Reddito d’impresa
Due diligence deducibile anche se si cede la partecipazione in pex
Per la Regionale di Roma, tale servizio professionale è un onere non direttamente connesso con la cessione
Il regime della participation exemption che, al ricorrere di determinate condizioni, consente di beneficiare dell’esenzione parziale (95% o 50,62%) delle plusvalenze su partecipazioni cedute da soggetti imprenditori, è affiancato dall’impossibilità di dedurre i costi direttamente connessi con la cessione delle partecipazioni.Tale meccanismo, probabilmente, nasce dal fatto che l’introduzione del regime di esenzione per le partecipazioni ha determinato la necessità di apportare i necessari “correttivi” che garantiscano una certa “simmetria” al sistema fiscale nel suo complesso.
La legge delega n. 80/2003 aveva previsto l’indeducibilità dei costi “direttamente connessi”, categoria più ampia e che ricomprende, tra l’altro, gli oneri di diretta imputazione (quali ad esempio le spese notarili). Attualmente, l’indeducibilità dei “costi direttamente connessi” risulta in modo indiretto dall’art. 109, comma 5 del TUIR, che non consente la deducibilità dei costi riferibili a beni da cui derivano proventi esenti.
Risulta quindi evidente che la normativa, su questo punto, si presenta alquanto dubbia, in quanto non è chiaro se tra i costi connessi con la cessione di partecipazioni rientrano anche gli oneri derivanti dalle c.d. “attività preparatorie” alla cessione.
Sul tema, ha provato a far luce la C.T. Reg. Roma, con la sentenza n. 225/37/11 del 27 settembre 2011, valutando se l’indeducibilità dichiarata dalla disposizione in argomento sia applicabile anche a servizi professionali quali le due diligence (contabili e fiscali) e le valutazioni patrimoniali del caso.
Per risolvere la questione, i Giudici romani hanno ritenuto che occorre riferirsi a quanto precisato nella Relazione illustrativa alla legge delega del DLgs. 344/2003, osservando che si intende escludere dall’esenzione i costi “direttamente connessi con la cessione di partecipazioni esenti”, ossia quelli riferibili:
- agli “oneri accessori sostenuti in occasione della cessione” (spese notarili, provvigioni a mediatori e simili) e
- agli altri eventuali “oneri che siano specificamente, e non solo indistintamente, collegati alla realizzazione della plusvalenza esente”.
L’indeducibilità dei predetti componenti negativi di reddito può riflettersi alternativamente:
- nel caso in cui confluiscano nel calcolo della plusvalenza realizzata sulla partecipazione (in qualità di oneri di diretta imputazione), in una minore variazione in diminuzione dell’utile civilistico in sede di determinazione del reddito di impresa, posto che diminuiscono l’entità della plusvalenza esente realizzata;
- nel caso in cui, invece, non confluiscano nel calcolo della plusvalenza realizzata sulla partecipazione (ipotesi peraltro sempre verificata quando la partecipazione realizzata non costituisce un’immobilizzazione finanziaria), in una variazione in aumento dell’utile civilistico in sede di determinazione del reddito di impresa.
Le stime e le analisi non sono collegate con la cessione
Con riferimento agli oneri sopracitati derivanti dalla necessaria attività di due diligence e di stima del valore del gruppo, la sentenza afferma che i medesimi non hanno nulla in comune con le spese notarili e le provvigioni ai mediatori, in quanto non si tratta di oneri sostenuti “in occasione” della cessione, ma quale suo presupposto: in particolare, senza le garanzie date da tali perizie non sarebbe avvenuta alcuna cessione.Si afferma, poi, che i costi in argomento non rappresentano nemmeno “oneri che siano specificamente, e non solo indistintamente, collegati alla realizzazione della plusvalenza esente”. Ciò in quanto essi non possono essere collegati “specificatamente” alla “realizzazione” della plusvalenza esente, non avendo alcun legame con il valore della società partecipata o con il corrispettivo ricavato dalla cessione della partecipazione.
/ Salvatore SANNA
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