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sabato 26 novembre 2011

accertamento : «Lista Falciani» non utilizzabile per l’accertamento fiscale

accertamento

«Lista Falciani» non utilizzabile per l’accertamento fiscale

Lo ha stabilito la Provinciale di Como, convalidando la tesi sostenuta sotto il profilo penale
/ Venerdì 25 novembre 2011
I dati relativi ai contribuenti e alle loro attività illegittimamente detenute all’estero, presenti nella cosiddetta “Lista Falciani”, non sono utilizzabili ai fini tributari, atteso che la loro acquisizione è avvenuta illecitamente. Lo ha stabilito la C.T. Prov. di Como, con la sentenza n. 188/01/11 del 15 novembre 2011.
I fatti di causa sono riconducibili al sequestro, da parte delle autorità francesi, dei tabulati raccolti abusivamente da Hervè Falciani presso la filiale di Ginevra della banca londinese Hsbc. Il predetto soggetto si era introdotto illecitamente nel sistema informativo dell’istituto bancario ed aveva acquisito, senza alcun permesso, i dati dei clienti esteri e delle loro attività depositate presso la banca. Tra di essi vi erano anche circa settemila contribuenti italiani, tra persone fisiche e società. La lista in oggetto era stata trasmessa, quindi, anche alle autorità italiane, che avevano immediatamente avviato le necessarie indagini, a cui aveva partecipato anche la Guardia di Finanza, contestando ai contribuenti compresi nell’elenco l’illecita detenzione di capitali all’estero. Di questi, oltre 150 hanno già aderito ai verbali elevati dalle Fiamme Gialle, per un incasso effettivo di circa 9 milioni di euro.
Sotto il profilo penale, è ormai nota la decisione del GIP di Pinerolo, con cui è stata disposta l’archiviazione del procedimento e la distruzione dei dati, perché illegittimamente acquisiti. L’art. 191 c.p.p. dispone, infatti, che le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate, e l’inutilizzabilità è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Con la pronuncia in commento, anche i giudici tributari convalidano tale tesi, stabilendo l’inutilizzabilità degli elementi irritualmente acquisiti e, quindi, dei dati contenuti nella lista Falciani, su cui si basava l’atto di contestazione notificato dall’Agenzia delle Entrate al contribuente, per la violazione derivante dalla mancata compilazione del quadro RW in relazione alle attività detenute illecitamente all’estero ed indicate, appunto, nella predetta lista. I giudici di merito hanno deciso che, stante la pronuncia penale, non poteva che conseguire necessariamente l’annullamento dell’atto impugnato, giacché fondato solo su documenti dei quali è stata disposta la distruzione, in quanto illecitamente acquisiti all’origine e poi utilizzati in diversi contesti e procedimenti derivati.
La decisione suscita qualche perplessità. Innanzitutto, occorre rilevare che nell’ordinamento tributario e, più specificamente, tra le disposizioni che regolano il processo tributario, non esiste una norma generale d’inutilizzabilità delle prove irritualmente acquisite, alla stregua dell’art. 191 c.p.p. per il processo penale.
La decisione suscita qualche perplessità
Per cui, non vi è una specifica disposizione che, nell’ambito del processo tributario, neghi l’accesso alle fonti di prova acquisite in violazione di legge. Nonostante ciò, la Suprema Corte ha quasi sempre affermato l’inutilizzabilità degli elementi irritualmente acquisiti allorquando il comportamento dell’Amministrazione finanziaria abbia arrecato un pregiudizio ad importanti diritti costituzionalmente garantiti: tipicamente, ciò è avvenuto tutte le volte in cui le Fiamme Gialle hanno posto in essere accessi domiciliari non preventivamente autorizzati dal PM, comprimendo illegittimamente il diritto costituzionale all’inviolabilità del domicilio dei contribuenti, e determinando, quindi, la nullità degli atti impositivi fondati sui dati raccolti durante gli accessi non autorizzati (cfr., da ultimo, Cass. 16570/2011 e 6908/2011).
In tutti gli altri casi di irrituale acquisizione di elementi fondanti l’accertamento (ad esempio, perché raccolti oltre il termine massimo di durata della verifica fiscale), la Cassazione ha sempre affermato che nel processo tributario rileva esclusivamente l’attendibilità delle prove e non i modi in cui sono state acquisite, talché, ove l’acquisizione non sia conforme alle regole previste, tale irregolarità non determina l’inutilizzabilità delle prove stesse in quanto, per un verso, l’inutilizzabilità è categoria giuridica valida solo per il processo penale e, per l’altro, non è corretto che la negligenza di chi ha acquisito le prove ricada sull’Amministrazione finanziaria a fronte di una prova oggettivamente valida (Cass. 8344/2001). Anche in tempi più recenti, tale orientamento è stato confermato: gli Ermellini, infatti, hanno ormai consolidato il principio per cui la violazione delle regole dell’accertamento tributario non comporta come conseguenza necessaria la inutilizzabilità degli elementi acquisiti, in mancanza di una specifica previsione in tal senso (cfr. Cass. nn. 22135 del 29 ottobre 2010, 13486 dell’11 giugno 2009, 13487 dell’11 giugno 2009, 7144 del 23 marzo 2007).
Alla luce della giurisprudenza testé riportata, pertanto, pare possa sussistere qualche profilo di illegittimità tra l’argomentazione logico-giuridica della pronuncia di merito in commento e l’indirizzo nomofilattico poc’anzi rappresentato.

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