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martedì 20 dicembre 2011

IMMOBILI

IMMOBILI

Patrimoniale su immobili e titoli esteri

Il Ddl. di conversione dell’ultima manovra istituisce un’imposta su immobili e attività finanziarie posseduti all’estero

/ Venerdì 16 dicembre 2011
Il Ddl. di conversione del DL 201/2011 (cosiddetto “Decreto Salva Italia”), su cui il Governo ha posto la questione di fiducia, riscrive l’art. 19 del decreto denominato “Disposizioni in materia di bollo sui conti correnti, titoli, strumenti e prodotti finanziari nonché su valori “scudati” e su attività finanziarie e immobili detenuti all’estero”.
In attesa della definitiva approvazione della legge di conversione, pare opportuno commentare le novità che interessano i contribuenti che detengono attività all’estero.
Secondo il comma 13 e seguenti del “nuovo” art. 19, a decorrere dal 2011 è istituita un’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato.
Il soggetto passivo dell’imposta è il proprietario dell’immobile ovvero il titolare di altro diritto reale sullo stesso. L’imposta è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero.
L’imposta viene stabilita nella misura dello 0,76% del valore degli immobili. Il valore è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Ma non vengono tassati solo gli immobili detenuti all’estero: sempre con decorrenza dal 2011, il Ddl. istituisce un’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato. Anche tale imposta sarà dovuto proporzionalmente al periodo di detenzione.
L’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero è stabilita nella misura dell’1 per mille annuo per il 2011 e il 2012 e dell’1,5 per mille a decorrere dal 2013 del valore delle attività finanziarie. Il valore è costituito dal valore di mercato, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui sono detenute le attività finanziarie, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero di riferimento per le singole attività e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso.
Alla luce dell’attuale formulazione delle norme del Ddl. di conversione, sono esclusi da imposizione gli immobili esteri e le attività finanziarie detenute all’estero dai soggetti IRES e dalle società di persone.
In sostanza, quindi, pare che per comprendere se un’attività sia da considerare detenuta all’estero occorrerà far riferimento alla disciplina sul monitoraggio fiscale e alle regole di compilazione del modulo RW.
A tal proposito si ricorda che, con la circolare n. 43 del 2009, l’Agenzia delle Entrate ha modificato il proprio precedente orientamento affermando che i contribuenti sono tenuti ad indicare nel modulo RW non soltanto le attività estere di natura finanziaria, ma anche gli investimenti all’estero di altra natura, indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili in Italia.
In questo modo, l’Agenzia ha acquisito le informazioni degli immobili posseduti all’estero dalle persone fisiche, tanto con riferimento al Paese, tanto con riferimento alla base imponibile della nuova patrimoniale (costo storico o valore di mercato).
Sebbene la modifica interpretativa e la scelta di introdurre l’imposta non siano tra loro collegate, il quadro complessivo che ne scaturisce può suscitare alcune perplessità sotto il profilo del principio della buona fede.
La circostanza che vi siano aliquote differenziate in ragione della tipologia di attività posseduta all’estero rende necessario chiarire definitivamente se le quote in soggetti come le sociétés civiles immobilières francesi o monegasche devono essere considerate attività finanziarie o quote di immobili situati all’estero. La circ. Agenzia delle Entrate 23 novembre 2009 n. 49 (§ 2.5) pare far intendere che si tratta di attività finanziarie.
Possibile lo scomputo delle imposte patrimoniali estere
Da ciascuna imposta separatamente (sia dall’imposta sugli immobili esteri che da quelle sulle attività finanziarie estere) sarà possibile dedurre, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d’imposta pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situata l’attività estera.
Anche questo punto meriterà opportuni chiarimenti.
In primo luogo, non è agevole individuare la natura patrimoniale o meno dei tributi esteri (la taxe foncière in Francia, ad esempio, ha natura patrimoniale?)
Inoltre, le imposte patrimoniali applicate in Stati esteri non sempre applicano aliquote distinte per immobili, attività finanziarie o beni di lusso (si pensi al caso dell’imposta di solidarietà sul patrimonio in vigore in Francia che colpisce l’intero patrimonio del contribuente con franchigie e scaglioni).
Sarà necessario, quindi, prevedere un meccanismo di calcolo del credito d’imposta assai complesso seguendo, ad esempio, i principi dettati dall’art. 165 del TUIR in materia di imposte sui redditi.
 / Salvatore SANNA

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