Semplificazione amministrativa
PEC senza sanzioni fino al 31 dicembre
Per il Ministero dello Sviluppo economico, ragioni di difficoltà oggettive «giustificano» il ritardo almeno fino a tale data
È di ieri – 25 novembre 2011 – la lettera circolare n. 224402 con la quale il Ministero dello Sviluppo economico ha diffuso alcune importanti indicazioni integrative alla sua precedente circolare n. 3645/C del 3 novembre 2011 sull’obbligo per le società di comunicazione del proprio indirizzo PEC al Registro delle imprese.
Oggetto dei chiarimenti, resi ormai a pochissimi giorni dalla scadenza del termine – prevista per il 29 novembre 2011 dall’art. 16, comma 6, del DL 185/2008 (conv. in L. 2/2009) – è la sanzione applicabile alle società inadempienti.
Con la precedente circolare n. 3645/C-2011, il Ministero ha espressamente sancito l’applicabilità a carico delle imprese ritardatarie della sanzione pecuniaria amministrativa prevista dall’art. 2630 c.c. per l’“omessa esecuzione di denunce, comunicazioni e depositi” al Registro delle imprese, in capo al legale rappresentante dell’impresa stessa.
Si segnala che l’mporto della sanzione che è stato dimezzato dal comma 5 dell’art. 9 della L. 11 novembre 2011 n. 180, recante “Norme per la tutela della libertà d`impresa. Statuto delle imprese”: si passa, infatti, dagli importi di 206 e di 2065 euro a 103 e 1.032 euro. Se, poi, la comunicazione avviene nei 30 giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria viene ridotta a un terzo.
Ciò posto, il Ministero sembra fare un passo indietro. Di fronte alle numerose segnalazioni dei soggetti gestori del sistema PEC di non riuscire a far fronte alle richieste di nuovi indirizzi PEC concentratasi – come prevedibile – in questi ultimi giorni, il Ministero “suggerisce” alle Camere di Commercio – così si legge nella lettera circolare in commento – di ritenere come “corretto adempimento” anche quello tardivo.
Troppo grande, insomma, la mole di richieste da parte delle società nell’imminenza del termine, che rende impossibile per i gestori PEC il rilascio a tutte le società medesime della casella certificata nei tempi sanciti dalla normativa.
Per il Ministero, si tratterebbe di una situazione di oggettiva difficoltà, generalizzata e comunque transitoria. Questo almeno fino “all’inizio del nuovo anno”.
Pertanto, al fine di evitare contenziosi presumibilmente di esito negativo per le ragioni sopra esposte, il Ministero rileva l’“opportunità” per le Camere di Commercio di astenersi dall’applicazione delle sanzioni previste.
Tali indicazioni, si aggiungono a quelle rese lo scorso 24 novembre 2011 con il parere n. 223761 dello stesso Ministero sulle società soggette a procedure concorsuali.
Le società in stato di fallimento non rientrano – secondo il Ministero – tra i soggetti obbligati alla comunicazione dell’indirizzo PEC. Il curatore fallimentare, però, può iscrivere l’indirizzo PEC – della società o il proprio – al Registro delle imprese.
Tale parere è arrivato in concomitanza con una nota del CNDCEC resa in stessa data, nella quale è stato precisato che, ove si fossero ritenute soggette all’adempimento della comunicazione PEC le società dichiarate fallite, l’obbligo avrebbe riguardato il rappresentante legale dell’impresa della società (e non il curatore).
In caso di concordato, il Ministero fa una distinzione. Nei concordati preventivi, nella fase precedente l’omologa e in quelli non liquidatori o “in prosecuzione dell’attività”, la comunicazione della PEC spetta al rappresentante legale della società, anche con indicazione di un autonomo indirizzo PEC. Nel caso di concordati liquidatori nella fase successiva all’omologa, l’obbligo di comunicazione passa al liquidatore, che può indicare anche la propria casella PEC.
/ Roberta VITALE
Oggetto dei chiarimenti, resi ormai a pochissimi giorni dalla scadenza del termine – prevista per il 29 novembre 2011 dall’art. 16, comma 6, del DL 185/2008 (conv. in L. 2/2009) – è la sanzione applicabile alle società inadempienti.
Con la precedente circolare n. 3645/C-2011, il Ministero ha espressamente sancito l’applicabilità a carico delle imprese ritardatarie della sanzione pecuniaria amministrativa prevista dall’art. 2630 c.c. per l’“omessa esecuzione di denunce, comunicazioni e depositi” al Registro delle imprese, in capo al legale rappresentante dell’impresa stessa.
Si segnala che l’mporto della sanzione che è stato dimezzato dal comma 5 dell’art. 9 della L. 11 novembre 2011 n. 180, recante “Norme per la tutela della libertà d`impresa. Statuto delle imprese”: si passa, infatti, dagli importi di 206 e di 2065 euro a 103 e 1.032 euro. Se, poi, la comunicazione avviene nei 30 giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria viene ridotta a un terzo.
Ciò posto, il Ministero sembra fare un passo indietro. Di fronte alle numerose segnalazioni dei soggetti gestori del sistema PEC di non riuscire a far fronte alle richieste di nuovi indirizzi PEC concentratasi – come prevedibile – in questi ultimi giorni, il Ministero “suggerisce” alle Camere di Commercio – così si legge nella lettera circolare in commento – di ritenere come “corretto adempimento” anche quello tardivo.
Troppo grande, insomma, la mole di richieste da parte delle società nell’imminenza del termine, che rende impossibile per i gestori PEC il rilascio a tutte le società medesime della casella certificata nei tempi sanciti dalla normativa.
Per il Ministero, si tratterebbe di una situazione di oggettiva difficoltà, generalizzata e comunque transitoria. Questo almeno fino “all’inizio del nuovo anno”.
Proroga del termine per la mole di richiesta di dati troppo elevata
A giustificazione di tale rinvio – perché di rinvio si ritiene nella sostanza si tratti – il Ministero richiama la mancanza dell’elemento soggettivo, quindi dolo o colpa, in capo ai soggetti obbligati per l’applicazione della sanzione amministrativa (art. 3 della L. 689/81).Pertanto, al fine di evitare contenziosi presumibilmente di esito negativo per le ragioni sopra esposte, il Ministero rileva l’“opportunità” per le Camere di Commercio di astenersi dall’applicazione delle sanzioni previste.
Tali indicazioni, si aggiungono a quelle rese lo scorso 24 novembre 2011 con il parere n. 223761 dello stesso Ministero sulle società soggette a procedure concorsuali.
Le società in stato di fallimento non rientrano – secondo il Ministero – tra i soggetti obbligati alla comunicazione dell’indirizzo PEC. Il curatore fallimentare, però, può iscrivere l’indirizzo PEC – della società o il proprio – al Registro delle imprese.
Tale parere è arrivato in concomitanza con una nota del CNDCEC resa in stessa data, nella quale è stato precisato che, ove si fossero ritenute soggette all’adempimento della comunicazione PEC le società dichiarate fallite, l’obbligo avrebbe riguardato il rappresentante legale dell’impresa della società (e non il curatore).
In caso di concordato, il Ministero fa una distinzione. Nei concordati preventivi, nella fase precedente l’omologa e in quelli non liquidatori o “in prosecuzione dell’attività”, la comunicazione della PEC spetta al rappresentante legale della società, anche con indicazione di un autonomo indirizzo PEC. Nel caso di concordati liquidatori nella fase successiva all’omologa, l’obbligo di comunicazione passa al liquidatore, che può indicare anche la propria casella PEC.
/ Roberta VITALE
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