diritto fallimentare
In arrivo una nuova procedura per l’insolvenza civile
Introdotta da un DL in corso di pubblicazione in G.U., riguarderà soggetti privati e piccoli imprenditori, ma la sua efficacia appare limitata
Con il DL approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 16 dicembre scorso, tuttora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, è stata introdotta nell’ordinamento una procedura di composizione della crisi destinata ai soggetti diversi dagli imprenditori fallibili.
In periodi di recessione è purtroppo assai frequente che soggetti privati, in ragione della diminuzione dei loro redditi, non riescano più a far fronte alle proprie obbligazioni, anche di tipo fideiussorio, rendendosi così insolventi senza avere alcuno strumento di esdebitazione e non potendo accedere a procedure concorsuali che, per loro natura, sono oggi riservate agli imprenditori commerciali che superino i limiti dimensionali minimi previsti dalla legge fallimentare.
Il nuovo strumento della composizione della crisi da sovraindebitamento dei soggetti privati e dei piccoli imprenditori ha, pertanto, grandissima rilevanza sociale, benché i suoi meccanismi procedurali siano complessi e la sua efficacia appaia molto limitata. Il Legislatore, infatti, ha scelto di replicare larga parte della disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti regolati dall’art. 182-bis L. fall., con la conseguenza che il nuovo strumento non ha valenza concorsuale né, quindi, alcuna efficacia obbligatoria nei confronti dei soggetti che non partecipino all’accordo.
In base al testo legislativo disponibile, il debitore che voglia accedere al nuovo istituto dovrà depositare presso il tribunale competente una proposta di accordo che preveda la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo. Per questi ultimi è possibile, peraltro, prevedere una moratoria fino ad un anno, purché il piano assicuri il loro pagamento alla scadenza.
Il piano, inoltre, potrà prevedere anche l’affidamento a un fiduciario del patrimonio del debitore per la sua custodia e liquidazione e per la distribuzione del ricavato ai creditori.
Oltre alla proposta di accordo, il debitore dovrà depositare l’elenco dettagliato dei propri debiti, una descrizione del suo patrimonio e l’elenco degli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, unitamente alle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni. Il piano dovrà essere attestato e corredato dall’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia. Il piccolo imprenditore dovrà produrre anche le scritture contabili dell’ultimo triennio.
Qualora i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti ad assicurare la fattibilità del piano, sarà necessario l’intervento di soggetti terzi che possano garantire, con il loro patrimonio, l’adempimento delle obbligazioni derivanti dall’accordo, nonché il pagamento di tutti i creditori estranei.
Per l’omologazione dell’accordo, è necessaria l’adesione di almeno il 70% dei creditori; il quorum si riduce al 50% qualora il debitore sia qualificabile come consumatore. Nella fase delle trattative il tribunale, valutata la serietà della proposta del debitore, può disporre in via cautelare la protezione del suo patrimonio da azioni esecutive, sequestri conservativi o iscrizioni ipotecarie per un periodo massimo di 120 giorni.
Nell’ambito di questa nuova procedura appare determinante il ruolo degli organismi di composizione della crisi, che dovranno essere iscritti in un apposito Registro tenuto presso il Ministero della Giustizia. Questa figura è l’elemento centrale dell’istituto, dovendo affiancare il debitore nella predisposizione e attestazione del piano di ristrutturazione, raccogliere le adesioni dei creditori e persino risolvere le difficoltà nell’esecuzione dell’accordo, vigilando sul suo adempimento e segnalando ai creditori eventuali irregolarità. La legge comprende tra gli organismi per la composizione della crisi anche gli Ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti e dei notai e gli organismi di mediazione costituiti presso le Camere di commercio. Le disposizioni transitorie prevedono, peraltro, che le funzioni dell’organismo di composizione della crisi possano essere svolte anche da professionisti aventi i requisiti del curatore fallimentare o da notai, nominati dal Presidente del tribunale competente.
Il ruolo dell’organismo di composizione della crisi, anche in considerazione delle amplissime ed eterogenee funzioni che la normativa gli attribuisce, suscita notevoli perplessità. Dubbi ancora maggiori riguardano l’effettiva possibilità di esdebitazione derivante da un meccanismo che non preveda effetti remissori nei confronti dei soggetti estranei all’accordo. Ben altra efficacia avrebbe avuto una procedura di tipo concorsuale che valorizzasse il consenso della maggioranza sino a vincolare anche i creditori dissenzienti: solo così, probabilmente, si sarebbe potuta assicurare un’effettiva liberazione del debitore e la sua possibilità di condurre un’esistenza senza il gravame di un insopportabile indebitamento.
/ Alberto GUIOTTO
In periodi di recessione è purtroppo assai frequente che soggetti privati, in ragione della diminuzione dei loro redditi, non riescano più a far fronte alle proprie obbligazioni, anche di tipo fideiussorio, rendendosi così insolventi senza avere alcuno strumento di esdebitazione e non potendo accedere a procedure concorsuali che, per loro natura, sono oggi riservate agli imprenditori commerciali che superino i limiti dimensionali minimi previsti dalla legge fallimentare.
Il nuovo strumento della composizione della crisi da sovraindebitamento dei soggetti privati e dei piccoli imprenditori ha, pertanto, grandissima rilevanza sociale, benché i suoi meccanismi procedurali siano complessi e la sua efficacia appaia molto limitata. Il Legislatore, infatti, ha scelto di replicare larga parte della disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti regolati dall’art. 182-bis L. fall., con la conseguenza che il nuovo strumento non ha valenza concorsuale né, quindi, alcuna efficacia obbligatoria nei confronti dei soggetti che non partecipino all’accordo.
In base al testo legislativo disponibile, il debitore che voglia accedere al nuovo istituto dovrà depositare presso il tribunale competente una proposta di accordo che preveda la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, sulla base di un piano che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo. Per questi ultimi è possibile, peraltro, prevedere una moratoria fino ad un anno, purché il piano assicuri il loro pagamento alla scadenza.
Il piano, inoltre, potrà prevedere anche l’affidamento a un fiduciario del patrimonio del debitore per la sua custodia e liquidazione e per la distribuzione del ricavato ai creditori.
Oltre alla proposta di accordo, il debitore dovrà depositare l’elenco dettagliato dei propri debiti, una descrizione del suo patrimonio e l’elenco degli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni, unitamente alle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni. Il piano dovrà essere attestato e corredato dall’elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento suo e della sua famiglia. Il piccolo imprenditore dovrà produrre anche le scritture contabili dell’ultimo triennio.
Qualora i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti ad assicurare la fattibilità del piano, sarà necessario l’intervento di soggetti terzi che possano garantire, con il loro patrimonio, l’adempimento delle obbligazioni derivanti dall’accordo, nonché il pagamento di tutti i creditori estranei.
Per l’omologazione dell’accordo, è necessaria l’adesione di almeno il 70% dei creditori; il quorum si riduce al 50% qualora il debitore sia qualificabile come consumatore. Nella fase delle trattative il tribunale, valutata la serietà della proposta del debitore, può disporre in via cautelare la protezione del suo patrimonio da azioni esecutive, sequestri conservativi o iscrizioni ipotecarie per un periodo massimo di 120 giorni.
Nell’ambito di questa nuova procedura appare determinante il ruolo degli organismi di composizione della crisi, che dovranno essere iscritti in un apposito Registro tenuto presso il Ministero della Giustizia. Questa figura è l’elemento centrale dell’istituto, dovendo affiancare il debitore nella predisposizione e attestazione del piano di ristrutturazione, raccogliere le adesioni dei creditori e persino risolvere le difficoltà nell’esecuzione dell’accordo, vigilando sul suo adempimento e segnalando ai creditori eventuali irregolarità. La legge comprende tra gli organismi per la composizione della crisi anche gli Ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti e dei notai e gli organismi di mediazione costituiti presso le Camere di commercio. Le disposizioni transitorie prevedono, peraltro, che le funzioni dell’organismo di composizione della crisi possano essere svolte anche da professionisti aventi i requisiti del curatore fallimentare o da notai, nominati dal Presidente del tribunale competente.
Il ruolo dell’organismo di composizione della crisi, anche in considerazione delle amplissime ed eterogenee funzioni che la normativa gli attribuisce, suscita notevoli perplessità. Dubbi ancora maggiori riguardano l’effettiva possibilità di esdebitazione derivante da un meccanismo che non preveda effetti remissori nei confronti dei soggetti estranei all’accordo. Ben altra efficacia avrebbe avuto una procedura di tipo concorsuale che valorizzasse il consenso della maggioranza sino a vincolare anche i creditori dissenzienti: solo così, probabilmente, si sarebbe potuta assicurare un’effettiva liberazione del debitore e la sua possibilità di condurre un’esistenza senza il gravame di un insopportabile indebitamento.
/ Alberto GUIOTTO
Nessun commento:
Posta un commento