


ACE, accantonamenti salvi per gli utili del 2010

Per effetto delle modifiche al DL 201/2011, variazione in diminuzione del 3% in UNICO 2012 anche sugli utili 2010 destinati a riserva

/ Sabato 17 dicembre 2011
L’iter di conversione in legge del Decreto “Salva Italia”, che ha ottenuto ieri il via libera dalla Camera, riserva un’importante novità per l’agevolazione – denominata “ACE” – per le imprese che hanno accantonato utili a riserva e/o effettuato conferimenti in denaro suscettibili di incrementarne la dotazione patrimoniale.
La modifica permette di agevolare, per il periodo d’imposta 2011 (il primo interessato dal nuovo beneficio fiscale), gli incrementi di patrimonio netto che derivano dall’accantonamento dell’utile dell’esercizio 2010.
Come si ricorderà, infatti (si veda “Vantaggi fiscali ACE con dubbi per il 2011” del 12 dicembre 2011), secondo la formulazione originaria del DL 201/2011:
- oggetto dell’agevolazione è la variazione del capitale proprio “rispetto a quello esistente alla chiusura dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010” (art. 1, comma 1);
- si prevedeva, tuttavia, che il capitale proprio “esistente alla chiusura dell’esercizio in corso nel primo anno di applicazione della disposizione” (ovvero, quello esistente al 31 dicembre 2011, e non quello al 31 dicembre 2010) fosse pari al patrimonio netto risultante dal relativo bilancio, senza tenere conto dell’utile dello stesso esercizio (art. 1, comma 5).
La formulazione letterale dell’art. 1 del DL 201/2011 portava quindi a non computare nel beneficio fiscale l’utile del 2010 accantonato a riserva in quanto, se il patrimonio netto dello stesso esercizio 2010 fosse stato assunto al lordo dell’utile d’esercizio, l’accantonamento si sarebbe risolto in un mero giroconto contabile (da utile d’esercizio a riserva), senza un incremento del patrimonio netto complessivo.
La modifica apportata in sede di conversione del DL prevede che sia il patrimonio netto contabile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2010 (ovvero, la “base di partenza”) ad essere assunto al netto dell’utile d’esercizio. In questo modo, le imprese potranno beneficiare della detassazione non solo per i conferimenti e i versamenti effettuati nel 2011 (ragguagliati pro rata temporis), ma anche per gli utili del 2010 accantonati a riserva (che, per presunzione di legge, non devono quindi essere ragguagliati, in quanto rilevano in misura piena a norma dell’art. 1, comma 6, del DL 201/2011).
La normativa sull’ACE esclude, tuttavia, dai benefici fiscali tutti gli accantonamenti alle riserve indisponibili: conseguentemente, gli accantonamenti alla riserva legale non rientrano nell’agevolazione.
Per effetto delle modifiche in commento, le imprese possono quindi avere un quadro chiaro sulla base di calcolo dell’ACE per il 2011. Prendendo, ad esempio, il caso di una società che non ha effettuato né conferimenti, né distribuzioni di utili ai soci, e ha accantonato nell’aprile del 2011 l’utile di esercizio 2010, pari a 120.000 euro, per 6.000 euro alla riserva legale e per 114.000 euro alla riserva straordinaria:
- la base di calcolo dell’ACE è pari a 114.000 euro;
- l’importo detassato (o, più correttamente, la variazione in diminuzione da operare in dichiarazione) è pari a 3.420 euro (il 3% di 114.000).
Importanti benefici sono, inoltre, previsti per le società neocostituite, per le quali si considera di diritto incremento tutto il patrimonio di costituzione.
Nessuna società in perdita fiscale per effetto dell’ACE
Va poi detto che l’importo detassato non può eccedere il reddito complessivo netto dichiarato. Diversamente da altre tipologie di agevolazioni (es. “Tremonti” per gli investimenti), che proprio per effetto della variazione in diminuzione potevano determinare perdite fiscali riportabili in capo ai beneficiari, ciò non vale per l’ACE, che può al massimo azzerare l’imponibile, permettendo all’impresa di scomputare l’importo non utilizzato dal reddito imponibile dei periodi d’imposta successivi (la norma non fissa, al riguardo, limitazioni di carattere temporale).
Si tratta di un’impostazione da accogliere con favore, stante le limitazioni quantitative al riporto delle perdite fiscali (80% del reddito imponibile dei redditi dei periodi d’imposta successivi che esse vanno a compensare), e soprattutto in virtù del fatto che così si scongiura quello che sarebbe un paradossale accertamento dello status di società non operativa per la società in perdita fiscale solo per il fatto di avere privilegiato la propria capitalizzazione in luogo della distribuzione degli utili ai soci.
 / Gianluca ODETTO

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