semplificazione amministrativa
PEC del professionista sotto stretto controllo
Le imprese possono ricorrere all’indirizzo PEC di uno studio professionale, che però deve valutare attentamente la responsabilità che ne deriva
È ormai prossima la scadenza del 29 novembre per la comunicazione dell’indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC) al Registro delle imprese posta a carico di tutte le imprese costituite in forma societaria dall’art. 16, comma 6, del DL 185/2008.
Il Ministero dello Sviluppo Economico, con la circolare dello scorso 3 novembre 2011 n. 3645/C, ha fornito i primi chiarimenti su alcune problematiche emerse in sede di prassi applicativa delle Camere di Commercio (si veda “Sanzionato il mancato o ritardato invio della PEC” del 5 novembre 2011).
Alcune delle indicazioni operative rilasciate dal Ministero dello Sviluppo Economico riguardano anche i professionisti ai quali ci si rivolge per i vari adempimenti.
Nello specifico, il Ministero ha chiarito che non è necessario che ogni impresa abbia un proprio indirizzo PEC, potendo avvalersi “dell’indirizzo di posta elettronica” dello studio professionale al quale ci si affida e che assiste l’impresa negli adempimenti burocratici (oltre a quello di altra società cui l’impresa obbligata alla comunicazione sia giuridicamente o economicamente collegata).
Con lo scopo di semplificare l’onere per le imprese, il Ministero ha dunque acconsentito a una sorta di “domiciliazione informatica” presso l’indirizzo PEC del professionista indicato dall’impresa adempiente.
È bene sottolineare, però, che così facendo il professionista – e d’altro canto anche le imprese che ricorrono alla PEC del professionista stesso così come raccomandato dalle Camere di Commercio – non è esente da conseguenze o responsabilità.
La comunicazione del proprio indirizzo PEC per conto dell’impresa, allora, non va considerata dal professionista una mera formalità, ma va valutata attentamente anche in base alla struttura del proprio studio.
Nello specifico, la PEC rappresenta una sorta di versione “virtuale” della sede legale (la sede elettronica), con effetti giuridici rilevanti per le società. Infatti, la casella PEC costituisce un indirizzo pubblico informatico della società al quale perverranno informazioni, atti e notifiche valide a tutti gli effetti di legge. Inoltre, il messaggio inviato tramite PEC si considera ricevuto dal destinatario nel momento in cui lo stesso messaggio è messo a disposizione dal gestore nella casella di posta, indipendentemente dalla visualizzazione.
È importante pertanto che, una volta comunicata la casella PEC al Registro delle imprese, il professionista vi acceda regolarmente per verificare i messaggi ricevuti. Inoltre, monitorata costantemente la casella PEC, il professionista dovrà informare subito le imprese domiciliate in relazione a ogni messaggio eventualmente indirizzato alle stesse.
Profili di responsabilità si potrebbero, quindi, configurare in capo al professionista che, a causa di una condotta omissiva (mancato controllo del proprio indirizzo PEC), provochi un danno al cliente come diretta conseguenza della mancata tempestiva conoscenza di una determinata comunicazione (come nel caso, ad esempio, di un provvedimento notificato dalla Pubblica Amministrazione).
Il professionista, inoltre, dovrà dotarsi di strumenti informatici necessari per la conservazione dei certificati relativi ai messaggi inviati per conto dell’impresa attraverso la sua casella PEC.
Infine, dovrà controllare lo stato “attivo” della casella PEC, anche mediante il tempestivo rinnovo del contratto con il gestore erogatore del servizio.
Un’ultima considerazione va fatta con riguardo alla cessazione del mandato. A tal proposito, potrebbe non bastare la semplice comunicazione al Registro delle imprese, dovendo ricorrere alla collaborazione attiva dell’impresa.
/ Roberta VITALE
Il Ministero dello Sviluppo Economico, con la circolare dello scorso 3 novembre 2011 n. 3645/C, ha fornito i primi chiarimenti su alcune problematiche emerse in sede di prassi applicativa delle Camere di Commercio (si veda “Sanzionato il mancato o ritardato invio della PEC” del 5 novembre 2011).
Alcune delle indicazioni operative rilasciate dal Ministero dello Sviluppo Economico riguardano anche i professionisti ai quali ci si rivolge per i vari adempimenti.
Nello specifico, il Ministero ha chiarito che non è necessario che ogni impresa abbia un proprio indirizzo PEC, potendo avvalersi “dell’indirizzo di posta elettronica” dello studio professionale al quale ci si affida e che assiste l’impresa negli adempimenti burocratici (oltre a quello di altra società cui l’impresa obbligata alla comunicazione sia giuridicamente o economicamente collegata).
Con lo scopo di semplificare l’onere per le imprese, il Ministero ha dunque acconsentito a una sorta di “domiciliazione informatica” presso l’indirizzo PEC del professionista indicato dall’impresa adempiente.
È bene sottolineare, però, che così facendo il professionista – e d’altro canto anche le imprese che ricorrono alla PEC del professionista stesso così come raccomandato dalle Camere di Commercio – non è esente da conseguenze o responsabilità.
La comunicazione del proprio indirizzo PEC per conto dell’impresa, allora, non va considerata dal professionista una mera formalità, ma va valutata attentamente anche in base alla struttura del proprio studio.
Nello specifico, la PEC rappresenta una sorta di versione “virtuale” della sede legale (la sede elettronica), con effetti giuridici rilevanti per le società. Infatti, la casella PEC costituisce un indirizzo pubblico informatico della società al quale perverranno informazioni, atti e notifiche valide a tutti gli effetti di legge. Inoltre, il messaggio inviato tramite PEC si considera ricevuto dal destinatario nel momento in cui lo stesso messaggio è messo a disposizione dal gestore nella casella di posta, indipendentemente dalla visualizzazione.
È importante pertanto che, una volta comunicata la casella PEC al Registro delle imprese, il professionista vi acceda regolarmente per verificare i messaggi ricevuti. Inoltre, monitorata costantemente la casella PEC, il professionista dovrà informare subito le imprese domiciliate in relazione a ogni messaggio eventualmente indirizzato alle stesse.
Profili di responsabilità si potrebbero, quindi, configurare in capo al professionista che, a causa di una condotta omissiva (mancato controllo del proprio indirizzo PEC), provochi un danno al cliente come diretta conseguenza della mancata tempestiva conoscenza di una determinata comunicazione (come nel caso, ad esempio, di un provvedimento notificato dalla Pubblica Amministrazione).
A titolo di prova, può essere necessario ricorrere alla raccomandata a/r
Ma se il professionista adempie correttamente al proprio incarico, monitorando la casella PEC, qual è la prova che può fornire per dimostrare la tempestiva e corretta informazione all’impresa? Considerando gli effetti giuridici conseguenti, il rischio è che il professionista debba proprio ricorrere – in modo paradossale – alla “cartacea” raccomandata a/r.Il professionista, inoltre, dovrà dotarsi di strumenti informatici necessari per la conservazione dei certificati relativi ai messaggi inviati per conto dell’impresa attraverso la sua casella PEC.
Infine, dovrà controllare lo stato “attivo” della casella PEC, anche mediante il tempestivo rinnovo del contratto con il gestore erogatore del servizio.
Un’ultima considerazione va fatta con riguardo alla cessazione del mandato. A tal proposito, potrebbe non bastare la semplice comunicazione al Registro delle imprese, dovendo ricorrere alla collaborazione attiva dell’impresa.
/ Roberta VITALE
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