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martedì 15 novembre 2011

accertamento Senza contraddittorio, difesa più difficile contro gli studi

accertamento

Senza contraddittorio, difesa più difficile contro gli studi

Qualora il contribuente non si presenti al contraddittorio, in sede di ricorso non può limitarsi a sostenere l’illegittimità dell’accertamento da studi

/ Venerdì 11 novembre 2011
Se il contribuente, regolarmente invitato, non si presenta al contraddittorio con l’Ufficio per l’accertamento della sua posizione fiscale sulla base degli studi di settore, in sede contenziosa non può limitarsi a eccepire lo stato di crisi del suo settore d’attività o la marginalità economica, dovendo, invece, contrastare le risultanze dello strumento presuntivo sulla base di elementi e circostanze certi e convincenti. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23502 depositata ieri.
I giudici di piazza Cavour sono tornati così ad occuparsi di questa particolare metodologia di accertamento induttivo, su cui appena qualche giorno fa si erano già pronunciati (si veda “Studi di settore solo presunzione semplice” del 5 novembre 2011), ribadendo che si tratta di una procedura accertativa fondata su una presunzione semplice e, in quanto tale, richiedente un quid pluris affinché possa legittimare la pretesa impositiva: non sono, cioè, sufficienti le risultanze degli studi di settore, ai fini della validità dell’accertamento, rendendosi necessari, invece, la dimostrazione della piena applicabilità degli standard utilizzati e la confutazione delle ragioni opposte dal contribuente in sede di contraddittorio, come stabilito dalle Sezioni Unite, con le ormai note sentenze del dicembre 2009 (cfr. Cass. 26635, 26636, 26637, 26638).
La questione odierna, devoluta alla cognizione della Suprema Corte, attiene alle conseguenze derivanti dalla mancata partecipazione del contribuente al contraddittorio con l’Ufficio. In tal caso – hanno sentenziato gli Ermellini – questi ha la piena facoltà di articolare come meglio ritiene la propria difesa, allegando elementi sia avverso la capacità probatoria degli studi di settore che a confutazione dell’esistenza delle condizioni di applicabilità degli stessi. Il contribuente, però, non può limitarsi a enunciare la mera inadeguatezza dello studio applicato o a eccepire le ridotte dimensioni aziendali ovvero la crisi del settore, dovendo addurre, invece, elementi certi e convincenti a suo discarico e dare una critica dimostrazione delle concrete implicazioni di detti eventi in termini di minori ricavi e minor reddito rispetto ai risultati dello studio di settore (cfr. Cass. 2816/2008).
Nel caso di specie, l’accertamento era stato compiuto nei confronti di un esercente l’attività di manutenzione di attrezzatura da sci, e questi, non presentatosi al contraddittorio con l’Ufficio, benché regolarmente invitato, allegava in sede di ricorso circostanze ed eccezioni generiche: l’atipicità della sua attività, la sua stagionalità, la localizzazione in un piccolo Comune non vicino alle montagne, la crisi riguardante la sua area geografica, le ridotte dimensioni e il particolare ciclo di lavorazione.
Occorre recare una prova “rafforzata” da elementi certi
I giudici di merito non ritenevano sufficientemente probatorie le argomentazioni sollevate dal contribuente e ne avevano respinto così l’opposizione.  Inutile si è rivelato il ricorso alla Cassazione, che, dopo aver ribadito i principi sopra illustrati, ha stabilito sostanzialmente che il ricorso del contribuente tendeva a un riesame di merito della controversia, precluso in sede di legittimità, recando inoltre altri vizi (violazione del principio di autosufficienza, etc.).
La pronuncia della Suprema Corte, in definitiva, sembrerebbe confermare che, se gli studi di settore, da soli, non sono sufficienti a fondare l’accertamento, essendo necessario qualche altro elemento probatorio di supporto, il contribuente che non si presenti al contraddittorio con l’Ufficio, in sede di ricorso, non può poi limitarsi a eccepire l’illegittimità dell’accertamento fondato soltanto sugli studi, ma deve ulteriormente dimostrare, in modo puntuale, le ragioni per cui i fatti non considerati dall’Ufficio abbiano condotto al conseguimento di ricavi/compensi inferiori a quelli risultanti dall’applicazione degli studi: si tratterebbe, in sostanza, di una prova “rafforzata” rispetto a quella necessaria per contrastare l’accertamento basato solo sugli studi, a seguito di contraddittorio.
 / Alessandro BORGOGLIO

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