manovra correttiva
Efficacia retroattiva per i beni in godimento ai soci
Emanato ieri il provvedimento che fissa le modalità e i termini di comunicazione dei dati, con la prima scadenza al 31 marzo 2012
In applicazione dell’art. 2 comma 36-sexiesdecies del DL n. 138/2011 convertito, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento che fissa le modalità e i termini di comunicazione dei dati relativi ai beni dell’impresa concessi in godimento a soci o familiari dell’imprenditore.
Il nuovo adempimento è diretto – si legge nelle motivazioni dello stesso provvedimento – a riportare l’intestazione dei beni all’effettivo utilizzatore, scoraggiando l’occultamento, anche attraverso lo schermo societario, di quei beni che sono nella disponibilità dei soci o dei familiari dell’imprenditore.
Si tratta di un obiettivo certamente condivisibile, ma il cui raggiungimento, almeno ad un prima lettura del provvedimento, appare decisamente oneroso per la nostra categoria.
Occorre, in primo luogo, sottolineare che sono oggetto di comunicazione i beni dell’impresa in godimento e qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione nei confronti della società concedente.
Finanziamento e capitalizzazione che, dalla semplice lettura della norma primaria, non sembravano dover essere oggetto di comunicazione. Infatti, in base al citato comma 36-sexiesdecies, “l’impresa concedente ovvero il socio o il familiare dell’imprenditore comunicano all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai beni concessi in godimento”.
Gli apporti dei soci sono invece richiamati nel successivo comma 36-septiesdecies, ove si afferma che l’Agenzia delle Entrate controllerà sistematicamente la posizione delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento, tenendo conto, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società.
Probabilmente tale richiamo normativo è stato ritenuto sufficiente dall’Agenzia per estendere l’ambito applicativo della comunicazione. Nel caso in cui il socio non abbia in godimento alcun bene, ma abbia effettuato un apporto, si ritiene che non debba essere effettuata alcuna comunicazione.
Non risulta altresì dal DL 138/2011 l’obbligo di comunicazione anche per i familiari dei soci o per i soci o familiari di altra società appartenente al medesimo gruppo, previsto invece dal § 1.4 del provvedimento di ieri.
Lo stesso provvedimento si premura, poi, di specificare che rientrano nell’ambito applicativo della disposizione anche quei soci persone fisiche che detengono, anche indirettamente, partecipazioni nell’impresa (rectius società) concedente.
Si tratta di una previsione comprensibile in ragione delle finalità della norma, posto che sarebbe stato sufficiente essere soci della holding e non della società industriale proprietaria dei beni per sfuggire all’applicazione della norma.
Meno condivisile è invece la tempistica con cui deve essere effettuata la comunicazione. L’art. 2 comma 36-duodevicies del DL 138/2011 afferma che le disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto). Quindi, generalmente, a partire dal 2012.
Il provvedimento, al § 1.3, prevede che l’obbligo di comunicazione sussista anche per i beni per i quali il godimento permane nel periodo d’imposta in corso al 17 settembre 2011, così come per i finanziamenti o le capitalizzazioni in corso nello stesso periodo.
In tal caso, prevede il successivo § 3.5, la comunicazione deve essere effettuata entro il 31 marzo 2012.
La questione meriterebbe un approfondimento da parte dell’Agenzia delle Entrate; si ritiene che un’eventuale efficacia retroattiva della comunicazione non dovrebbe avere effetti sulla tassazione, in capo ai soci o familiari, della differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per concessione in godimento dei beni.
Analogo discorso dovrebbe farsi per l’indeducibilità dei relativi costi, che, alla luce di quanto previsto dal DL 138/2011, non potrebbe decorrere dal 2011.
Non si ricava dal testo del provvedimento, ma si desume dall’allegato tecnico, un altro elemento rilevante della nuova disciplina. Oggetto di comunicazione saranno non solo i beni ad uso esclusivo, ma anche quelli ad uso promiscuo, vale a dire, ad esempio, le autovetture di cui all’art. 164 del TUIR.
Altro punto che farà sicuramente discutere è quello dell’analiticità della comunicazione. Anche in questo caso occorre leggere l’allegato tecnico, nel quale si apprende che si deve indicare non solo il bene concesso in godimento, ma anche il numero di telaio, nel caso di un’autovettura, e i dati catastali in caso di immobile.
L’unica semplificazione, apprezzabile in quanto non prevista dalla norma primaria, si ha con riferimento ai beni diversi da veicoli, unità da diporto, aeromobili e immobili che siano di valore non superiore a 3mila euro. In tale circostanza, l’obbligo di comunicazione non sussiste.
/ Giancarlo ALLIONE e Alessandro COTTO
Il nuovo adempimento è diretto – si legge nelle motivazioni dello stesso provvedimento – a riportare l’intestazione dei beni all’effettivo utilizzatore, scoraggiando l’occultamento, anche attraverso lo schermo societario, di quei beni che sono nella disponibilità dei soci o dei familiari dell’imprenditore.
Si tratta di un obiettivo certamente condivisibile, ma il cui raggiungimento, almeno ad un prima lettura del provvedimento, appare decisamente oneroso per la nostra categoria.
Occorre, in primo luogo, sottolineare che sono oggetto di comunicazione i beni dell’impresa in godimento e qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione nei confronti della società concedente.
Finanziamento e capitalizzazione che, dalla semplice lettura della norma primaria, non sembravano dover essere oggetto di comunicazione. Infatti, in base al citato comma 36-sexiesdecies, “l’impresa concedente ovvero il socio o il familiare dell’imprenditore comunicano all’Agenzia delle entrate i dati relativi ai beni concessi in godimento”.
Gli apporti dei soci sono invece richiamati nel successivo comma 36-septiesdecies, ove si afferma che l’Agenzia delle Entrate controllerà sistematicamente la posizione delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento, tenendo conto, in particolare, di qualsiasi forma di finanziamento o capitalizzazione effettuata nei confronti della società.
Probabilmente tale richiamo normativo è stato ritenuto sufficiente dall’Agenzia per estendere l’ambito applicativo della comunicazione. Nel caso in cui il socio non abbia in godimento alcun bene, ma abbia effettuato un apporto, si ritiene che non debba essere effettuata alcuna comunicazione.
Non risulta altresì dal DL 138/2011 l’obbligo di comunicazione anche per i familiari dei soci o per i soci o familiari di altra società appartenente al medesimo gruppo, previsto invece dal § 1.4 del provvedimento di ieri.
Lo stesso provvedimento si premura, poi, di specificare che rientrano nell’ambito applicativo della disposizione anche quei soci persone fisiche che detengono, anche indirettamente, partecipazioni nell’impresa (rectius società) concedente.
Si tratta di una previsione comprensibile in ragione delle finalità della norma, posto che sarebbe stato sufficiente essere soci della holding e non della società industriale proprietaria dei beni per sfuggire all’applicazione della norma.
Meno condivisile è invece la tempistica con cui deve essere effettuata la comunicazione. L’art. 2 comma 36-duodevicies del DL 138/2011 afferma che le disposizioni si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 17 settembre 2011 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto). Quindi, generalmente, a partire dal 2012.
Il provvedimento, al § 1.3, prevede che l’obbligo di comunicazione sussista anche per i beni per i quali il godimento permane nel periodo d’imposta in corso al 17 settembre 2011, così come per i finanziamenti o le capitalizzazioni in corso nello stesso periodo.
In tal caso, prevede il successivo § 3.5, la comunicazione deve essere effettuata entro il 31 marzo 2012.
La questione meriterebbe un approfondimento da parte dell’Agenzia delle Entrate; si ritiene che un’eventuale efficacia retroattiva della comunicazione non dovrebbe avere effetti sulla tassazione, in capo ai soci o familiari, della differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per concessione in godimento dei beni.
Analogo discorso dovrebbe farsi per l’indeducibilità dei relativi costi, che, alla luce di quanto previsto dal DL 138/2011, non potrebbe decorrere dal 2011.
Non si ricava dal testo del provvedimento, ma si desume dall’allegato tecnico, un altro elemento rilevante della nuova disciplina. Oggetto di comunicazione saranno non solo i beni ad uso esclusivo, ma anche quelli ad uso promiscuo, vale a dire, ad esempio, le autovetture di cui all’art. 164 del TUIR.
Altro punto che farà sicuramente discutere è quello dell’analiticità della comunicazione. Anche in questo caso occorre leggere l’allegato tecnico, nel quale si apprende che si deve indicare non solo il bene concesso in godimento, ma anche il numero di telaio, nel caso di un’autovettura, e i dati catastali in caso di immobile.
L’unica semplificazione, apprezzabile in quanto non prevista dalla norma primaria, si ha con riferimento ai beni diversi da veicoli, unità da diporto, aeromobili e immobili che siano di valore non superiore a 3mila euro. In tale circostanza, l’obbligo di comunicazione non sussiste.
/ Giancarlo ALLIONE e Alessandro COTTO
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