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giovedì 3 novembre 2011

Agevolazione «prima casa»: ammessa la rinuncia entro 18 mesi dall’atto

immobili

Agevolazione «prima casa»: ammessa la rinuncia entro 18 mesi dall’atto

Nell’impossibilità di trasferire la residenza, in pendenza del termine di decadenza, il contribuente vi può rinunciare senza incorrere nelle sanzioni

/ Martedì 01 novembre 2011
Con la risoluzione n. 105 del 31 ottobre 2011, l’Agenzia delle Entrate ha ammesso la possibilità, per il richiedente, di rinunciare alla fruizione dell’agevolazione “prima casa” qualora non riesca a trasferire la residenza nel Comune in cui è situato l’immobile entro il termine di 18 mesi dall’atto di acquisto dell’abitazione. Non è invece possibile rinunciare volontariamente all’agevolazione nel caso in cui risultino assenti i requisiti di cui si è dichiarato il possesso al momento dell’acquisto, posto che in tal caso la dichiarazione, fatta al momento della compravendita, risulterebbe mendace.
In base alla lettera a) del comma 1 della Nota II-bis) della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, al fine di fruire dell’agevolazione “prima casa” occorre, tra l’altro, che l’acquirente abbia o si impegni ad ottenere la residenza nel Comune in cui intende acquistare l’immobile abitativo. In tale ultima ipotesi, l’acquirente deve, a pena di decadenza, rendere la suddetta dichiarazione nel termine di 18 mesi. Il mancato trasferimento nel termine dei diciotto mesi comporta, quindi, la perdita dell’agevolazione.
Nel caso oggetto di interpello, il contribuente, nell’impossibilità di adempiere all’obbligo di trasferimento per motivi personali, chiede di rinunciare alla predetta agevolazione pagando la differenza tra l’imposta ordinaria e quella agevolata, senza l’applicazione di sanzioni.
Il dubbio sorge dalla mancanza di una specifica disposizione normativa in tal senso, cui si aggiunge l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione che, con sentenza del 28 giugno 2000 n. 8784, ha affermato che l’agevolazione “prima casa” non è revocabile per definizione, tantomeno in vista di un successivo atto di acquisto.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, da tale assunto si desume che deve escludersi che il soggetto acquirente, che abbia reso la dichiarazione in atto di possedere i requisiti prescritti dalla norma di cui alla Nota II-bis), possa in data successiva rinunciare alle agevolazioni “prima casa” fruite.
Nell’ambito della fattispecie prospettata, occorre tuttavia valorizzare la circostanza che l’effettivo realizzarsi del requisito della residenza prescritto dalla norma dipende da un comportamento che il contribuente dovrà porre in essere in un momento successivo all’atto. Sotto il profilo operativo, quindi, la dichiarazione resa risulterà mendace e, pertanto, si realizzerà la decadenza dall’agevolazione solo qualora, decorsi i diciotto mesi, il contribuente non abbia proceduto al cambio di residenza.
Alla luce di tale considerazione, laddove sia ancora pendente il termine di diciotto mesi per il trasferimento della residenza, l’acquirente che si trovi nelle condizioni di non poter rispettare l’impegno assunto, anche per motivi personali, può revocare la dichiarazione di intenti formulata nell’atto di acquisto dell’immobile.
A tal fine, l’acquirente è tenuto a presentare apposita istanza all’Ufficio presso il quale l’atto è stato registrato, e a richiedere la riliquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione.
La sanzione del 30% opera una volta decorso il termine di 18 mesi
A seguito della notifica dell’avviso di liquidazione da parte dell’Ufficio, il contribuente è tenuto a corrispondere un importo pari alla differenza tra l’IVA dovuta in assenza di agevolazione e quella agevolata, oltre al versamento degli interessi, calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto. Non trova applicazione, in tal caso, la sanzione pari al 30% di cui all’art. 1, quarto comma, della Nota II-bis) allegata al DPR 131/86.
La suddetta sanzione opera, invece, una volta decorso il termine di diciotto mesi, verificatasi la decadenza dall’agevolazione. L’Ufficio presso cui è stato registrato l’atto deve altresì provvedere, ai sensi degli artt. 16 e 17 del DLgs. 472/97, al recupero delle somme dovute (circ. Agenzia delle Entrate 38/2005, § 5.3).
Il contribuente potrà comunque accedere, ricorrendone i presupposti, all’istituto del ravvedimento operoso; a tal fine, occorre presentare all’Ufficio apposita istanza, con la quale dichiarare l’intervenuta decadenza dall’agevolazione e richiedere la riliquidazione dell’imposta, oltre che l’applicazione delle sanzioni in misura ridotta. L’Agenzia precisa inoltre che, nello specifico, i diversi termini a cui l’art. 13 del DLgs. 472/97 ricollega differenti riduzioni delle sanzioni decorrono dal giorno in cui maturano i 18 mesi dalla stipula dell’atto, con conseguente decadenza dall’agevolazione.
La procedura descritta deve essere seguita sia con riferimento agli atti assoggettati a imposta di registro che ad IVA.
/ Luisa CORSO

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