Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Agenzia delle Entrate

Attestazione del requisito idoneità finanziaria

ai sensi art 7 Reg. Europeo n. 1071/2009 – art. 7 D. D . 291/2011

Pratiche Telematiche al Registro Imprese - Invio Bilancio
Aggiornamento Consiglio di Amministrazione ed elenco Soci
Variazioni all 'Agenzia delle Entrate
Cessioni di quote di Società Srl
Gestione del contenzioso con l' Agenzia delle Entrate
Ricorsi Tributari

mercoledì 14 dicembre 2011

iva : Favor rei per la mancata regolarizzazione IVA da parte del prestatore


Favor rei per la mancata regolarizzazione IVA da parte del prestatore

Il caso analizzato dalla Corte di Cassazione riguarda operazioni relative a valute estere, ma erroneamente considerate esenti

/ Mercoledì 14 dicembre 2011
La sentenza della Cassazione n. 26513 depositata lo scorso 12 dicembre, intervenendo in materia di IVA, contiene numerosi spunti relativi all’applicazione dell’imposta e delle sanzioni.
Il primo aspetto affrontato riguarda alcune operazioni erroneamente considerate esenti (ai sensi dell’art. 10, n. 3), del DPR 633/72) in quanto relative a valute estere, ma in realtà attinenti alla custodia e amministrazione di strumenti finanziari e, come tali, escluse dal regime di esenzione IVA, con conseguente applicabilità del tributo. In relazione a tali operazioni, la parte committente avrebbe dovuto regolarizzare la mancata applicazione del tributo da parte del prestatore del servizio, emettendo autofattura con applicazione dell’IVA, altresì sanzionabile ai sensi dell’allora vigente art. 41, comma 6, del DPR 633/72.
Per tale violazione, a giudizio della Corte, pur avente natura sostanziale (e non formale come sostenuto dalla società che non aveva provveduto alla regolarizzazione), si rende comunque applicabile il principio di legalità (o favor rei), di cui all’art. 3, comma 3, del DLgs. n. 472/97, con conseguente applicazione della minor sanzione prevista dall’art. 6 del DLgs. n. 471/97, che a decorrere dal 1° aprile 1998 ha sostituito il citato art. 41, comma 6, del DPR 633/72. Quest’ultima disposizione, infatti, pur richiedendo, oltre al pagamento della sanzione, anche il tributo (mentre l’art. 6 del DLgs. 471/97 commina la sola sanzione), deve interpretarsi nel senso che il prelievo tributario ha in realtà natura sanzionatoria, con conseguente applicabilità, in base al favor rei, della minor sanzione prevista dal sopravvenuto art. 6 del DLgs. 471/97.
Ulteriore questione affrontata dalla Corte riguarda la natura delle somme percepite dalla società ricorrente a fronte di fatture emesse nei confronti di ditte fornitrici: per i giudici, trattasi di sconti o abbuoni sulle vendite praticati nei suoi confronti da tali imprese fornitrici; per la società ricorrente, invece, di cessioni di denaro fuori campo IVA, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lett. a), del DPR 633/72, in quanto meri ristorni di natura finanziaria. In realtà, come indicato nel corpo della fattura, si tratta di prestazioni promozionali rese nei confronti di altre imprese e, come tali, soggette ad IVA in quanto prestazioni di servizi.
Il terzo motivo affrontato nella sentenza riguarda la corretta applicazione del regime di non imponibilità IVA, di cui all’art. 8, comma 1, lett. a), del DPR 633/72, in relazione a cessioni di beni avvenute in triangolazione (due soggetti nazionali e acquirente finale stabilito in un Paese extra-Ue di destinazione dei beni), per le quali si sarebbero riscontrati degli scostamenti tra gli importi indicati nelle fatture e quelli annotati nelle bollette doganali di esportazione. Sul punto, i giudici di legittimità, prima di entrare nel merito di quanto stabilito dalla C.T. Reg., ricordano che non vi sono motivi per disconoscere la natura di operazione triangolare, come tale non imponibile IVA, anche laddove non vi sia la prova che il trasporto all’estero sia avvenuto a cura e nome del cedente, come richiesto dall’art. 8, comma 1, lett. a), del DPR 633/72.
Infatti, sostiene la Corte, come ormai ribadito anche in altre sentenze (Cass. 4098/2000, 6114/2009, 21956/2010 e 1395/2011), “l’elemento decisivo del riscontro di una siffatta operazione è, senza dubbio, costituito dal fatto che, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, l’operazione medesima sia stata voluta come cessione nazionale in vista del trasporto a cessionario residente all’estero; e ciò nel precipuo senso che tale destinazione deve essere riferibile alla comune volontà degli originari contraenti”. Infatti, si legge nella sentenza, l’espressione “a cura del cedente“ o “per suo conto” non significa che il trasporto debba avvenire in esecuzione di un contratto concluso direttamente dal cedente, bensì l’obiettivo è di evitare operazioni fraudolente che si potrebbero porre facilmente in essere “qualora il cessionario nazionale potesse autonomamente - e, cioè, a prescindere da un preventivo accordo contrattuale con il cedente - decidere di esportare i beni al di fuori dello Stato di appartenenza”.
Nel caso di specie, tuttavia, la C.T. Reg. ha accertato che gli importi risultanti dalle bolle di accompagnamento emesse dal primo cedente, e fatte vidimare dal secondo cedente (società ricorrente) in dogana, recano in alcuni casi scostamenti in termini di quantità di merce e di valori inferiori rispetto a quelli che derivano dalle fatture emesse dal secondo cedente nei confronti dell’acquirente finale extra-Ue. Per tale motivo, sostiene la Corte, la C.T. Reg. ha ritenuto non sussistente l’operazione triangolare nel caso di specie, “mancando del tutto agli atti la prova documentale dell’operazione triangolare costituente cessione all’esportazione”, non essendovi la prova che l’operazione sia stata voluta come tale dalle parti sin dall’origine.
 / Sandro CERATO

Nessun commento:

Posta un commento