Diritto societario
Nel trasferimento di partecipazioni, irrilevante il «patto leonino»
Il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite riguarda il solo rapporto intercorrente tra società e soci
L’art. 2265 c.c. – ai sensi del quale è nullo il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite (cosiddetto patto leonino) – deve riguardare il rapporto intercorrente tra società e soci; esso non incide – dato il carattere eccezionale delle limitazioni poste all’autonomia privata – sull’eventuale trasferimento di partecipazioni. A precisarlo è il Tribunale di Milano nella sentenza 19 settembre 2011 n. 10937.
La società alfa spa si accordava, agli inizi del 2006, con due soci della società beta srl per l’acquisto del 20% del capitale sociale di quest’ultima per circa sedici milioni di euro. I venditori garantivano, inoltre, alla società alfa spa il diritto di disinvestire a termine, tramite la concessione di un’opzione di vendita (put), da esercitarsi, per un prezzo determinato con formula prestabilita, nel corso del 2009 (obbligazione garantita dal padre dei due venditori). La società alfa spa esercitava l’opzione di vendita nei termini per un corrispettivo che risultava essere di circa venti milioni di euro, ma alle date fissate per l’atto di trasferimento non si presentavano né i due vecchi soci, né il padre fideiussore. La società alfa spa citava gli stessi in giudizio chiedendo, ex art. 2932 c.c. (esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto), il trasferimento ad essi della quota della società beta srl con pagamento del relativo prezzo.
I convenuti eccepivano la nullità del contratto per violazione della norma inderogabile di cui all’art. 2265 c.c. che, come ricordato, vieta il patto leonino, ovvero il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite. L’accordo concluso avrebbe assicurato alla società alfa spa, quale socio entrante, la possibilità di dismettere la partecipazione con sicuro profitto ed un facile recupero della somma versata con esonero dalle perdite per l’intero periodo di permanenza nella compagine sociale.
Il Tribunale di Milano non condivide la ricostruzione dei convenuti ed accoglie il ricorso della società alfa spa. Il regime vietato dall’art. 2265 c.c., infatti, deve riguardare il rapporto intercorrente tra società e soci e non incide – dato il carattere eccezionale delle limitazioni poste all’autonomia privata – sull’eventuale trasferimento di partecipazioni, che rappresenta una fattispecie completamente diversa dalla situazione giuridica di titolarità del diritto agli utili di esercizio (nel caso di specie, inoltre, neppure erano ravvisabili elementi da cui desumere l’esistenza di previsioni statutarie che escludessero in via assoluta la partecipazione della quota in questione alle perdite).
La predeterminazione del prezzo di riacquisto della quota di partecipazione rientra nella libera determinazione delle parti in relazione al trasferimento di un bene mobile e, quindi, nella normale alea contrattuale della compravendita legata al patto di opzione che non ricade nel divieto di cui all’art. 2265 c.c., volto esclusivamente ad evitare accordi endosocietari che alterino la ripartizione del rischio d’impresa in modo assoluto e costante (cfr. Cass. 29 ottobre 1994 n. 8927, che ha anche sottolineato come il divieto di patto leonino, dettato in tema di società di persone, sia applicabile a tutti i tipi sociali, in quanto attinente alle condizioni essenziali del contratto di società).
D’altra parte – osserva ancora il Tribunale di Milano – nel caso di specie l’opzione di vendita era esercitabile solo entro un certo termine. L’eventuale mancato esercizio, quindi, avrebbe determinato la partecipazione della società alfa spa alle perdite della società beta srl, con corrispondente venir meno del carattere assoluto e costante dell’esclusione del rischio d’impresa.
La determinazione del prezzo di riacquisto, inoltre, rientra nella normale alea contrattuale e nella libera determinazione delle parti, dal momento che il corrispettivo può rivelarsi remunerativo per l’una o l’altra a seconda del mutare di vari fattori (in particolare, l’andamento della società nell’arco temporale previsto nel contratto).
A fronte di tutto ciò, il Tribunale osserva come l’intenzione dei contraenti – resa palese dalle espressioni utilizzate nel contratto (ad esempio, “in vista del trasferimento” e “il pagamento dovrà essere effettuato per intero all’atto del trasferimento”) – faccia pensare alla conclusione, in seguito all’esercizio dell’opzione, di un contratto preliminare e non di un contratto definitivo di trasferimento della partecipazione.
Allora, esclusa la nullità del contratto, rilevata l’inesistenza di contestazioni relativamente al compimento da parte della società alfa spa delle formalità di esercizio dell’opzione, con conseguente perfezionamento del contratto preliminare, si ravvisano i presupposti per la pronuncia ex art. 2932 c.c. È disposto, quindi, il trasferimento della quota della società beta srl ai precedenti soci e la condanna degli stessi (e del padre fideiussore) al pagamento della somma originariamente pattuita.
/ Maurizio MEOLI
La società alfa spa si accordava, agli inizi del 2006, con due soci della società beta srl per l’acquisto del 20% del capitale sociale di quest’ultima per circa sedici milioni di euro. I venditori garantivano, inoltre, alla società alfa spa il diritto di disinvestire a termine, tramite la concessione di un’opzione di vendita (put), da esercitarsi, per un prezzo determinato con formula prestabilita, nel corso del 2009 (obbligazione garantita dal padre dei due venditori). La società alfa spa esercitava l’opzione di vendita nei termini per un corrispettivo che risultava essere di circa venti milioni di euro, ma alle date fissate per l’atto di trasferimento non si presentavano né i due vecchi soci, né il padre fideiussore. La società alfa spa citava gli stessi in giudizio chiedendo, ex art. 2932 c.c. (esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto), il trasferimento ad essi della quota della società beta srl con pagamento del relativo prezzo.
I convenuti eccepivano la nullità del contratto per violazione della norma inderogabile di cui all’art. 2265 c.c. che, come ricordato, vieta il patto leonino, ovvero il patto con il quale uno o più soci sono esclusi da ogni partecipazione agli utili o alle perdite. L’accordo concluso avrebbe assicurato alla società alfa spa, quale socio entrante, la possibilità di dismettere la partecipazione con sicuro profitto ed un facile recupero della somma versata con esonero dalle perdite per l’intero periodo di permanenza nella compagine sociale.
Il Tribunale di Milano non condivide la ricostruzione dei convenuti ed accoglie il ricorso della società alfa spa. Il regime vietato dall’art. 2265 c.c., infatti, deve riguardare il rapporto intercorrente tra società e soci e non incide – dato il carattere eccezionale delle limitazioni poste all’autonomia privata – sull’eventuale trasferimento di partecipazioni, che rappresenta una fattispecie completamente diversa dalla situazione giuridica di titolarità del diritto agli utili di esercizio (nel caso di specie, inoltre, neppure erano ravvisabili elementi da cui desumere l’esistenza di previsioni statutarie che escludessero in via assoluta la partecipazione della quota in questione alle perdite).
La predeterminazione del prezzo di riacquisto della quota di partecipazione rientra nella libera determinazione delle parti in relazione al trasferimento di un bene mobile e, quindi, nella normale alea contrattuale della compravendita legata al patto di opzione che non ricade nel divieto di cui all’art. 2265 c.c., volto esclusivamente ad evitare accordi endosocietari che alterino la ripartizione del rischio d’impresa in modo assoluto e costante (cfr. Cass. 29 ottobre 1994 n. 8927, che ha anche sottolineato come il divieto di patto leonino, dettato in tema di società di persone, sia applicabile a tutti i tipi sociali, in quanto attinente alle condizioni essenziali del contratto di società).
D’altra parte – osserva ancora il Tribunale di Milano – nel caso di specie l’opzione di vendita era esercitabile solo entro un certo termine. L’eventuale mancato esercizio, quindi, avrebbe determinato la partecipazione della società alfa spa alle perdite della società beta srl, con corrispondente venir meno del carattere assoluto e costante dell’esclusione del rischio d’impresa.
La determinazione del prezzo di riacquisto, inoltre, rientra nella normale alea contrattuale e nella libera determinazione delle parti, dal momento che il corrispettivo può rivelarsi remunerativo per l’una o l’altra a seconda del mutare di vari fattori (in particolare, l’andamento della società nell’arco temporale previsto nel contratto).
A fronte di tutto ciò, il Tribunale osserva come l’intenzione dei contraenti – resa palese dalle espressioni utilizzate nel contratto (ad esempio, “in vista del trasferimento” e “il pagamento dovrà essere effettuato per intero all’atto del trasferimento”) – faccia pensare alla conclusione, in seguito all’esercizio dell’opzione, di un contratto preliminare e non di un contratto definitivo di trasferimento della partecipazione.
Allora, esclusa la nullità del contratto, rilevata l’inesistenza di contestazioni relativamente al compimento da parte della società alfa spa delle formalità di esercizio dell’opzione, con conseguente perfezionamento del contratto preliminare, si ravvisano i presupposti per la pronuncia ex art. 2932 c.c. È disposto, quindi, il trasferimento della quota della società beta srl ai precedenti soci e la condanna degli stessi (e del padre fideiussore) al pagamento della somma originariamente pattuita.
/ Maurizio MEOLI
Nessun commento:
Posta un commento