iva
Liti fiscali ultradecennali: la Corte di Giustizia convalida il condono IVA
Per l’Avvocato generale, a differenza della legge sul condono tombale, tali disposizioni non rappresentano una rinuncia immotivata alla pretesa fiscale
L’Avvocato generale della Corte di giustizia Ue, nel procedimento C-500/10 del 17 novembre 2011, promosso dalla Commissione tributaria centrale, ha dichiarato che l’art. 3, comma 2-bis, del DL n. 40/2010 non contrasta con l’ordinamento comunitario, nella parte in cui stabilisce, alla lettera a), che le controversie tributarie pendenti davanti alla C.T.C., (in specie quelle che originano da ricorsi iscritti a ruolo nel primo grado alla data del 26 maggio 2010) da oltre dieci anni, e per le quali risulti soccombente l’Amministrazione finanziaria nei primi due gradi di giudizio, sono definite automaticamente.
Sull’argomento, la Corte di Giustizia è già intervenuta con sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06, sottolineando la contrarietà ai principi comunitari della sanatoria prevista dalla L. 289/2002 (condono tombale), dal momento che la medesima rappresenta un’aprioristica rinuncia da parte dello Stato membro all’applicazione dell’IVA dovuta.
Sul versante nazionale, la Suprema Corte (sentenza 13 ottobre 2009, n. 21719) ha addirittura ampliato i confini di censura individuati dai giudici lussemburghesi, ricomprendendo ogni forma di definizione agevolata dell’IVA.
La Commissione europea, all’udienza del 22 settembre 2011, ha evidenziato che la disposizione in commento comporta l’estinzione di tutte le controversie di cui trattasi, a prescindere dalla probabilità di una pronuncia a favore dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, a giudizio della Commissione, è ravvisabile una certa diversità rispetto ad altre disposizioni del diritto italiano, che “permettono la conciliazione giudiziale delle controversie tra l’Amministrazione finanziaria e il soggetto passivo sulla base di una valutazione individuale della controversia da parte dell’autorità e/o del pagamento, da parte del soggetto passivo, di una parte dell’importo controverso”. In definitiva, a giudizio della Commissione, la disposizione controversa rappresenta una totale rinuncia ai sensi della sentenza nella causa C-132/06, piuttosto che una conciliazione caso per caso, che presenta, al contrario, profili di ammissibilità.
Diversa è l’opinione dell’Avvocato generale.
Le norme relative al condono tombale prevedevano, in sostanza, un’immunità “a largo raggio” dall’accertamento e dall’investigazione da parte delle autorità fiscali con riferimento ad importi di IVA dovuta non dichiarati in tempo utile, a fronte del pagamento di un importo compreso tra metà dell’importo successivamente dichiarato come dovuto e un ammontare di imposta puramente simbolico. Come osservato dalla Corte, e come lo stesso Avvocato generale rileva, per effetto di tale norma i “contribuenti colpevoli di frode [risultavano] favoriti”.
Altrettanto non può dirsi dell’art. 3, comma 2-bis, del DL n. 40/2010. Come “concordano il governo italiano e la Commissione, essa si applica alla fase giurisdizionale e non alla fase amministrativa per la quale sono competenti le autorità fiscali”. In particolare, la sua natura procedurale è sottolineata dal fatto che è applicabile non solo all’IVA, ma a ricorsi relativi ad ogni tipo di imposta, dinanzi alla Commissione tributaria centrale.
In effetti, “appare improbabile che le pretese di tali soggetti in un contenzioso con l’Amministrazione finanziaria siano accolte due volte dinanzi ai tribunali – non solo in primo grado, ma in appello”.
Alla luce delle affermazioni sopra rese, l’Avvocato conclude che non è possibile affermare che la disposizione controversa rimetta “in discussione la responsabilità che grava su ogni Stato membro di garantire l’esatta riscossione dell’imposta” nello stesso modo delle disposizioni di cui trattasi nella causa C-132/06.
/ Vincenzo CRISTIANO
Sull’argomento, la Corte di Giustizia è già intervenuta con sentenza 17 luglio 2008, causa C-132/06, sottolineando la contrarietà ai principi comunitari della sanatoria prevista dalla L. 289/2002 (condono tombale), dal momento che la medesima rappresenta un’aprioristica rinuncia da parte dello Stato membro all’applicazione dell’IVA dovuta.
Sul versante nazionale, la Suprema Corte (sentenza 13 ottobre 2009, n. 21719) ha addirittura ampliato i confini di censura individuati dai giudici lussemburghesi, ricomprendendo ogni forma di definizione agevolata dell’IVA.
La Commissione europea, all’udienza del 22 settembre 2011, ha evidenziato che la disposizione in commento comporta l’estinzione di tutte le controversie di cui trattasi, a prescindere dalla probabilità di una pronuncia a favore dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, a giudizio della Commissione, è ravvisabile una certa diversità rispetto ad altre disposizioni del diritto italiano, che “permettono la conciliazione giudiziale delle controversie tra l’Amministrazione finanziaria e il soggetto passivo sulla base di una valutazione individuale della controversia da parte dell’autorità e/o del pagamento, da parte del soggetto passivo, di una parte dell’importo controverso”. In definitiva, a giudizio della Commissione, la disposizione controversa rappresenta una totale rinuncia ai sensi della sentenza nella causa C-132/06, piuttosto che una conciliazione caso per caso, che presenta, al contrario, profili di ammissibilità.
Diversa è l’opinione dell’Avvocato generale.
Le norme relative al condono tombale prevedevano, in sostanza, un’immunità “a largo raggio” dall’accertamento e dall’investigazione da parte delle autorità fiscali con riferimento ad importi di IVA dovuta non dichiarati in tempo utile, a fronte del pagamento di un importo compreso tra metà dell’importo successivamente dichiarato come dovuto e un ammontare di imposta puramente simbolico. Come osservato dalla Corte, e come lo stesso Avvocato generale rileva, per effetto di tale norma i “contribuenti colpevoli di frode [risultavano] favoriti”.
Altrettanto non può dirsi dell’art. 3, comma 2-bis, del DL n. 40/2010. Come “concordano il governo italiano e la Commissione, essa si applica alla fase giurisdizionale e non alla fase amministrativa per la quale sono competenti le autorità fiscali”. In particolare, la sua natura procedurale è sottolineata dal fatto che è applicabile non solo all’IVA, ma a ricorsi relativi ad ogni tipo di imposta, dinanzi alla Commissione tributaria centrale.
Non è prevista alcuna immunità da investigazioni o accertamenti
E, come rileva l’Avvocato generale, non è prevista alcuna immunità da investigazioni o accertamenti da parte delle autorità tributarie. Tutte le cause in esame, peraltro, erano state esaminate e gli importi ritenuti dovuti erano stati rivendicati prima dell’adozione della disposizione controversa. Tale disposizione pone un termine al ricorso di ultima istanza dell’autorità finanziaria avverso una decisione giurisdizionale sfavorevole, “ma non favorisce in particolare i soggetti colpevoli di frode fiscale”.In effetti, “appare improbabile che le pretese di tali soggetti in un contenzioso con l’Amministrazione finanziaria siano accolte due volte dinanzi ai tribunali – non solo in primo grado, ma in appello”.
Alla luce delle affermazioni sopra rese, l’Avvocato conclude che non è possibile affermare che la disposizione controversa rimetta “in discussione la responsabilità che grava su ogni Stato membro di garantire l’esatta riscossione dell’imposta” nello stesso modo delle disposizioni di cui trattasi nella causa C-132/06.
/ Vincenzo CRISTIANO
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